Economia circolare, servitizzazione, IA: vi sveliamo la nuova offerta formativa per le Pmi di Made4.0. Con Cosberg, Ori Martin, Rold e…

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Impianto produttivo di Geico.

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In che modo si può digitalizzare la produzione? Conviene ripensare le proprie strategie in ottica di economia circolare? Quali sono i vantaggi della servitizzazione e del pay per use? Come intervenire sulla supply chain? In questo periodo di veloce e profondo cambiamento le imprese devono rispondere a domande che implicano la necessità di fare scelte strategiche. Il Competence Center Made 4.0 mette a disposizione un percorso formativo dedicato alla digital transformation che approfondirà tematiche relative a servitizzazione, digitalizzazione dei sistemi produttivi, open innovation, sostenibilità, imprese data driven. Giunto alla seconda edizione, ripercorre la formula delle lezioni teoriche, tenute da docenti del Politecnico di Milano, seguite da visite agli stabilimenti produttivi di aziende all’avanguardia dal punto di vista della digitalizzazione della fabbrica.

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Apriranno i cancelli degli impianti produttivi Cosberg, che realizza impianti per l’automazione dei processi di assemblaggio, Merletti Aerospace, produttore di componenti per le imprese dell’aerospazio e della difesa, Geico, attiva negli impianti per l’automotive, Ori Martin, acciaieria, e Rold, componentistica elettromeccanica per gli elettrodomestici.

Il corso si divide in cinque moduli, le imprese possono scegliere di seguirli tutti oppure selezionarne solo alcuni. Si inserisce nella cornice di M.I.A. Lombardia (Manufacturing Innovation Alliance), un European Innovation Hub riconosciuto come Seal of Excellence e finanziato dal Pnrr, formato da 12 partner. Oltre al competence center, capofila, Digital Innovation Hub Lombardia, Confartigianato Imprese Lombardia, Cna Lombardia, Ecosistema Digitale per l’Innovazione di Confcommercio (Edi), EIT Manufacturing, EIT Digital, Intesa Sanpaolo, Associazione Fabbrica Intelligente Lombardia (Afil), Lombardy Energy Cleantech Cluster (LE2C), Lombardia Aerospace Cluster (Lac), Cluster lombardo Scienze della vita.

Grazie ai fondi del piano nazionale di ripresa e resilienza, ci sono agevolazioni che si risolvono in una scontistica applicata direttamente in fattura, calibrata in base alle dimensioni aziendali. Può arrivare al 100% per le piccole imprese, al 90% per le realtà di medie dimensioni e al 70% per le grandi aziende.

Marta Rispoli, responsabile dell’orientamento e formazione del competence center

«Il percorso è pensato in particolare per le piccole e medie imprese, con l’obiettivo di accompagnarle nella trasformazione digitale toccando le tematiche più importanti: valore del dato, sostenbilità, open innovation e formazione», sintetizza Marta Rispoli, responsabile orientamento e formazione di Made 4.0.

La prima lezione, in agenda lunedì 24 febbraio, dedicata alle tecnologie emergenti del manifatturiero e agli scenari dell’industria 5.0, sarà tenuta da Tullio Tolio, professore ordinario di Tecnologie e Sistemi di lavorazione al Politecnico di Milano. In occasione dell’aperitivo tecnologico di lancio del corso, il docente ha fornito una vision sulle sfide della digital transformation: ridurre il costo dell’energia, in Italia fra i più alti del mondo. Affrontare la carenza di materie prime, e qui l’economia circolare può diventare una vera e propria leva di competitività. Stare su un mercato in cui cambiano i modelli di business. Declinare nel modo corretto l’adozione delle nuove tecnologie e dell’intelligenza artificiale.

Approfondiamo questi scenari partendo dal presupposto che per posizionarsi correttamente, è importante che le imprese li comprendano a fondo. E vediamo poi come si concretizzano nell’esperienza concreta delle imprese coinvolte nel percorso di formazione.

Energia, abbiamo le tecnologie ma dobbiamo incrementare la produzione, per le materie prime serve un’industria dell’economia circolare

La prima lezione, in agenda lunedì 24 febbraio, dedicata alle tecnologie emergenti del manifatturiero e agli scenari dell’industria 5.0, sarà tenuta da Tullio Tolio, professore ordinario di Tecnologie e Sistemi di lavorazione al Politecnico di Milano.

