Perché è (di nuovo) crisi dei prezzi del gas

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I prezzi europei del gas hanno superato i 58 euro al megawattora: tradotto in termini petroliferi, sarebbero 100 dollari al barile. C’entra il freddo che fa scendere i livelli degli stoccaggi, ma soprattutto l’equilibrio delicato tra domanda e offerta. Ecco numeri, contesto e proposte (Tabarelli difende il carbone).

Lunedì i prezzi europei del gas naturale hanno raggiunto il valore più alto degli ultimi due anni, superando i 58 euro al megawattora al Title Transfer Facility (Ttf), il punto di scambio virtuale di Amsterdam che funge da riferimento per il mercato regionale. L’analista di Bloomberg Javier Blas ha scritto che si tratta di un prezzo equivalente a 100 dollari per un barile di petrolio: può essere un serio problema per le industrie energivore.

PERCHÉ I PREZZI EUROPEI DEL GAS STANNO SALENDO?

La crescita dei prezzi è legata principalmente al freddo: le basse temperature nell’Europa nordoccidentale, in particolare, stanno facendo salire la domanda di energia per il riscaldamento e quindi i prelievi di gas dagli stoccaggi; stoccaggi che, peraltro, sono ai livelli più bassi per questo periodo dal 2022, l’anno della crisi energetica. Non è comunque strano che nei mesi freddi si faccia affidamento, per soddisfare il fabbisogno, alle scorte di gas (comprato in primavera e in estate a prezzi più bassi di quelli invernali, di solito) anziché agli acquisti sul mercato all’ingrosso.

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Oggi gli stoccaggi europei sono pieni al 49 per cento; un anno fa erano al 67 per cento, ma l’inverno era stato più mite.

CI SONO PROBLEMI CON L’APPROVVIGIONAMENTO? NO, MA…

I prezzi europei stanno salendo anche perché la situazione degli approvvigionamenti viene avvertita come meno sicura di un tempo. Dopo l’invasione dell’Ucraina, infatti, l’Unione europea ha provveduto a sostituire le forniture di gas via tubo dalla Russia con le importazioni di gas liquefatto (Gnl) via nave, ritrovandosi a competere con gli acquirenti asiatici. Dal 1 gennaio scorso, poi, il gas russo ha smesso di arrivare in Europa attraverso l’Ucraina: quella rotta valeva il 5 per cento del fabbisogno europeo.

trader di gas pensano insomma che se una nuova ondata di freddo dovesse investire contemporaneamente l’Europa e l’Asia nordorientale (Giappone, Corea del sud e Cina), l’Unione potrebbe avere qualche difficoltà a garantirsi i carichi di Gnl. Anche perché la Cina ha imposto dei dazi sul combustibile statunitense e quindi potrebbe riorganizzare le sue forniture. Una crisi degli approvvigionamenti per il Vecchio continente, comunque, sembra da escludere.

Le capacità di stoccaggio dei paesi europei. L’Unione europea possiede abbastanza capacità di storage da soddisfare un terzo dei suoi consumi annuali. Grafico via Bloomberg.

CHE SUCCEDERÀ UNA VOLTA FINITO L’INVERNO?

Il problema potrebbe sorgere, semmai, una volta che l’inverno sarà finito e inizierà la fase di riempimento degli stoccaggi in vista della successiva stagione fredda, quella del 2025-2026. Se infatti questa fase di prezzi alti dovesse proseguire anche in primavera e in estate, gli stati membri dell’Unione potrebbero avere difficoltà a integrare le loro scorte di combustibile e a prepararsi all’inverno prossimo.

In estate il fabbisogno europeo di gas è minore rispetto all’inverno e la domanda di elettricità per i condizionatori può venire soddisfatta anche dalle fonti rinnovabili (domanda che, per fare un confronto, non raggiunge comunque i livelli degli Stati Uniti o dell’Asia). Nei mesi caldi, quindi, i prezzi del gas sono generalmente più bassi perché c’è meno richiesta, il che rende conveniente gli acquisti da iniettare nei siti di stoccaggio.

Il distacco dell’Unione europea dalla Russia ha segnato l’ingresso di un nuovo, grande acquirente sul mercato internazionale del gas senza che però si verificasse un aumento parallelo dell’offerta di combustibile. Questo equilibrio apparentemente delicato tra supply e demand crea quindi l’impressione di un mercato “ristretto”, e di conseguenza i prezzi salgono: se ad esempio l’economia cinese dovesse riprendersi, la richiesta energetica del paese crescerebbe e le forniture disponibili sul mercato potrebbero farsi ancora più costose, o addirittura rivelarsi insufficienti per tutti.

Per tutti questi motivi, acquistare in estate il gas da conservare per l’inverno – com’è consuetudine – non è più conveniente come una volta.

TABARELLI PROPONE PIÙ CARBONE

“Il mercato ha paura che non ci sia abbastanza gas a marzo, nemmeno la prossima estate quando occorre ricostituire le scorte per l’inverno prossimo”, ha scritto sul Sole 24 Ore Davide Tabarelli di Nomisma Energia e commissario di Acciaierie d’Italia. “Per fortuna, dita incrociate, che tutte le centrali nucleari francesi stanno funzionando a pieno ritmo, altrimenti i problemi per tutta Europa sarebbero ben peggiori”, visto che diminuirebbe il contributo dell’energia atomica alla generazione elettrica e bisognerebbe ricorrere al gas. “Nel Nord Europa la bassa produzione da vento conferma il grosso problema della sua intermittenza”, aggiunge.

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Nella sua analisi, Tabarelli propone di eliminare i freni alla produzione a carbone per favorire la discesa dei prezzi dell’elettricità, che sono legati a quelli del gas. Scrive infatti che “il carbone, per chi non ha paura dei sacrilegi, è la soluzione da adottare in questa micro crisi, micro rispetto a quella del 2022. Sarebbe sufficiente che la Commissione, ovviamente con enorme imbarazzo, annunciasse che, in caso eccezionale di carenza di gas per la prossima estate, i vincoli ambientali su alcuni combustibili potranno essere momentaneamente tolti”.

“Dei 160 € del prezzo dell’elettricità in questi giorni in Italia, 40 € sono dovuti al costo di acquisto dei permessi di emissione di CO2”, prosegue. “Occorre sospendere momentaneamente l’obbligo di acquisto di permessi, oppure fare scendere i prezzi attraverso un aumento dei permessi gratuiti”.



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