Come funziona il segreto di Stato

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Microcredito

per le aziende

 


Caricamento player

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni e i suoi più stretti collaboratori stanno valutando da giorni se mettere il segreto di Stato sul caso di Almasri, il capo della polizia giudiziaria di Tripoli arrestato a Torino su mandato della Corte penale internazionale (CPI) il 19 gennaio scorso e poi rilasciato e rimpatriato il 22 gennaio. È un caso su cui è stata avviata anche un’indagine giudiziaria, e che sta diventando motivo di imbarazzo per il governo perché finora ha fornito spiegazioni lacunose e contraddittorie sul motivo della liberazione di Almasri. Anche per questo, il segreto di Stato viene considerato un espediente necessario per evitare che vengano rivelate notizie compromettenti per la sicurezza nazionale.

– Leggi anche: Cosa non torna nel caso di Almasri, il capo della polizia giudiziaria libica

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati

 

Il segreto di Stato è un istituto previsto dal codice di procedura penale. Il suo funzionamento è stato riformato nel 2007 (e poi in parte nel 2012) attraverso la legge che ha ridefinito le norme relative ai servizi segreti e alle attività d’intelligence. È uno strumento molto delicato, a cui si può ricorrere solo in circostanze particolari e ben definite, ma su cui il presidente del Consiglio ha una grande discrezionalità. Può utilizzarlo sia di sua iniziativa sia in risposta a un’indagine della magistratura. Una volta deciso, il segreto di Stato dura quindici anni, e può essere rinnovato solo un’altra volta, sempre su iniziativa del presidente del Consiglio. Lo scorso dicembre il governo ha deciso per esempio di non rinnovare il segreto di Stato su tre importanti e controverse vicende: il sequestro dell’imam egiziano Abu Omar avvenuto a Milano nel 2003, una vecchia storia di presunte intercettazioni illegali nota come “scandalo Telecom-SISMI”, e un’altra che riguarda il cosiddetto “archivio segreto di via Nazionale”.

La scelta di mettere o rinnovare il segreto di Stato è prettamente di natura tecnica, e ha appunto a che fare con la tutela di notizie e informazioni riservate la cui divulgazione potrebbe danneggiare la sicurezza nazionale. Ma è spesso una scelta che ha risvolti politici: serve insomma anche a togliere d’impaccio il governo, oppure a evitare che membri dell’intelligence finiscano in guai giudiziari, col rischio che questo possa poi avere ripercussioni anche sulle strutture dei servizi o sui governi.

Quando intende coprire col segreto di Stato alcune informazioni, un governo può di fatto agire di propria iniziativa (si parla in quel caso di apposizione del segreto) o in replica alla richiesta di approfondimenti o a un’indagine di un’autorità terza che quasi sempre è la magistratura (e in quel caso si parla di opposizione). In ogni caso, è quasi sempre nell’interazione con la magistratura, e dunque in presenza di un’inchiesta giudiziaria, che la decisione di mettere il segreto di Stato interviene. Quando, cioè, nel corso di un procedimento su una faccenda delicata i magistrati cercano di ottenere informazioni, allora l’autorità pubblica o il testimone che deve fornire quelle risposte può rifiutarsi di collaborare dicendo che la materia è coperta da segreto di Stato. A quel punto l’autorità giudiziaria interpella la presidenza del Consiglio, e il capo del governo ha trenta giorni per confermare il segreto. Se lo fa, di fatto il procedimento giudiziario si ferma, in tutto o in parte.

I leader di Alleanza Verdi e Sinistra, Nicola Fratoianni e Angelo Bonelli, protestano contro il governo davanti alla Camera sul caso di Almasri, il 23 gennaio 2025 (Mauro Scrobogna/LaPresse)

Sarebbe dunque questa la procedura che verrebbe seguita nel caso di Almasri, se il governo decidesse davvero di ricorrere al segreto di Stato.

