«Io colpevole di reato di opinione. Il terzo mandato a Malagò? No»

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Cagliari Schietto, senza peli sulla lingua, pronto a difendere le proprie idee. È il ritratto di Angelo Binaghi, cagliaritano, da oltre un ventennio alla guida della Fitp. Parole al miele ma anche taglienti quando è necessario. La diplomazia per lui non esiste, o meglio se la può evitare lo fa volentieri. Se pensa una cosa la dice. E se deve scendere in campo per difendere la federazione di cui è a capo, lo fa in modo determinato, usando anche parole forti se lo ritiene necessario. Della serie: non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno. Il suo movimento sportivo è quello che è cresciuto di più in questi anni, un fenomeno che viene studiato in tutto il mondo e che ha destato l’interesse dei media internazionali. Fortuna? Forse, ma anche programmazione e la capacità di guardare al futuro con lungimiranza. D’altronde i numeri sui tesserati e i bilanci sono sotto gli occhi di tutti. In questo momento la Federtennis è la seconda federazione più ricca, davanti c’è soltanto il calcio. Anche se Binaghi ha come obiettivo quello di scavalcare nei numeri lo sport più popolare in Italia e non solo. In settimana dovrà presentarsi davanti alla procura federale della federazione di cui è a capo, per difendersi dall’accusa di aver violato l’etica sportiva in una intervista, recentemente rilasciata al Corriere della Sera.

Cominciamo dal fascicolo aperto a suo carico dalla procura federale per un’intervista in cui ha criticato la gestione del Coni.

«Se così fosse, sarebbe la conferma che questo Coni non tollera il dissenso. Per fortuna viviamo in uno stato democratico che garantisce la libertà espressione di tutti i cittadini anche nello svolgimento delle proprie funzioni».

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Qualcuno ha detto che solo nello sport esiste il reato di opinione. Lei sottoscrive?

«Direi che vicende così non accadono in tutto lo sport italiano ma solo in questa gestione del Coni, che farebbe meglio ad occuparsi degli sport che non crescono o comunque non vincono».

Quanto possono avere influito i suoi rapporti, che possiamo definire non proprio idilliaci, col presidente del Coni Giovanni Malagò in quest’ultima vicenda?

«È la seconda volta in poco più di un anno che il garante della etica del Coni (l’ex premier Giuliano Amato ndr) si occupa delle mie dichiarazioni, e questa proprio a ridosso di una Giunta del Coni che censura delle mie dichiarazioni. La prima volta lo scorso anno, facendo riferimento ad un articolo pubblicato dal quotidiano La Stampa di Torino, nel quale esprimevo il mio pensiero sull’operato del presidente. Se si dice che due indizi fanno una prova mi viene in mente Giulio Andreotti che diceva: a pensar male si fa peccato ma qualche volta ci si azzecca. Quelle parole sono ancora attualissime».

Lei di un possibile terzo mandato per Giovanni Malagò, di cui si sta parlando da un po’ di tempo e che il presidente in carica vorrebbe, che cosa ne pensa?

«Che le leggi vanno bene così come sono state scritte. Lui presiede un ente pubblico, che non può essere paragonato alle federazioni che sono private. Quando ha chiesto e ottenuto la possibilità di un terzo mandato, chiedeva di poter avere lo stesso trattamento del presidente del Cio, che infatti adesso non si può più ricandidare. Comunque il mio pensiero lo esprimo in modo chiaro: il Coni per cercare di recuperare tutto quello che è stato perso negli ultimi anni merita un presidente diverso».

Lei ha detto nei giorni scorsi che il tennis deve essere visibile a tutti se vogliamo crescere ancora. Vuole esplicitare meglio il concetto?

«Uno sport in generale e non solo il tennis, non può crescere se non viene visto in chiaro da tutte le fasce della popolazione e non soltanto da quelli che si possono permettere l’abbonamento alla pay tv. Un problema che noi ereditammo negli anni anni Novanta. Non è casuale se tutti gli studi che sono stati effettuati riconoscono che la chiave del nostro successo sia stata la realizzazione del canale SuperTennis tv, visibile sul digitale terrestre, dal 2008. Un’idea che ha reso disponibile a tutti, 24 ore al giorno e per 365 giorni all’anno, di vedere il tennis, gratuitamente, da tutto il mondo.

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Presidente, undici italiani nella top 100 del tennis mondiale, mai successo nella storia. Un’altra bella soddisfazione.

«Siamo anche l’unica nazione al mondo che li ha. Vuol dire che Jannik Sinner, che è un fenomeno che non si può programmare, è comunque cresciuto in un contesto, quello italiano, che è il migliore al mondo e che, particolare non secondario, consente a tutti i giovani di poter esprimere appieno le loro potenzialità».

Però, non le sembra riduttivo dire che il boom del vostro sport sia strettamente legato ad un campione (numero uno al mondo)del calibro di Sinner?

«Infatti non lo penso. Anche se non consideriamo Sinner e ci teniamo Musetti, Berrettini e gli altri 8 nei primi 100, oltre alla Paolini e la squadra femminile campione del mondo, il tennis di oggi è un abisso rispetto a quello che abbiamo preso poco più di vent’anni fa».

Cosa risponde a chi ha detto che Jannik non andando al Quirinale ha mancato di rispetto al presidente Sergio Mattarella?

«Il più dispiaciuto sono sicuramente io insieme al Presidente. Abbiamo fatto di tutto per fare in modo che fosse presente a questo importante appuntamento. Un riconoscimento che certifica il lavoro che stiamo svolgendo e i risultati che la nostra federazione ottiene».

Nicola Pietrangeli dopo che Sinner ha vinto gli Australian Open si è espresso così: ha battuto il mio record ma non rosico, i conti si fanno a fine carriera. Qual è la sua riflessione in merito?

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«Faccio gli auguri a Nicola e spero sia in grado di fare i conti quando finirà la carriera del nostro campione. Sul calcolo dei risultati per poi confrontarli, sono sicuro che il confronto non sarà nemmeno il caso di farlo. Pietrangeli se lo augura come me e su questo non ho dubbi».

Dove il tennis italiano deve migliorare ancora?

«Dobbiamo diventare ancora più popolari e secondo me è possibile. L’altro obiettivo è quello di far crescere ancora di più gli Internazionali d’Italia, in modo di avvicinarli sempre di più al livello di un torneo dello Slam».

Il tennis cresce, la “ sua” Sardegna come sta rispondendo?

«Bene e finalmente non solo sullo sviluppo della pratica di base e sull’organizzazione di grandi manifestazioni, ma anche sulla crescita agonistica dei giovani migliori».

Presidente, una domanda più personale che esula dal suo ruolo di dirigente sportivo: lei in politica, mai dire mai o mai in assoluto?

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«In tutta franchezza le rispondo mai, anche se la vita mi ha insegnato che non bisogna mai dire mai».
 



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