SPY GERMANIA/ L’omertà tedesca (ed europea) sulla “strana” sinistra di Bsw

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Secondo gli ultimi sondaggi la BSW potrebbe conquistare il 6% alle elezioni tedesche in calendario fra tre domeniche. Certo è un orizzonte non paragonabile al 22% che oggi i polls assegnano all’AfD, ma sicuramente colpisce che mentre gli xenofobi di estrema destra sono bersaglio – non solo in Germania – di martellanti campagne politico-mediatiche, un silenzio alla fine connivente circondi invece i “cugini” dell’opposto estremismo.



La BSW (Bündnis Sahra Wagenknecht) è anzitutto un partito leaderista, fin dal nome: “Lega di Sahra Wagenknecht”. La fondatrice è nata nell’allora Germania Est, da padre iraniano, che tuttavia lasciò molto presto la famiglia. Wagenknecht ha militato nel movimento giovanile del Partito Socialista Unificato, il partito unico di stampo comunista-sovietico della DDR. Dopo la riunificazione ha aderito al Partito del Socialismo Democratico (continuatore del precedente) ed è stata poi protagonista della nascita della Linke, formazione di sinistra estrema, da sempre radicata nei Länder orientali. Da queste posizioni Wagenknecht ha conquistato dapprima un seggio all’europarlamento e quindi è entrata al Bundestag.

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La sua ascesa politica accelera dal 2014, dopo il suo matrimonio con Oskar Lafontaine, ex leader della SPD e ministro delle Finanze del cancelliere Gerhard Schröder. Uscito polemicamente sia dal governo che dall’SPD, Lafontaine è confluito nella Linke, di cui è stato co-presidente. È stato di primo livello il contributo suo e della moglie all’elaborazione di una linea di opposizione da sinistra alla lunga “grande coalizione” fra CDU-CSU e SPD, quella che ha governato la Germania per dodici anni dal 2009 al 2021 sotto la guida di Angela Merkel.

Il bacino elettorale della Linke ha mantenuto come baricentro i Länder orientali, crogiolo di uno scontento socioeconomico endemico fra i tedeschi “riunificati”. È del resto lo stesso bacino primario che ha via via gonfiato i risultati elettorali di AfD nelle ultime elezioni locali e di fatto provocato la caduta anticipata del governo rossoverde di Olaf Scholz. Tredici mesi fa, intanto, Wagenknecht ha operato un clamoroso strappo dalla Linke, fondando BSW. E al centro del suo programma ha posto lo stesso mantra di AfD: l’avversione all’immigrazione, considerata una minaccia grave dal punto di vista economico, ma anche politico-sociale. Altri elementi di una piattaforma ancora in progress sono l’euroscetticismo e la contrarietà all’impegno della Germania a fianco dell’Ucraina contro la Russia.



La neonata BSW ha subito centrato obiettivi elettorali importanti. Ha conquistato nel giugno scorso 6 dei 96 seggi tedeschi all’europarlamento e si è affermata in tutti e tre i voti locali dello scorso settembre: in Turingia, Sassonia e Brandenburgo (tutti nell’ex Germania Est). In Brandenburgo è entrata nella nuova maggioranza assieme a SPD; in Turingia addirittura con SPD e CDU-CSU. Forse per questo se ne parla poco, sicuramente sui media italiani, che invece mettono in prima pagina le “democratiche” fiaccolate notturne a Berlino contro AfD, sebbene adottino lo stile AfD e accolgano nei cortei anche le camicie rossobrune di BSW. A sinistra, secondo un celebre assioma “antifascista” di Pietro Nenni, nessuno è mai un nemico. È invece sempre un alleato utile, al quale è lecito non richiedere mai test di euro-democraticità. Al massimo può essere un “compagno che sbaglia” (Enrico Berlinguer).

PS: la scissione della BSW ha avuto l’effetto di dimezzare i voti della Linke in Europa. Ma fra i tre seggi difesi a Strasburgo, la “vecchia” sinistra estrema tedesca ha voluto omaggiarne uno all’“indipendente” Carola Rackete, la non dimenticata “capitana” dell’assalto militare a Lampedusa, paladina degli sbarchi “senza se e senza ma” di migranti in Europa (anzi: in Italia). A Strasburgo Rackete siede a fianco di Ilaria Salis, valorosa resistente nelle piazze ungheresi. Catapultata all’europarlamento da AVS dopo essere stata scarcerata a Budapest per intervento della premier italiana di destra Giorgia Meloni, benché qualche giornale ungherese abbia arricciato il naso come oggi quelli italiani per il caso Almasri.

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