La crescita sostenibile sostanzialmente coinvolge due macro temi: energia e materiali. Il primo secondo Tolio «in prospettiva non rappresenta un problema, perché sappiamo già come risolverlo. Abbiamo individuato nuove fonti, come il nucleare e le rinnovabili. È vero che per far entrare in funzione una centrale nucleare ci vogliono dieci anni, ma la tempistica è compatibile con una strategia a lungo termine. Nel frattempo, si possono potenziare gli sforzi sulla produzione di energia da fonti rinnovabili, ancora poco sfruttate nel nostro paese. In Italia contano per il 20% sul totale del fabbisogno».

Il punto, quindi, è realizzare un numero sufficiente di impianti di produzione rinnovabile. Anche incentivando correttamente il mercato perché si muova nella giusta direzione, ad esempio attraverso «una politica industriale che coinvolga adeguatamente l’industria per produrre pannelli solari ed elettrolizzatori. Abbiamo bisogno di realizzarne centinaia all’anno». Comunque sia, «abbiamo già le tecnologie, il tema che si pone è utilizzarle per produrre in alti volumi e a costi competitivi».

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Diverso il discorso per le materie prime. L’economia lineare, basata sulla produzione di un bene e poi sulla sua dismissione, non è adeguata a rispondere alla nuova carenza di materiali. «Qui il cambiamento di approccio è fondamentale, è l’economia circolare è una soluzione». Il ciclo cambia nel seguente modo: produrre, de-produrre, riprodurre. Per declinarlo nell’ottica del profitto bisogna riferirsi ai costi di produzione. «Con materiali di alto valore è più semplice raggiungere un equilibrio economico. Ci sono aziende che vivono solo recuperando il titanio. Ma su altre materie prime, il business è meno competitivo economicamente». Il punto è che la materia prima usata non costa come quella originale. Quindi, i margini sulle vendite sono ridotti.

«Una prima risposta possibile è l’automazione. Noi siamo abituati ad automatizzare la produzione, non la de-produzione. Bisogna invece sviluppare tecnologie per disassemblare, per rendere percorribile economicamente il riciclo».

Che non serve solo a recuperare i materiali, ma anche le funzioni di un prodotto, o addirittura il suo intero valore. Prendiamo un motore elettrico: è possibile farlo funzionare di nuovo, oppure recuperarne delle parti, come lo statore, il rotore, il case esterno in alluminio. Se anche queste operazioni non sono possibili, si passa alle componenti, ad esempio l’albero del rotore. Sono oggetti con un valore di mercato più alto del semplice acciaio usato per realizzarli.

«Quante fabbriche dovremmo costruire per abilitare questa circular economy?» si chiede il docente, aggiungendo che si tratta di una strategia particolarmente adatta ai paesi manifatturieri. «Un prodotto rigenerato può essere venduto al 60% dell’originale. Ma realizzarlo costa meno, quindi il margine è più ampio. Esistono già player di mercato, ad esempio Borg, che fa re-manufacuring di componenti per l’automotive».

La sostenibilità declinata dalle imprese: il lighthouse plant di Ori Martin, acciaio da ciclo elettrico e tracciabilità del rottame

Davide Chiaroni, vicedirettore di Energy & Strategy della School of Management del Polimi, terrà una delle lezioni previste dal corso di Made4.0.

Alla sostenibilità sarà dedicato il secondo modulo del percorso formativo, con una lezione di Davide Chiaroni e una visita allo stabilimento bresciano di Ori Martin, uno dei lighthouse plant del Cluster Fabbrica Intelligente. Realizzato nel 2019 in collaborazione con Tenova, è partito con l’implementazione di un Erp, gestionale, per la raccolta dati e con la digitalizzazione della produzione attraverso sensori, robotica, applicazioni per la tracciabilità. Aspetto fondamentale, quest’ultimo, spiega Maurizio Zanforlin, r&d manager. «Produciamo acciai speciali per tutte le case automobilistiche, in modo particolare molti pezzi per la sicurezza, quindi dobbiamo tenere i campioncini e tutta la storia del prodotto per una decina d’anni. Significa tracciare il pezzo dal rottame al camion per la consegna».

Oggi il produttore di acciaio sta implementando soluzioni di IA per la tracciabilità del rottame. «Il camion carico di rottame entra scoperto, viene pesato, facciamo una radiometria per verificare che non ci sia materiale radioattivo. Le webcam fotografano il frontale del camion. Il software di IA suggerisce all’operatore la classificazione del rottame, lui lo scarica a terra, ed effettua una verifica. Se corrisponde alla sua classificazione, dà l’ok. Se rileva una non conformità, apre una procedura. Tutto questo processo è tracciato».

