In Trump we trust. Come il presidente ha sostituito il Padreterno

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La foto di Donald Trump in raccoglimento spirituale, circondato da una trentina di pastori e telepredicatori in adorazione mistica, è un’immagine da cui è difficile distogliere lo sguardo, soprattutto se si pensa che è stata concepita e realizzata non per una serie tv, ma per lanciare al mondo un messaggio dallo Studio ovale: qui è seduto il nuovo messia, l’incarnazione scelta da Dio per “rifare grande l’America”. Di questo scatto – diffuso dalla Casa Bianca per annunciare l’istituzione del nuovo Ufficio della Fede, affidato alla telepredicatrice Paula White – HuffPost ha parlato con il professor Massimo Faggioli, storico del cristianesimo, docente del Dipartimento di Teologia e studi religiosi dell’Università di Villanova (Philadelphia). Il suo ultimo libro – Da Dio a Trump. Crisi cattolica e politica americana – è fresco di stampa (Scholé – Editrice Morcelliana), e contiene un tesoro di riflessioni su cosa è il trumpismo, a quali bisogni risponde e cosa dice del nostro mondo.

Nel libro Faggioli afferma che il trumpismo è “un sostituto, un succedaneo, del ruolo che la religione aveva nella politica americana. Negli Stati Uniti il presidente ha sempre avuto un ruolo morale o anche religioso, ma fino a prima di Trump questa figura era un po’ come il Papa della religione americana. Oggi, invece, Trump è visto quasi come Gesù Cristo: è un salto abbastanza scioccante”.

Professor Faggioli, che tipo di novità rappresenta l’Ufficio della Fede voluto da Trump e il modo in cui è stato comunicato?
Alla Casa Bianca da tempo esisteva un Ufficio per le partnership basate sulla fede e il vicinato (White House Office of Faith-Based and Neighborhood Partnerships, istituito nel 2001 da George W. Bush, ndr), incaricato del coordinamento tra il governo e tutte quelle associazioni basate sulla fede che svolgono opere sociali e assistenziali. Sotto Trump, questo ufficio aveva preso una piega diversa già otto anni fa, ora ancora di più.

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Che piega ha preso?
Non è più una fede verso il Dio tradizionale dell’America “ebraico-cristiana”, ma è una fede messianica verso Trump in persona. È una fede piegata molto di più a una narrativa cristiano-nazionalista. Anche le presidenze precedenti avevano un Ufficio per le fedi, ma allora era una sorta di coordinamento tra tutte le organizzazioni di fede. Adesso, la presidenza Trump si è proposta come una presidenza che vuole riportare il Dio cristiano – del cristianesimo bianco – nella vita americana. È un’immagine, questa, che sintetizza il tipo di Dio e di religione che ha in mente il trumpismo.

Com’è questo Dio?
È un Dio bianco per i bianchi al centro della scena. L’aspetto più inquietante di questa foto – che poi è solo uno dei tanti esempi – è che è lo stesso Trump a proporsi come il profeta o il messia di questo riportare Dio nella religione americana. È un fatto abbastanza nuovo, nel senso che nessun presidente – neanche chi, come Ronald Reagan o George W. Bush, aveva utilizzato la religione a scopi politici – si era proposto in prima persona come l’incarnazione. Il trumpismo è un movimento politico, ma è anche un movimento che sostituisce alla religione americana che c’era prima un qualcosa di nuovo: un culto della personalità, un messianismo post-moderno e anti-liberale. Trump non si pone più, solo, come il capo dell’America che è anche un Paese religioso, ma come l’incarnazione di Dio. È un salto che dice qualcosa di più e di diverso rispetto ai rapporti tradizionali tra religione e politica.

