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Centrale a carbone e pale eoliche. Eemshaven, Groningen, Paesi Bassi © Sander van der Werf/Shutterstock

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L’Europa punta a ricavare il 42,5% della sua energia da fonti rinnovabili entro il 2030, ma la strada è ancora lunga. Mentre il petrolio domina il mix energetico nazionale, emergono realtà territoriali molto diverse, con aree rurali già pronte alla transizione ecologica

Per affrontare il lungo cammino verso la transizione ecologica, l’Unione Europea ha scelto di premere sull’acceleratore, almeno sulla carta. Entro il 2030 gli Stati membri dovrebbero ricavare almeno il 42,5% della loro energia da fonti rinnovabili, in un susseguirsi di tappe verso la decarbonizzazione che dovrebbero portarla a raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Oggi, però, nella maggior parte dei Paesi la situazione è ben diversa.

Tra le fonti più utilizzate, il primato è ancora mantenuto saldamente dal petrolio, mentre le rinnovabili raggiungono percentuali variabili attraverso il continente, ma senza mai superare il 28% della domanda complessiva. Tra gli utilizzi dell’energia dominano i processi di trasformazione energetica, seguiti dall’industria e dai trasporti.

Per orientare le dinamiche energetiche verso fonti rinnovabili – sempre, in qualche misura, decentralizzate – occorre però conoscere la produzione e il consumo a livello territoriale. Si scopre così che molte aree rurali soddisfano già il loro fabbisogno con fonti rinnovabili, e molte potrebbero fornire energia pulita anche alle aree urbane e industrializzate, energeticamente voraci e tendenzialmente più legate ai combustibili fossili.

La domanda energetica tra i paesi europei

Conoscere l’attuale panorama energetico fornisce un contesto cruciale per la potenziale trasformazione sul cammino per le rinnovabili. Per esplorarlo, abbiamo analizzato i dati resi disponibili da diverse fonti ufficiali, e li abbiamo rielaborati nel contesto del progetto European Data Journalism Network (EDJNet). Il nostro lavoro ci ha permesso di tracciare un quadro dettagliato della situazione energetica in Europa, con particolare attenzione alle disparità territoriali e alle potenzialità di sviluppo delle energie rinnovabili. I dati completi e la metodologia utilizzata sono disponibili qui .

Un recente studio del Joint Research Centre (JRC) della Commissione Europea ha cercato di stimare quale fosse la domanda di prodotti energetici, e l’uso per il quale sono stati impiegati nel 2019 (l’ultimo anno disponibile con dati affidabili dato che il 2020 e il 2021, a causa della pandemia di Coronavirus, hanno visto una diminuzione di domanda energetica a causa della riduzione delle attività umane).

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Non sorprende che in termini assoluti i paesi con la più alta domanda energetica siano i più grandi e industrializzati: prima infatti è la Germania, con poco più di 504 mila ktep (chilotonnellate di petrolio equivalente), seguita dalla Francia con 375 mila, dall’Italia (314 mila) e dalla Spagna (243 mila).

I settori di utilizzo

Se si guarda il settore di attività in cui l’energia viene utilizzata, i dati appaiono invece più uniformi. In tutti i paesi europei, con l’eccezione del Lussemburgo, prevalgono i processi di trasformazione, ovvero quelli che trasformano l’energia ricavata da altre fonti – quelle fossili in particolare – in elettricità. In molti Paesi (prima fra tutte la Grecia con il 72%) questo settore supera da solo il 50% della domanda complessiva.

Seguono poi, con incidenza variabile, il settore della produzione industriale, quello dei trasporti, la categoria degli “altri utilizzi”, che comprende ad esempio l’energia consumata dai servizi pubblici e commerciali, dall’agricoltura, dalle utenze domestiche e in generale dai privati cittadini. Ci sono poi gli usi non energetici, che comprendono, ad esempio, prodotti petrolchimici, bitumi, vernici e così via.

Guardando invece ai totali della domanda energetica per regione europea, si nota come la domanda per abitante sia molto variabile, con dei picchi nella fredda Scandinavia e nei Paesi Bassi ma anche in altre zone che riflettono la prevalenza di settori economici ad alta intensità energetica. 

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Le fonti energetiche 

È possibile anche osservare quali sono, nei vari paesi dell’UE, le fonti energetiche prevalenti. Poco sorprendentemente prevale quasi sempre il petrolio, al di là di alcune specificità legate alla domanda energetica di piccoli paesi come ad esempio l’Estonia o Malta, che hanno un mix energetico che si discosta dalla norma degli altri paesi.
 Le energie rinnovabili variano invece dal 4% del Belgio al 28% della Lettonia, con nessun paese che riesce nemmeno ad avvicinarsi al fatidico target del 42,5%.

Lo studio del JRC permette di vedere qual è il tipo di fonte energetica che ha avuto la domanda più elevata rispetto alle altre in Unione europea con un dettaglio di un chilometro quadrato. In questo caso il quadro diventa molto più vario. Se è vero che a livello nazionale prevalgono quasi sempre le fonti fossili – con una decisa prevalenza del petrolio in Spagna e in Irlanda e un contributo determinante del gas in molti paesi centrali – all’interno dei paesi il quadro si fa molto più articolato.

In buona parte della superficie di paesi come l’Austria, la Slovenia e la Croazia, invece, vi è una predominanza di fonti rinnovabili. Salta all’occhio il caso della Polonia, che ha una elevata richiesta di fonti fossili nei centri urbani e industriali ma che, al di fuori di essi, vede prevalere le rinnovabili. Nei paesi scandinavi si osserva invece una forte componente di energia derivata dal calore, come la geotermica.

Se da un lato la fotografia che emerge è quella di un’Europa ancora strettamente legata ai combustibili fossili, dall’altro si intravede una realtà complessa e variegata. In ampie zone lontane dai grandi centri urbani e dalle aree più industrializzate la domanda energetica è decisamente bassa. In molte di queste zone poco densamente popolate si verificano le condizioni ideali per produrre molta più energia rinnovabile, sufficiente non solo a soddisfare il fabbisogno su scala locale ma per cederne importanti quantità alle aree più energivore.

Per sfruttare queste potenzialità e trasformare così l’attuale sistema in un modello sostenibile ed efficiente, in linea con gli ambiziosi target climatici europei, occorre però un’azione coordinata tra governi, industria e cittadini.

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