Aziende e supporto alla genitorialità: quando il welfare guarda alla famiglia del futuro
In un paese che deve fare i conti con un calo demografico sempre più marcato, che ha visto una riduzione costante delle nascite dal 2008 al 2023 e che si avvia verso unaltro record negativo nel 2024, come spiegato lo scorso dicembre dal presidente dell’Istat Francesco Chelli nel suo intervento agli Stati generali della natalità, conciliare genitorialità e lavoro continua a essere molto complicato, soprattutto per le donne. Le statistiche, in questo senso, non lasciano spazio a interpretazioni. Basti pensare che dopo la nascita del primo figlio una donna su cinque smette di lavorare, come sottolineato dal rapporto del 2024 “Equilibriste” di Save The Children che cita dati Inapp. Tra le ragioni più comuni che spingono le neomamme a dimettersi, oltre al mancato rinnovo del contratto o addirittura il licenziamento, spiccano la difficoltà nel conciliare le esigenze del nascituro con il lavoro e la mancanza di mezzi economici che permettano di affidarsi a baby-sitter o ad asili nido.
Il ruolo delle aziende
In uno scenario di questo tipo, fortunatamente c’è anche qualche segnale in controtendenza, soprattutto per quanto riguarda il supporto alla genitorialità. In assenza di una politica statale sono infatti sempre più numerose le aziende che decidono di offrire ai loro dipendenti programmi di accompagnamento alla genitorialità. L’obiettivo è quello di conciliare al meglio vita privata e lavoro in diverse fasi, dalla gravidanza, al congedo fino al rientro a pieno regime. È questo il caso ad esempio di Tecniplast S.p.A., azienda varesina leader nella progettazione, produzione e distribuisce attrezzature per vivari, ha invece creato un “Pacchetto mamme”, che permette le neomamme che ne fanno richiesta di lavorare in modalità part time orizzontale, reversibile e temporaneo. Inoltre, spiega Vincenzo Perego, HR Director Tecniplast “per un reparto produttivo composto da un organico prevalentemente femminile e, di conseguenza, formato soprattutto da madri di famiglia che necessitano un orario lavorativo che ben si adatti alla cura e gestione familiare, la società ha deciso di adottare un orario differente, deciso sulla base di un sondaggio all’interno del reparto, per meglio accogliere le esigenze delle lavoratrici madri”. C’è poi Sanofi, tra le principali realtà industriali del settore farmaceutico, che concede permessi integrativi a supporto della genitorialità e che attraverso l’Associazione “Enfant de Sanofi” fornisce aiuto morale e finanziario ai figli dei dipendenti, fino ai 25 anni compiuti, che stanno attraversando momenti critici per problemi di salute, sociali o familiari, difficoltà legate alla scuola o all’educazione.
Citiamo anche il caso di Zucchetti, la prima software house per fatturato in Italia con oltre 9.000 dipendenti, che all’interno del suo programma “People Care” ha attivato corsi per la genitorialità e due giorni di smartworking in più al mese fino al compimento dell’anno di età del neonato. Previste inoltre numerose convenzioni aziendali per l’acquisto di prodotti per la prima infanzia e per la cura dei bambini, libri scolastici e cancelleria, abbigliamento e giocattoli, nonché per servizi quali aiuto compiti, corsi e baby-sitting in lingua straniera, agevolazioni e scontistiche per ingresso a parchi divertimento/zoologici, spettacoli teatrali e per campus estivi. “Iniziative come la flessibilità oraria, lo smart working, i servizi per la conciliazione tra la vita privata e quella professionale contribuiscono fortemente al benessere psicofisico dei collaboratori e, di conseguenza, alla loro soddisfazione” commenta Cristina Zucchetti, presidente Z Holding e responsabile risorse umane Gruppo Zucchetti, “questo si traduce non solo in un miglioramento delle performance, ma anche in un bilancio positivo sia in ottica di attrazione dei talenti che della loro permanenza in azienda”.
L’importanza della condivisione
“Quello che si può fare subito, è implementare azioni e strumenti di accompagnamento alla genitorialità ma più in generale alla condivisione dei carichi di cura. Si tratta di una sfida fondamentale a cui sono chiamate le aziende, attraverso il ruolo degli HR, insieme alle istituzioni e al terzo settore per un cambiamento, prima di tutto culturale, al fine di arginare il declino demografico e rendere la nostra società più equa e inclusiva. commenta Marina Verderajme, presidente nazionale G.I.D.P. – H.R.D.A (Gruppo Intersettoriale Direttori del Personale), network che riunisce oltre 4.200 HR manager e director in Italia. E proprio GIDP ha recentemente pubblicato il rapporto “BEST PRACTICES D&I IN AZIENDA – Raccolta di eccellenze GIDP”. Realizzato con il patrocinio e la collaborazione del Consiglio per le Pari Opportunità di Regione Lombardia, il rapporto raccoglie una selezione di best practices, politiche innovative e prassi virtuose avviate o in corso di sviluppo presso aziende, associazioni e organizzazioni professionali, con l’obiettivo di diffondere la cultura della parità̀ e dell’inclusione attraverso la condivisione concreta delle iniziative più̀ significative introdotte da aziende di tutte le dimensioni.
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