Nella foto spicca la figura di Paula White, quasi un angelo vestito di bianco, predicatrice della cosiddetta teologia della prosperità nonché consigliera spirituale di Trump… Ci sono il predicatore evangelico e mental coach Jonathan Shuttlesworth, il pastore no vax Guillermo Maldonado, il podcaster Jack Graham, l’autore di libri sul digiuno Jentezen Franklin, il cantautore Kid Rock, l’attivista conservatore David Harris Jr. Tutte figure a dir poco discutibili, a cui Trump assegna la parte degli apostoli in una composizione da Ultima Cena
È proprio così, a questi soggetti fa fare la parte degli apostoli. Lui è quasi come Gesù Cristo, ma sopravvissuto all’assassinio e quindi è stato benedetto da Dio. Guardando i personaggi che compaiono in questa foto, è chiarissimo che tipo di cristianesimo ha scelto per essere di supporto alla sua presidenza. La cosa interessante è il ruolo del tutto marginale dei cattolici: li ha utilizzati nella campagna elettorale; ha mangiato e poi sputato l’osso. È un cristianesimo di tipo non tradizionale e post-moderno, fatto da predicatori-imprenditori che spesso si arricchiscono alle spalle dei loro fedeli: un modello di business molto consolidato. Paula White è il caso più evidente, ma questo è il modo in cui agiscono molti altri predicatori. Il cristianesimo, nell’America trumpiana, è un cristianesimo in cui il culto del denaro e del potere ha un ruolo centralissimo. Il “vangelo della prosperità” è al lato completamente opposto rispetto a quello che il cattolicesimo, nella sua azione pubblica, è diventato negli ultimi settant’anni (un cattolicesimo sociale, che pensa ai poveri e agli ultimi). Qui siamo agli antipodi.

Qual è il sottotesto di questa immagine? Un altro messia della teologia della prosperità potrebbe essere Elon Musk…
In campagna elettorale Trump ha fatto molte foto attorniato da personaggi così. Solo che ora questi personaggi sono alla Casa Bianca, e sono tutti in un atteggiamento non solo di benedizione ma quasi di adorazione del presidente stesso. Le teologie di cui parlano rappresentano delle schegge impazzite rispetto alle chiese storiche (cattolica, luterana, ortodossa), ma in America sono molto meno marginali rispetto a quello che noi immaginiamo. Non sono leader di chiese riconosciute come la Chiesa luterana, o quella battista, o metodista; sono imprenditori di nuove chiese, di nuove denominazioni che incarnano benissimo lo spirito della religione americana, che è fatta di libertà religiosa ma anche di imprenditoria religiosa, per cui io pastore dico ai miei fedeli-finanziatori quello che vogliono sentirsi dire (su Instagram, YouTube, ecc). È esattamente così che funzionano molte “chiese” in America. Una delle chiese che si è in parte sottratta a questa logica del mercato è il cattolicesimo. Con Trump, una teologia come quella della prosperità – rappresentata da White – viene nobilitata e spinta sul palcoscenico e sul mercato delle religioni. Trump ha ricevuto il sostegno di questo tipo di cristianesimo già nel suo primo mandato, ma questa volta è la questione è più complicata. Otto anni fa non c’era Musk, con la sua idea di conquistare Marte e il suo orizzonte multi-planetario, Intelligenza Artificiale etc. La politica religiosa di Trump copre tutto lo spettro: da un lato, abbiamo il tecno-futurismo di Musk; dall’altro il cattolico JD Vance, che si occupa del cristianesimo tradizionale. È una strategia che secondo me ha dei tratti folli, ma che non è sprovveduta, ha una sua logica di copertura di vari ambiti del cristianesimo americano.

Quanto pesa, in questa nuova religione americana, la cosiddetta dottrina della Nuova Riforma Apostolica?
La Nuova Riforma Apostolica è uno dei tanti ombrelli sotto il quale si cela questo nuovo cristianesimo, forse è il più noto. È un movimento di cristiani di vari gruppi, accomunati dall’idea di una riconquista del Paese da parte del cristianesimo, con toni molto retrivi, anti-moderni, anti-liberali. È un modo totalmente politicizzato di vedere il cristianesimo, che riceve alcuni sostegni da parte di frange del cattolicesimo sul fronte opposto rispetto a papa Francesco.

Il trumpismo è un tipo di religione?
Nel senso che ha i tratti di un culto della personalità, si fonda su un leader carismatico – ancora di più dopo essere sopravvissuto al tentativo di assassinio – e su una promessa di riconquista dell’America che è economica, strategica, militare ma anche religiosa. L’America ha sempre avuto un’idea religiosa di sé stessa; il trumpismo promette tutto questo, adottando un linguaggio di grandezza sia sul piano domestico sia su quello internazionale (come ad esempio nel caso di Israele).