L’acciaio italiano è un ottimo esempio di economia circolare, perché per il 90% è da ciclo elettrico, quindi la materia prima è appunto il rottame. L’impronta carbonica è più bassa rispetto all’acciaio da ciclo integrale: 400 kg di Co2 per tonnellata prodotta, contro i 2mila chili del prodotto da altoforno. Tutta l’Europa si sta spostando sul ciclo elettrico.

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«Adesso sviluppiamo progetti per aumentare la circolarità, lavorando sugli scarti interni: ossidi metallici, scorie. La circolarità si sta aprendo ad altri settori, e quindi iniziano sinergie: le scorie bianche interessano ai cementifici, le scorie nere vengono utilizzate per fare gli asfalti».

In ottica invece di saving energetico, per un settore altamente energivoro e gasivoro, Ori Martin raccoglie tutti i dati sui consumi, ed è in corso una nuova mappatura sulle aree di stabilimento prima non coperte. «Questa operazione ci fornisce le informazioni per redigere il bilancio di sostenibilità, ma anche per controllare il processo produttivo».

La servitizzazione come opportunità per paesi ad alta vocazione manifatturiera: Cosberg fra i pionieri

Mauro Viscardi, project & innovation manager di Cosberg, concentrerà il suo intervento sul tema della servitizzazione..

Il primo modulo del corso si concentrerà invece sulla servitizzazione. Un modello di business in base al quale il produttore non vende più il macchinario, ma un servizio legato alle sue funzionalità. Questo cambiamento secondo Tullio Tolio può essere un’opportunità o una minaccia per manifatture come quelle europee, perché è un nuovo modello di business destinato a modificare la composizione del mercato. «Chi produce macchinari e non fa pay per use, ha nuovi competitor. Ma se l’Italia, o l’Europa, diventano produttori di beni in pay per use, sarebbero detentori della capacità produttiva mondiale».

Un modello quindi da analizzare anche nella messa a punto di strategia per la competitività. L’azienda coinvolta è Cosberg, fra le pioniere della servitizzazione in Italia. Rappresenta anche un esempio di come sia particolarmente adatta alle piccole e medie imprese. «Noi siamo in 70, e vendiamo macchinari in tutto il mondo. per seguirli, avevamo due strade: aprire filiali in prossimità di tutti i clienti. Oppure puntare sulle tecnologie di gestione remota» rileva Mauro Viscardi, innovation manager dell’azienda bergamasca.

Il manager sottolinea altri due vantaggi della servitizzazione: va incontro all’esigenza di flessibilità della produzione in un contesto economico in cui il ciclo di vita dei prodotti consumer si accorcia, e la personalizzazione invece aumenta. Le aziende hanno quindi bisogno di impianti flessibili e riconfigurabili. E risponde anche al mismatch fra domanda e offerta di manodopera a livello di competenze. La servitizzazione implica che gli end user non si debbano occupare di manutenzione, setup, riconfigurazione.

Cosberg collabora con Made 4.0 per la realizzazione di soluzioni software innovative per monitorare le macchine da remoto garantendo riduzione di tempo morti e fermi produttivi. E di un sistema on edge, a bordo macchina, per riconfigurarle senza usare la piattaforma plc dell’impianto, quindi senza avere competenze nella programmazione del controllore. Sta anche integrando l’intelligenza artificiale per creare degli agenti a cui trasferire la conoscenza degli operatori vicini alla pensione, in ottica di manutenzione predittiva.

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La via italiana all’intelligenza artificiale, le competenze del Made in Italy per sviluppare modelli verticalizzati

Si tratta di casi d’uso specifici di IA, e questo secondo il docente del PoliMi è il modo corretto di sfruttare le potenzialità della tecnologia al servizio della manifattura. La via italiana, ed europea, all’intelligenza artificiale non deve necessariamente passare dalla creazione di Large language model in concorrenza con i prodotti americani, o cinesi. «Ce ne sono già tanti, funzionano, richiedono investimenti rilevanti. Io credo che l’IA diventerà una commodity, disponibile sul mercato a prezzi ragionevoli. Prendiamo un prodotto largamente conosciuto e diffuso come Microsoft Word. Mi preoccupo del fatto che Microsoft sia leader di mercato? Sento l’esigenza di fare un Word italiano? No. Lo stesso ragionamento vale per l’IA».

