“Lavorare nel settore dell’energia pulita e del clima significa vivere in un costante stato di dissonanza cognitiva, intrappolati tra buone e cattive notizie”. Raramente si riesce a condensare in una semplice frase il senso di un complesso ragionamento. Ma questa sembra davvero l’eccezione che conferma la regola… L’autore della frase, e del ragionamento, è Albert Cheung, il responsabile dell’analisi della transizione globale di BloombergNEF, sul cui sito è stato pubblicato un suo recente articolo dal titolo “Five Energy Transition Lessons for 2025”. Un anno, quella da poco iniziato, da vivere con l’auspicio di liberarsi, almeno un po’, della dissonanza cognitiva di cui sopra.
Nel 2024 la transizione energetica è proseguita la crescita
Dunque, secondo Cheung, occuparsi di transizione energetica significa avere a che fare con un pendolo che oscilla di continuo fra le buone e le cattive notizie. E di positivo c’è il fatto che il 2024, come gli anni precedenti, si è distinto per la crescita continua nei settori delle tecnologie pulite, per i livelli record dei relativi investimenti e per i costanti progressi tecnologici.
“L’anno scorso – si legge nell’articolo – sono state vendute quantità record di veicoli elettrici, installate altrettante quantità record di capacità di energia pulita, con le nuove tecnologie di accumulo di energia che hanno guadagnato terreno mentre, pur non essendo ancora disponibili i dati sugli investimenti nel comparto green, confidiamo che raggiungeranno anch’essi un nuovo record”.
I numeri e le cattive notizie
Eppure, ed entriamo nel novero delle cattive notizie, nonostante anni di accelerazione continua e rapida, non sembra essere mai abbastanza. “Ogni inverno – racconta Cheung – gli analisti di BNEF trascorrono settimane a elaborare numeri solo per concludere che gli investimenti globali nella transizione energetica stanno procedendo ben al di sotto del livello richiesto per raggiungere il target delle emissioni zero entro la metà del secolo”.
Una dinamica valevole anche per il 2024 e che potrebbe/dovrebbe confermarsi pure per l’anno da poco iniziato: “È probabile che la storia rimanga invariata. Del resto, tale è la logica implacabile che deriva dal trovarsi su una curva di crescita che si attesta ostinatamente al di sotto della curva su cui invece si desidera essere”.
Il 2025 è un anno particolare
Ma c’è di più, perché nella transizione energetica la dissonanza cognitiva fra le buone e le cattive notizie potrebbe persino amplificarsi. Un primo elemento che porta a ipotizzarlo è l’insediamento dell’amministrazione Trump alla guida degli Stati Uniti, con l’immediata conseguenza di decisioni e dichiarazioni non certo favorevoli al cambiamento green, riassunte dallo slogan drill, baby, drill, ovvero un esplicito invito alle trivellazioni per estrarre i combustibili fossili.
Fattore Trump a parte, fra gli elementi che potrebbero rendere il 2025 particolarmente “dissonante”, ci sono anche “il rallentamento della crescita dei veicoli elettrici, le difficoltà del settore delle batterie in Europa, i progressi limitati nell’ambito dell’idrogeno e della decarbonizzazione industriale, le difficoltà in corso nel settore eolico offshore e l’accordo finanziario della COP29 che ha lasciato molti Paesi delusi”.
Le cinque lezioni da imparare sulla transizione energetica
Dunque, avendo a che fare con un anno problematico, Albert Cheung raccomanda di affrontarlo in un modo, per così dire, sano e consapevole. Da qui le sue cinque lezioni per imparare a non farsi “intrappolare” dall’alternanza fra le buone e le cattive notizie nella transizione energetica:
- La transizione energetica non rallenterà
- Questa è la parte difficile del viaggio
- Fare attenzione a non interpretare male i dati
- Una transizione energetica di successo è redditizia
- La competizione geoeconomica è diventata il fattore più complicato
1 – Nessun rallentamento in atto
In relazione al primo punto, l’autore nota che il termine rallentamento in realtà non è mai stato utilizzato recentemente in tema di transizione energetica: “Le stime indicano che il 2024 è stato un anno piuttosto forte per l’implementazione dell’energia pulita. Le installazioni fotovoltaiche sono aumentate del 35%, l’eolico del 5%, i sistemi di accumulo del 76% (in termini di megawattora) e le vendite di veicoli elettrici sono aumentate del 26%”.
