Effettua la tua ricerca
More results...
Mutuo 100% per acquisto in asta
assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta
La deriva a destra dell’Unione europea e dei suoi singoli Stati membri non è più un’ipotesi o una preoccupazione astratta, ma una realtà sempre più evidente. In Italia, abbiamo un governo guidato da un partito erede diretto del Movimento Sociale Italiano, e ciò non suscita più nemmeno scandalo. Fa invece (per quanto ancora?) scandalo che in Germania si parli della possibilità che il partito di estrema destra Alternative für Deutschland (AfD) possa arrivare al potere (attualmente i sondaggi lo danno al secondo posto, dietro la CDU). Ma queste forze politiche non hanno neanche bisogno di andare al governo per governare: stanno già infatti determinando l’agenda politica generale dell’Unione Europea e dei singoli Stati membri.
Europa, la curva a destra
Un caso esemplare di questa dinamica è proprio la Germania, dove la campagna elettorale è stata completamente egemonizzata dall’AfD. In un contesto di crisi economica grave e dalle radici che affondano in scelte di politica economica miopi e scarsi investimenti in innovazione degli ultimi almeno trent’anni, l’unico tema che domina il dibattito è quello dell’immigrazione, come se gli immigrati fossero la causa di tutti i problemi tedeschi. Il culmine di questa dinamica perversa è stato raggiunto la scorsa settimana, quando la CDU di Friedrich Merz ha rotto il tabù della collaborazione con l’AfD, accettandone i voti per l’approvazione di una mozione prima (che è passata proprio grazie ai voti determinanti del partito di Weidel) e di una proposta di legge poi (che invece non è passata perché, dopo forti proteste di piazza e l’intervento persino della ex cancelliera Merkel, alcuni deputati della CDU hanno votato contro) che avevano come obiettivo una regolamentazione in senso fortemente restrittivo dell’immigrazione e del diritto d’asilo.
Ma all’inseguimento dell’AfD – sebbene in modi meno eclatanti di Merz – va anche Scholz: come leggere altrimenti i provvedimenti presi dal governo qualche mese fa quando, in campagna elettorale per le regionali in due Länder, un pugno di detenuti afghani sono stati rimandati nel loro paese e si chiudevano per un paio di settimane le frontiere, creando disagi enormi ai lavoratori transfrontalieri? Misure puramente propagandistiche, non solo inutili sul piano concreto ma molto pericolose su quello politico.
In generale, in tutto lo spettro politico a sinistra della CDU si avverte questo “spostamento a destra”, che di fatto si traduce nell’assenza di una proposta politica realmente alternativa. Basta guardare alcuni degli slogan della campagna elettorale della SPD, molti dei quali ruotanti al mantra della destra: sicurezza. Per non parlare poi del nuovo partito che si presenta come di sinistra ma che contende i voti direttamente all’AFD: quel Bündnis Sara Wagenknecht, che in Italia è stata accolta trionfalmente all’assemblea dei 5 Stelle. A tentare di tenere la barra dritta, almeno su alcuni temi come quello del contrasto al cambiamento climatico, rimangono i Verdi, fortemente penalizzati però dal fallimento del governo semaforo.
Il gioco dell’AfD
Tutto questo sarebbe, se non condivisibile, almeno comprensibile se almeno servisse all’obiettivo di sottrarre voti alla destra. Ma il problema di fondo, infatti, è che questa ridicola rincorsa verso i temi e le istanze della destra estrema non fa che legittimare quest’ultima. Continuare a ripetere che l’AfD non sarà mai un interlocutore (come è stato costretto a fare lo stesso Merz, travolto dalle polemiche dopo le vicende parlamentari della scorsa settimana), mentre però si adottano di fatto le sue stesse posizioni, legittima e rafforza il suo ruolo politico.
“Ciò di cui si sente davvero la mancanza è un punto di vista radicalmente diverso, che ribalti la prospettiva imposta dalla destra”.
Rimanendo sul tema dell’immigrazione – che anche da noi tiene banco in questi giorni – se ne parla solo come un problema per chi accoglie. Una cornice interpretativa che è diventata egemone anche nel nostro paese, se persino un autorevole esponente della tradizione cattolica democratica come Romano Prodi arriva a dire che il problema dei centri in Albania non è tanto che si tratti di centri di detenzione per persone che, fino a prova contraria, non hanno commesso reati ma che siano, appunto, in Albania: facciamoli in Calabria, ha proposto. D’altro canto, non possiamo dimenticare che l’approccio da “difendere la cittadella assediata” è stato allegramente condiviso anche da governi di centro-sinistra, basti ricordare i provvedimenti e gli accordi con la Libia dell’allora ministro Minniti.
Si viene facilmente tacciati di “buonismo” se si sostiene che il primo e più grande problema dell’immigrazione è proprio il fatto che milioni di persone siano costrette a lasciare le loro case per guerre, persecuzioni e crisi economiche devastanti e che siano costrette ad affrontare un viaggio che spesso è una condanna alla tortura, alla morte in mare, alla schiavitù nei paesi di transito. E, una volta arrivati in Europa, si trovano esposti a sfruttamento e discriminazione.
Una sfida ignorata
Non c’è dubbio che i flussi migratori rappresentino una sfida anche per i paesi di arrivo, ma una sfida non certamente più grande delle mille altre che la convivenza in società porta con sé. Servono dunque innanzitutto canali legali di immigrazione e poi infrastrutture adeguate, politiche di accoglienza che garantiscano i diritti umani e la dignità del lavoro, un’integrazione seria e non lasciata al caso o alla buona volontà di questa o quella associazione.
Proposte concrete e pragmatiche in questa direzione però non se ne vedono, e allora forte è la sensazione che a sinistra rimanga un grande vuoto che non potrà che essere colmato da formazioni e movimenti che una soluzione – per quanto inumana e contraria a ogni principio di diritto – la propongono. Se il discorso pubblico si riduce invece a descrivere l’immigrazione come un’“invasione” e questa descrizione viene condivisa da tutti, allora è inevitabile che chi propone le misure più dure e drastiche per respingere questa “invasione” finisca per essere il più credibile.
Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi, nel loro Manifesto di Ventotene, immaginavano un’Europa che non fosse solo finalmente un luogo di pace, ma anche una società equa e giusta, soprattutto per le classi lavoratrici. Nel numero di MicroMega in libreria in questi giorni Axel Honneth invita la sinistra a trovare il vocabolario giusto per mostrare che i diversi gruppi sociali che aspira a rappresentare non hanno interessi contrapposti, ma convergenti: i diritti dei lavoratori sfruttati nelle campagne dell’agropontino (quelle dove ha trovato la morte Satnam Singh) sono i medesimi diritti dei lavoratori italiani. Dividere chi dovrebbe lottare unito è esattamente la strategia della destra. Non cadiamo nella trappola.
* L’autrice è direttrice di MicroMega. L’ultimo numero della rivista è “Fine del sogno europeo?”, in libreria e in abbonamento.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link