Decreti, ecco cos’è il Milleproroghe: 25 anni di testi extralarge e assalti alla diligenza

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La consueta battaglia finale a colpi di emendamenti. È quella che anche quest’anno è scoppiata al Senato sul decreto Milleproroghe, con una tensione via via sempre più alta soprattutto sul terreno del fisco (ma non solo) tra la maggioranza e le opposizioni, ma anche all’interno dello stesso centrodestra. Non si tratta di un inedito. Nei suoi 25 anni di vita, il “Milleproroghe”, approvato sostanzialmente per la prima volta nel 2001, è diventato il veicolo legislativo, dopo la legge di bilancio, più frequentemente al centro di assalti alla diligenza di deputati e senatori, ma anche quello più utilizzato dai governi di turno per provare a sistemare in extremis varie emergenze o questioni rimaste in sospeso. Basti pensare al decreto del 2019 (poi convertito in legge nel 2020), con il quale il governo dell’epoca è intervenuto sul tema della concessione autostradale ad Atlantia. Ma il ricorso a questo tipo di norme è stato a più riprese collocato da costituzionalisti e “addetti ai lavori” tra gli abusi della decretazione. Dl sfuggiti in alcuni casi anche ai criteri imposti dalla nostra Costituzione su «necessità» e «urgenza». Non a caso nel 2012 la Corte costituzionale ha precisato che i decreti “Milleproroghe” sono legittimi solo se servono a prorogare la scadenza di misure urgenti e imminenti.

Che cos’è il decreto Milleproroghe

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

Con il termine “Milleproroghe” viene denominato un decreto legge che il governo di turno vara solitamente una volta all’anno. Questo Dl prevede il rinvio di scadenze o dell’entrata in vigore di alcune disposizioni il cui mancato rispetto potrebbe provocare gravi problemi per cittadini, imprese e istituzioni. La funzione del decreto è quindi quella di affrontare con un unico atto una serie di termini che altrimenti dovrebbero essere trattati e risolti separatamente. Come tutti i decreti, anche questo tipo di Dl deve essere convertito in legge dal Parlamento entro 60 giorni dalla sua entrata in vigore.

Dal 2001 un appuntamento annuale, con qualche eccezione

Leggi di conversione di Dl in questo formato (varati molto spesso a dicembre) vengono di fatto approvate dal 2001 una volta all’anno. Con qualche eccezione: il 2003, il 2004 ed il 2006, quando i Milleproroghe varati sono stati due. Nel 2017 e nel 2019, invece, non ne è stato pubblicato nessuno. Nel 2018 il decreto è stato varato a luglio. Secondo una parte della “letteratura” in materia, norme assimilabili al Milleproroghe erano da considerare già presenti in alcuni testi degli anni Novanta.

Abusi e misure settoriali

Nel corso degli anni i settori di intervento di questo strumento sono diventati sempre più vasti, portando, secondo molti costituzionalisti, anche a più di un “abuso”. Nel decreto per il 2023, ad esempio, si autorizzava l’erogazione delle risorse di un fondo da 10 milioni di euro attivato dalla legge di bilancio per il 2022 in favore dei proprietari di abitazioni non utilizzabili a causa dell’occupazione abusiva. Con il decreto del 2019, convertito in legge nel 2020, è stato previsto un intervento sul tema della concessione autostradale ad Atlantia. Il decreto per il 2023 ha invece disposto l’ennesimo rinvio sull’adeguamento dell’Italia alla cosiddetta direttiva Bolkestein (che prevede che i servizi pubblici e le concessioni siano affidati a privati solo per mezzo di una gara pubblica). Il Milleproroghe, insomma, è stato sovente utilizzato per intervenire in settori anche molto diversi il cui unico elemento comune era la necessità di rinviare le scadenze. Per questo motivo in varie occasioni si è parlato di un atto “omnibus”, una norma cioè dal contenuto estremamente eterogeneo.

Decreti in formato «extra-large»

L’appesantimento dei testi è confermato anche dal numero di articoli dei vari Milleproroghe varati. Il picco si è registrato nel 2020 con 82 articoli, mentre il primo Dl, quello del 2001, ne conteneva solo 9. Negli ultimi anni questi decreti, almeno in partenza, sono tornati ad alleggerirsi, anche se non del tutto. Nel 2021 il Milleproroghe contava 37 articoli, nel 2022 si è risaliti a 49 e nel 2023 l’asticella si è fermata a quota 46. L’ultimo Milleproroghe (per il 2025), al momento del varo presentava 21 articoli. A ingrossare ulteriormente gli articolati ci ha poi pensato, a colpi di emendamenti, il Parlamento durante la fase di conversione in legge. Soltanto per i due Milleproroghe approvati dalle Camere a inizio 2023 e 2024 sono stati approvati 241 ritocchi (tutti in prima lettura): 162 nel primo caso e 79 nel secondo.



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