Per le imprese, il vero tema sono i casi d’uso. «E qui possiamo essere leader perché abbiamo un settore manifatturiero molto sviluppato che ci assicura il necessario collegamento con il campo, con la meccatronica. Dobbiamo selezionare le verticalizzazioni: manutenzione predittiva, piuttosto che design generativo di nuovi prodotti. E poi svilupparla a livello di edge, perché l’attuale modello basato su cloud non è adatto alla manifattura che ha un tema di proprietà dei dati».

Aziende data driven, digitalizzazione dei processi, open innovation: Rold, Merletti Aerospace, Geico

il professor Antonio Ghezzi terrà una lezione sull’open innovation nelle Pmi, seguita da una visita negli stabilimenti di Geico, che produce impianti per la verniciatura delle scocche di automobili a zero impatto ambientale.

L’intelligenza artificiale si nutre di dati, e alle aziende data driven sarà dedicato il quinto modulo, con una lezione di Giovanni Miragliotta e la visita agli stabilimenti milanesi di Elettrotecnica Rold. L’azienda della famiglia Rocchitelli è alla seconda generazione di imprenditori, e nel 2019 è stata riconosciuta come lighthouse dal World Economic Forum, insieme a brand del calibro di Bmw. Qui Industria 4.0 è entrata nel 2015, con una piattaforma per digitalizzare i processi. «Con i tecnici di produzione e i softwaristi abbiamo sviluppato un sistema che interconnette circa 80 macchinari al gestionale, e condivide tutti i dati» racconta il molding manager Stefano Bosani. L’obiettivo, sin dall’inizio è stato quello di realizzare una struttura data driven. «Io gestisco due unità di stampaggio con 50 presse. Interfacciandole con il gestionale, abbiamo estrapolato i dati. Analizzandoli, nel corso del tempo abbiamo migliorato formazione del personale, target della macchina, manutenzione».

Come spesso avviene, la forza lavoro ha avuto un’iniziale reazione negativa. «Gli operatori erano scettici, temevano di essere monitorati. Poi hanno visto meno scarti, manutenzioni migliori, processi efficientati. E alla fine ci hanno aiutato a pensare i nuovi miglioramenti e sviluppi».

Anche questo produttore sta ora lavorando sul saving energetico, con l’intenzione di investire nelle presse elettriche, che consumano meno di quelle idrauliche.

Macchinario Breton all’interno del plant di Merletti Aerospace. Anna de Carolis terrà una leziona il 14 marzo sulla digitalizzazione dei processi produttivi, con successiva visita al plant dell’azienda.

Digitalizzazione dei processi produttivi al centro del modulo introdotto dalla lezione di Anna de Carolis il 14 marzo, con successiva visita a Merletti Aerospace il 24 marzo. «Far parte della supply chain dell’industria aeronautica non è semplice – sottolinea l’administration and finance controller, Ivan Zingaro -. In base al design del prodotto, che è del cliente, dobbiamo cercare il materiale, lavorarlo, fare i controlli, tenendo traccia di tutto». Anche qui, monitoraggio continuo significa efficienza e risparmio, energetico ed economico. Ad esempio: «la sala compressori è ad alto consumo, le macchine lavorano sette giorni su sette per 24 ore. Grazie ai dati, abbiamo ricalibrato di pochi secondi le ripartenze dei compressori, ottenendo un risparmio di migliaia di euro. Altro esempio: mantenere una temperatura fissa di 24 gradi per tutto l’anno, ha ridotto del 24% i costi di manutenzione e i guasti sulle macchine».

Fra il 2018 e il 2022 l’azienda guidata da Ruggero Merletti, figlio del fondatore, ha investito nella transizione digitale 3,5 milioni euro, e il piano al 2025 prevede di arrivare a 4,8 milioni. Circa il 26% di questa cifra è rappresentato da risorse a fondo perduto ottenute partecipando a bandi, e il 46% è arrivato invece da Industria 4.0 e Sabatini.

Microcredito

per le aziende

 

Infine, il professor Antonio Ghezzi terrà una lezione sull’open innovation nelle Pmi, seguita da una visita negli stabilimenti di Geico, che produce impianti per la verniciatura delle scocche di automobili a zero impatto ambientale.



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