Ed ancora, per le tecnologie più recenti, come l’idrogeno pulito nonché la cattura e lo stoccaggio del carbonio (CCS), BNEF prevede per la prima una capacità di produzione annuale pari a 16 milioni di tonnellate metriche entro il 2030, con circa 200 milioni di tonnellate metriche all’anno di capacità CCS da installare entro quella data. “Quindi, la prima lezione è semplice: le tecnologie green continueranno a crescere. E la transizione energetica non rallenterà”.
2 – Perché il difficile viene adesso
La riflessione che porta l’autore a ritenere che siamo entrati nella parte più difficile del viaggio si basa sulla considerazione che molte delle opportunità più facili della transizione sono state già colte. “Gli utilizzatori nei Paesi più ricchi hanno già acquistato veicoli elettrici e sistemi solari domestici, e gli sviluppatori delle fonti rinnovabili hanno accaparrato i siti migliori con le connessioni alla rete più economiche, nei mercati più stabili”.
Ma adesso viene il difficile, con molti dei Paesi emergenti che non dispongono ancora dell’ambiente normativo e di mercato necessario per l’adozione di energia pulita su larga scala. Questi i principali problemi da affrontare:
- aumentare stoccaggio e flessibilità nei mercati maturi delle rinnovabili;
- sviluppare le rinnovabili nei mercati che non hanno le giuste dotazioni tecniche e commerciali;
- ottenere infrastrutture di ricarica adatte a supportare i conducenti e gli operatori delle flotte di camion che passano ai veicoli elettrici;
- stimolare la domanda di energia pulita e carburanti nell’aviazione, nelle spedizioni e nell’industria pesante.
3 – Valutare i dati nel modo giusto
La terza lezione è relativa all’interpretazione dei dati. “In uno spazio complesso ed emotivo come la transizione energetica, le sfide reali possono spesso essere accompagnate da sfide esagerate. Come accade nel settore dei veicoli elettrici, dove la disinformazione, o almeno i dati mal interpretati, sono comuni”. Ad esempio in Europa, dove commentando le oscillazioni nazionali delle vendite di auto elettriche si trascura spesso l’effetto della presenza/assenza di incentivi.
Nell’articolo di BNEF viene invece evidenziato che “le vendite di veicoli elettrici sono state pressoché stabili in Europa nel 2024, non in calo. In altre parole, l’industria automobilistica sta già vendendo abbastanza veicoli elettrici in Europa per rispettare i target sulle emissioni che si è prefissata, obiettivi di emissione che saliranno a un nuovo livello nel 2025, rimanendo di nuovo invariati fino al 2029”.
4 – Il ritorno economico è importante
Nella quarta lezione si sottolinea che la transizione energetica avrà successo soltanto se gli investimenti in energia pulita genereranno dei rendimenti economici che soddisfino le aspettative delle aziende e dei loro investitori. “Non esiste un mondo in cui il capitale pubblico o agevolato da solo possa risolvere la sfida della mitigazione del clima”.
La stessa logica si applica alle istituzioni finanziarie e al loro ruolo nella transizione, e qui per l’autore ci troviamo in un momento “emozionante” con un numero crescente di banche – tra cui JPMorgan, Citi e RBC – che si è impegnato a pubblicare i propri rapporti di finanziamento per l’energia pulita rispetto al finanziamento per i combustibili fossili, cominciando a fissare degli obiettivi in tal senso.
5 – La competizione geoeconomica
Nella quinta lezione si parla di un cambiamento in pieno svolgimento. “Si diffondono – si legge – calcoli rigorosi sul valore economico e sui benefici per la sicurezza nazionale che i Paesi possono trarre dalla transizione energetica, e su come possono competere in queste nuove industrie contro rivali geopolitici ed economici. La narrazione delle opportunità offerte dalla transizione non è scomparsa, ma è stata iniettata una forte dose di realismo e competizione”.
Al riguardo, un passaggio interessante è quello in cui si sottolinea che “escludere le aziende straniere aumenterà il costo della transizione per l’utente finale e impedirà la diffusione di innovazioni tecniche sempre più necessarie in un momento in cui sono in gioco sicurezza energetica e risultati climatici”. E se è vero che la competizione geoeconomica sarà un elemento inevitabile della transizione energetica, i decisori politici possono scegliere come affrontarla.
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