La procura di Roma, sul caso Almasri, ha ricevuto una denuncia dell’avvocato Luigi Li Gotti contro Giorgia Meloni, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, i ministri dell’Interno e della Giustizia Matteo Piantedosi e Carlo Nordio. Ma sugli esponenti di governo non indagano le procure ordinarie, bensì un collegio di giudici particolare definito tribunale dei ministri, a cui la procura di Roma ha trasmesso gli atti chiedendo di fare ulteriori approfondimenti.

– Leggi anche: Come funziona il tribunale dei ministri

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Le ipotesi di reato sono favoreggiamento e peculato: alla base dell’indagine c’è appunto la decisione del governo di scarcerare Almasri su cui c’era un mandato di arresto da parte della CPI, e ora il tribunale dei ministri ha 90 giorni per decidere se archiviare il procedimento o dare seguito all’indagine. Nel frattempo potrebbe voler ascoltare i componenti del governo indagati. In quell’occasione uno di loro, o tutti e quattro, potrebbe opporre il segreto di Stato, che poi Meloni dovrebbe confermare in prima persona.

In questo modo il governo potrebbe evitare ulteriori fughe di notizie imbarazzanti sull’operato dei servizi segreti e dei vari ministeri coinvolti nella vicenda, esplicitando qualcosa che è già evidente: che la scarcerazione di Almasri ha a che fare con interessi tra l’Italia e le istituzioni libiche che il governo preferisce non rivelare. Si tratta di affari che ruotano intorno alla gestione dei migranti e a eventuali accordi con cui l’Italia, nel corso degli anni, ha garantito sostegno e protezione ad alcuni esponenti delle istituzioni libiche, in cambio di una riduzione delle partenze dei migranti che cercano di raggiungere l’Italia attraverso il Mediterraneo.

Per Meloni, in ogni caso, significherebbe esporsi politicamente: dovrebbe infatti, come prevede la legge, comunicare la sua intenzione al Copasir, il Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica che vigila sulle faccende che riguardano i servizi segreti. Il Copasir potrebbe eventualmente anche chiedere maggiori chiarimenti e poi in teoria opporsi a questo atto del governo riferendo alle camere. Ma è un’ipotesi irrealistica. Nelle decisioni che riguardano il segreto di Stato, comunque, il presidente del Consiglio è chiamato ad assumersi pienamente la responsabilità politica. E questo per una precisa volontà condivisa in maniera trasversale dai partiti con la riforma del 2007, che decise di ridurre definitivamente l’autonomia dei dirigenti dei servizi segreti su questo genere di provvedimenti.

Il presidente del Copasir Lorenzo Guerini, a sinistra, accoglie in audizione il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il 29 gennaio 2025 (Mauro Scrobogna/LaPresse)

In passato erano appunto i capi delle agenzie di intelligence o i capi delle forze armate a comunicare ai giudici o al parlamento il ricorso al segreto di Stato. Nell’ottobre del 1988 fu per esempio l’ammiraglio Fulvio Martini, direttore del SISMI (l’allora servizio segreto militare) a opporre al giudice istruttore di Venezia, Carlo Mastelloni, il segreto di Stato in merito alla caduta dell’aereo Argo 16, precipitato il 23 novembre del 1973 a Marghera in un incidente sulle cui cause non c’è mai stata certezza. Intorno a quella storia furono tirati in ballo i servizi segreti israeliani, l’attività di spionaggio antisovietica dell’Italia e il governo degli Stati Uniti.

Nel giugno del 2011, invece, quando lo Stato maggiore della Marina militare inviò una nota alla procura di Tempio Pausania per specificare che «la destinazione finale delle armi confiscate e custodite nelle riservette di Santo Stefano è assoggettata al vincolo del segreto di Stato», spettò poi al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e al suo sottosegretario con delega ai servizi segreti, Gianni Letta, confermare l’opposizione. Anche quella fu una questione molto delicata: nel 1994 la Marina, su indicazione dei servizi segreti italiani e britannici, aveva intercettato nel canale di Otranto una nave con un grosso carico di armi inviate dalla Russia verso i Balcani, e le aveva trasferite in un arsenale dell’isola di Santo Stefano, in Sardegna, da cui molti anni dopo furono trasferite e utilizzate per fini militari mai del tutto chiariti (si sa che nell’ottobre del 2014 una parte consistente di quelle armi fu inviata ai curdi che combattevano contro l’ISIS nel nord dell’Iraq).

