Sempre più caos nel Pd

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Prestito condominio

per lavori di ristrutturazione

 


Giovedì 30 gennaio, durante la trasmissione televisiva “Piazza pulita”, Corrado Formigli ha intervistato la segretaria del Partito democratico, Elly Schlein. I temi sono stati gli stessi che ascoltiamo ormai da anni e ai quali altri si sono aggiunti recentemente (vedi qui). Nessuna di queste discussioni appare finalizzata, contrariamente a quello che cerca di far credere l’ex premier Romano Prodi, a dare una mano alla vincitrice delle primarie del 26 febbraio 2023, come buon senso vorrebbe, visto che mancano poco più di due anni alle prossime elezioni. E dunque ecco le solite domande su un suo eventuale arrivo a Palazzo Chigi, su campo largo sì o campo largo no, se arrivare uniti all’appuntamento elettorale oppure divisi, come ha proposto l’ex ministro della Cultura, Dario Franceschini – un’ipotesi che piace ai 5 Stelle ma non all’Alleanza verdi-sinistra ­–, definito dal quotidiano “il manifesto”, con ironia, un novello Mao, il cui motto era “marciare divisi per colpire uniti”. Se la leader del partito, fondato da Walter Veltroni nel 2007, non riuscirà a mettere in riga i contestatori, provenienti a volte da famiglie potenti, come l’ex presidente dell’Agenzia delle entrate, Enrico Maria Ruffini, possibile candidato a guidare la coalizione ma con scarse possibilità di successo, la probabile vittoria delle destre nel 2027 diventerà una certezza.

Ciò che impressiona ­– e spiega il senso di questa guerra, guidata appunto anche da Prodi e per niente paragonabile alle drammatiche scissioni novecentesche intervenute all’interno della sinistra – è il perseverare nel “dagli alla segretaria”: una guerra cominciata non appena è stata eletta. Un lavorio proseguito malgrado i risultati portati a casa, da quando è alla leadership, siano eccellenti: dalle elezioni europee alle regionali in Sardegna, Emilia-Romagna e Umbria. A conferma del vento favorevole di cui gode Schlein, sono arrivati dei sondaggi interessanti. Ancora durante la trasmissione de La7, Formigli ha dato la parola al sondaggista Renato Mannheimer che ha riportato i dati riguardanti l’accordo o meno degli elettori e delle elettrici del centrosinistra rispetto alla possibilità di un arrivo di Elly alla presidenza del Consiglio dei ministri, e del parere degli stessi sull’ipotesi di andare uniti al voto – come insiste a volere la segretaria – piuttosto che divisi. In entrambi i casi, è stato registrato un consenso “bulgaro” a favore dell’ex vicepresidente dell’Emilia-Romagna.

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

Un dato che, contrariamente a quanto sta succedendo, dovrebbe spingere i suoi avversari ad abbassare i toni. Invece, dopo i convegni di Milano e Orvieto, è arrivata, come dicevamo, la proposta di Franceschini definita innocua dalla segretaria, ma che in ogni caso alimenta la confusione all’interno del partito. Senza dimenticare che per fare ciò che desidera l’ex esponente della Margherita servirebbe una legge proporzionale che non c’è, e che la destra non vuole. E se è vero che sposterebbe al dopo-voto la scelta del premier o della premier, togliendo di mezzo l’idea del federatore, dovrà fare comunque i conti con una destra già confezionata e collaudata. Non appare altresì convincente la considerazione secondo la quale l’unità sperimentata alle amministrative – che andava dal Pd a Italia viva, passando per i 5 Stelle e l’Alleanza verdi-sinistra – non sarebbe replicabile a livello nazionale, perché il problema dell’unità sarebbe solo rinviato.

Gli altri nodi da sciogliere riguardano alcuni contenuti che delineino l’identità di un partito come il Pd. Una questione aperta da quasi vent’anni, una domanda “tragica” come la vita del mitico Fantozzi. Ovvero: il Pd è di sinistra, oppure è una sorta di Democrazia cristiana 2.0, liberista moderato come va di moda da decenni, che la povera Elly sta cercando di portare verso lidi, diciamo così, più giovanili? La risposta si trova, o per meglio dire non si trova, da un lato nello scontro in atto riguardante l’abolizione del Jobs Act di renziana memoria, attraverso il referendum indetto dalla Cgil, e, dall’altro, nella brutta gatta da pelare del SalvaMilano.

Nel primo caso, molti dirigenti non perdono occasione per esprimere il proprio sostegno a quella sciagurata legge, che cancellò l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, nel nome del “riformismo” e del “non vogliamo rinnegare una nostra legge”, che in effetti nel 2014, fu votata da quasi tutto il partito. Tra chi non vuole il referendum c’è anche l’ex segretaria della Cisl, Anna Maria Furlan, il cui ex sindacato è ormai da tempo stampella di qualsiasi governo a prescindere dal colore politico. Non mancano figure “scontate” nella loro presa di posizione: ancora Franceschini, Lorenzo Guerini, Stefano Bonaccini, Alessandro Alfieri, Graziano Delrio, Stefano Ceccanti, Simona Malpezzi, l’europarlamentare Elisabetta Gualmini e Debora Serracchiani. Per non parlare della brutta storia del citato SalvaMilano (vedi qui), tanto caro al sindaco Beppe Sala. Una sorta di condono riguardante una serie di costruzioni realizzate nel capoluogo lombardo con disinvoltura, bypassando alcune norme e altre invece bloccate con tanto di inchieste giudiziarie. Un “sacco di Milano” come viene definito da una parte del Pd, oltre che dai 5 Stelle e dall’Alleanza verdi-sinistra.

E ancora l’Ucraina, dove non si intravedono spazi per un quanto mai necessario cambiamento di linea, lontanissimo dopo le parole di Graziano Delrio, che evidentemente valgono più di quelle di una segretaria comunque incerta sul da farsi. L’arrivo di Elly Schlein, figura nuova, vista anche la giovane età, assolutamente estranea alle vecchie tradizioni politiche (comuniste o cattoliche), ha subito spaventato la maggioranza (o quasi) di un partito che, se si esclude la parentesi bersaniana, di sinistra non ha mai avuto nulla. Ha sempre governato per molti anni l’esistente, in Italia come in Europa, e le leggi che ha proposto e approvato non avevano “nulla di sinistra”.

La musica da quando lei è arrivata alla segreteria è cambiata, ma gli avversari, come abbiamo visto, sono tanti. Essi non si rendono conto, o non vogliono rendersi conto, che la loro guerra di logoramento è sostanzialmente suicida. Ora sta a lei mettere un freno a questi tentativi autoreferenziali e poco comprensibili dall’elettorato. Se la destra è al governo la responsabilità è in buona parte del Nazareno (vedi l’ultima segreteria Letta), incapace di proporre un qualche cambiamento al Paese. Inoltre, per finire, si ripresenta il nodo doloroso della forma partito. Nel tanto vituperato “secolo breve” sarebbero state inconcepibili in primo luogo le elezioni di un segretario attraverso le primarie, ma ancora più questo caos ormai cronico e dannosissimo non solo per il partito ma per una democrazia come quella italiana, messa già a dura prova da una destra pericolosa ed eversiva. Se il dissenso diventa insanabile, c’è la strada della scissione che farebbe chiarezza in un partito che riuscì a far fuori un proprio candidato alla presidenza della Repubblica. Ma come prenderebbero gli elettori e le elettrici l’eventuale nascita di una Margherita 2.0, che poi dovrebbe per forza allearsi con Schlein, è un enorme punto interrogativo. 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Prestito personale

Delibera veloce

 

Source link