Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha detto che «se Hamas non restituirà gli ostaggi entro sabato a mezzogiorno, il cessate il fuoco terminerà e l’Idf (l’esercito, ndr) riprenderà a combattere intensamente finché Hamas non sarà definitivamente sconfitto». Uno dei membri dell’ufficio politico di Hamas, Mahmud Mardawi, ha commentato la minaccia israeliana dicendo che «Netanyahu deve attuare l’accordo parola per parola. Questo garantirà che tutto proceda senza intoppi e senza ritardi, e porterà al rilascio dei prigionieri da entrambe le parti».
Netanyahu ha preso parola dopo una riunione del gabinetto di sicurezza di cui fanno parte, oltre a lui, i ministri della Difesa e degli Esteri, tra gli altri. Netanyahu ha spiegato che questa decisione è stata presa all’unanimità e ha aggiunto che visto l’annuncio di Hamas di non voler rilasciare altri ostaggi, «ieri sera» ha ordinato all’esercito «di radunare le forze dentro e intorno alla Striscia di Gaza». L’esercito israeliano ha confermato un «esteso» rafforzamento delle truppe, che include il richiamo di riservisti «in preparazione a vari scenari».
Non è chiaro se la minaccia di Netanyahu si riferisca al rilascio di tutti gli ostaggi rimasti a Gaza, o solo di quelli previsti per sabato. Un funzionario israeliano citato da Times of Israel ha parlato del rilascio di nove ostaggi entro sabato, ma sono numeri non confermati: sabato Hamas avrebbe dovuto liberarne tre. Nel frattempo il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich – leader del Partito Sionista Religioso, un piccolo partito radicale che ha sette seggi nel parlamento israeliano ma che è essenziale per la tenuta dell’attuale governo – ha esortato Netanyahu a «informare Hamas in modo inequivocabile: o tutti gli ostaggi verrano rilasciati entro sabato, senza più fasi, senza più giochi, o apriremo loro le porte dell’inferno».
Nelle ultime ore la liberazione «di tutti gli ostaggi da parte di Hamas» entro sabato (e la minaccia che in caso di mancato rispetto dell’impegno si sarebbe scatenato «l’inferno» nella Striscia di Gaza) era stata chiesta anche dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump e un funzionario israeliano ha commentato le ultime dichiarazioni di Netanyahu dicendo che oggi il gabinetto di sicurezza ha «parzialmente adottato» l’ultimatum di Trump.
Negli ultimi giorni vari eventi, annunci e minacce avevano messo a rischio la tenuta del cessate il fuoco tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza, iniziato il 19 gennaio. In teoria la scorsa settimana sarebbero dovute iniziare le negoziazioni per la seconda fase dell’accordo, ma di fatto non sono ancora partite.
La prima fase del cessate il fuoco prevede, tra le altre cose, la sospensione dei combattimenti nella Striscia, il rilascio di 33 ostaggi israeliani da parte di Hamas e di circa 1.900 prigionieri palestinesi detenuti in Israele. Finora Hamas ha liberato 21 ostaggi (di cui 16 israeliani e 5 thailandesi), e in cambio Israele ha rilasciato 566 prigionieri palestinesi. Gli scambi sono avvenuti quasi sempre di sabato e l’ultimo, quello dell’8 febbraio, è stato diverso dagli altri: Hamas ha organizzato una cerimonia scenografica in cui tre ostaggi israeliani, in cattive condizioni fisiche, sono stati costretti a salire su un palco e ringraziare il gruppo per il trattamento riservato loro durante la prigionia.
Due giorni dopo, il 10 febbraio, Hamas ha annunciato che avrebbe sospeso la liberazione di ostaggi israeliani fino a data da definirsi, accusando Israele di aver violato i termini dell’accordo. E ha ribadito l’accusa anche dopo le ultime dichiarazioni di Netanyahu. Israele, a sua volta, accusa Hamas di non aver rispettato l’ordine concordato per il rilascio degli ostaggi e contesta le modalità con cui le liberazioni sono avvenute, soprattutto l’ultima.
Il prossimo scambio era previsto per sabato 15 febbraio: Hamas ha detto di aver fatto il suo annuncio volutamente in anticipo, per dare tempo ai mediatori di trovare una soluzione (durante i negoziati Israele e Hamas non dialogano direttamente, ma si scambiano richieste e condizioni tramite i mediatori internazionali di Egitto, Qatar e Stati Uniti).
In particolare, il gruppo chiede che siano consegnate nella Striscia sistemazioni temporanee e decine di migliaia di tende per la popolazione, e macchinari per rimuovere le macerie. Hamas ha detto che Israele finora ha impedito queste consegne, oltre a limitare l’ingresso di camion di aiuti umanitari (le consegne di aiuti nella Striscia sono controllate da Israele: fino a circa un mese fa erano estremamente ridotte, ma sono aumentate dall’entrata in vigore del cessate il fuoco).
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