Che ruolo ha la religione nell’incomunicabilità tra l’America di Trump e l’Europa che non guarda a MAGA?
Ha un ruolo molto forte. Il cristianesimo negli Usa è sempre meno europeo e più latinoamericano e asiatico, ed è sempre meno un misto di Bibbia e Illuminismo. Il cristianesimo europeo è fatto di Bibbia, Chiesa, tradizione, Papa, eccetera, ma è anche Illuminismo e democrazia: la scienza esiste, la Terra non è piatta, i vaccini funzionano, e così via. Il protestantesimo evangelicale e denominazionale americano e parte del cattolicesimo hanno abbracciato un’idea della religione che con l’Illuminismo ha pochissimo a che fare. L’Illuminismo, qui, non è inteso solo dal punto di vista filosofico, ma anche dei diritti universali, dei diritti delle minoranze, della soluzione del conflitto tra legge religiosa e legge secolare, etc. Sono questioni che noi europei davamo per risolte, e invece non lo sono affatto e tornano fuori. Il trumpismo è un modo di riassegnare alla religione un ruolo che pensavamo non avesse più, dopo le guerre di religione europee del Seicento. In Europa abbiamo capito – prima con l’Illuminismo e poi con il fascismo e il nazismo – che mescolare questi aspetti è pericoloso. Qui, invece, questa commistione ritorna. È parte di molte chiese, ma anche di frange all’interno del cattolicesimo. Parlo di intellettuali di alto livello, anche gente che ha la cattedra ad Harvard. Non è un fenomeno marginale come in Italia o in Europa. Ci sono intellettuali vicinissimi alla Casa Bianca – a JD Vance, per esempio – che portano avanti questo tipo di discorso su quello che la religione, secondo loro, è veramente. È una battaglia su cui hanno il sostegno non solo della Casa Bianca, ma anche di un certo tipo di think tank e fondazioni con moltissimi fondi, che possono finanziare nuovi giornali, nuove riviste, nuove scuole, ambienti vicini al potere giudiziario. È un movimento che è cresciuto molto negli ultimi anni. Bisogna vedere come andrà a finire: se si sarà trattato di un episodio, o se continuerà a guadagnare terreno.

Come si declina, nel discorso religioso, l’alterità dell’America di Trump rispetto all’Europa?
Si declina come un allontanamento assolutamente intenzionale dal vecchio continente. Per il cristianesimo americano di questo tipo, ma anche per il cattolicesimo di Vance, l’Europa non è solo un lontano parente, ma è il modello negativo, il contagio da evitare. È un discorso che viene fatto da una ventina d’anni, ad esempio da intellettuali come George Weigel, ma che adesso si sposa con una politica internazionale di Trump che è chiaramente ostile verso il mantenimento di legali tradizionali con il vecchio continente. La religione adesso è più americanizzata, anche nel senso di anti-europea, ed è qualcosa che si riflette anche nei rapporti interni al cattolicesimo.

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Come si ripercuote tutto questo sui rapporti con il Vaticano?
L’America di oggi e il Vaticano di Papa Francesco – ma più in generale il Vaticano del XXI secolo – sono due potenze che viaggiano su traiettorie completamente diverse come visione del mondo. C’è un bel libro di Massimo Franco che si intitola Imperi paralleli pubblicato nel 2005: fino a Papa Benedetto XVI e Barack Obama, sussisteva ancora un parallelismo tra due potenze culturali che seguivano vie diverse ma che erano andate abbastanza d’accordo sulle questioni fondamentali, per lo meno negli ultimi 150 anni. Oggi non è più così: abbiamo due idee del mondo che sono in aperto conflitto. Laddove il Vaticano non ha, ovviamente, un esercito, il trumpismo prende una traiettoria di riconquista non solo del Paese, ma anche di espansione territoriale (da Panama alla Groenlandia). Il cristianesimo che Trump vuole negli Stati Uniti è molto diverso dal cattolicesimo per così dire tradizionale. È qualcosa di cui i vescovi americani si stanno accorgendo piano piano, dopo due settimane che per loro sono state disastrose. L’unico punto su cui i vescovi sono stati accontentati è il gender. Per il resto, è stata una catastrofe. Venerdì la Conferenza episcopale ha licenziato un terzo dei suoi dipendenti che si occupavano di migranti e rifugiati, dopo che il governo ha disdetto contratti già firmati. Vedremo come reagiranno; per adesso, li vedo abbastanza paralizzati.

Resta un’ultima grande domanda. Com’è possibile che così tanta gente in America sia disposta a vedere in Trump il messia?
L’America è un Paese che si sta secolarizzando. È un Paese che crede sempre meno alla religione che gli era stata insegnata, e crede a tutto quello che vuol credere. Il trumpismo è una di quelle cose a cui vuole credere – per disperazione, per ideologia, per passione.



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