Microcredito

per le aziende

 

Ciò che può essere coperto da segreto di Stato è ben definito dalla legge: atti e notizie di ogni genere la cui diffusione potrebbe «recare danno all’integrità della Repubblica, anche in relazione ad accordi internazionali». Non si può applicare invece su fatti riguardanti eversione, terrorismo, stragi, mafia e scambio elettorale politico-mafioso. Se da un lato la legge definisce con precisione, dunque, le circostanze in cui si può ricorrere al segreto, dall’altro lato riconosce un’ampia autonomia di giudizio al presidente del Consiglio: la sua valutazione è considerata praticamente insindacabile.

Lo è ancor più dopo una sentenza del febbraio del 2014 con la quale la Corte costituzionale ha ribadito che il capo del governo «gode di un ampio potere discrezionale, sul cui esercizio è escluso qualsiasi sindacato dei giudici comuni, poiché il giudizio sui mezzi idonei a garantire la sicurezza dello Stato ha natura politica». È il presidente del Consiglio, cioè, a conoscere cos’è potenzialmente compromettente per gli interessi «della Repubblica», e dunque i magistrati che indagano su fatti delicati non possono contestare più di tanto al governo la decisione di ricorrere al segreto di Stato.

Questa fu una sentenza molto importante e assai dibattuta, che fece chiarezza su uno dei casi in cui il ricorso al segreto di Stato risultò più controverso, quello di Abu Omar.

L’imam egiziano Abu Omar fu sequestrato il 17 febbraio del 2003 in via Guerzoni, a Milano, e da lì portato prima in Germania e poi al Cairo, in Egitto, in un’operazione condotta da agenti della CIA, l’intelligence estera statunitense, con la complicità e la cooperazione del SISMI. Su Abu Omar c’erano sospetti per via della sua attività di proselitismo: non solo guidava la principale moschea della città, quella di viale Jenner, ma faceva anche una propaganda fondamentalista (erano i primi anni Duemila, e l’attentato alle Torri Gemelle c’era stato da appena due anni). Quello di Abu Omar fu il primo conclamato caso di extraordinary rendition, cioè una cattura sostanzialmente illegale fatta per finalità di lotta al terrorismo. Ci fu un’inchiesta che durò molti anni e portò a processo, tra gli altri, i massimi dirigenti del SISMI, tra cui il direttore Nicolò Pollari e il suo vice Marco Mancini.

L’ex direttore del SISMI Nicolò Pollari, il 25 novembre 2003 alla Camera dei deputati (MAURO SCROBOGNA/LAPRESSE)

Contabilità

Buste paga

 

All’inizio del 2006 il governo di Silvio Berlusconi mise il segreto di Stato, e questo emerse chiaramente durante il processo nei mesi seguenti. Ci fu un contenzioso con la procura di Milano prima e con la Corte di Cassazione poi, che coinvolse anche i successivi governi e per due volte la Corte costituzionale: fino a che la Corte stessa, nel febbraio del 2014, rispondendo a un ricorso fatto dal governo di Mario Monti nel 2013 contro i magistrati della Cassazione e della Corte di appello di Milano che contestavano un uso troppo estensivo del segreto di Stato sul caso di Abu Omar, stabilì che la scelta di un governo di ricorrere al segreto non può essere messa in discussione dai magistrati ordinari.

Altre volte, però, il segreto di Stato è stato opposto per casi apparentemente ben meno gravi: il quarto governo di Berlusconi lo usò per limitare l’attività d’indagine della procura di Tempio Pausania su possibili abusi edilizi compiuti nella costruzione della tenuta estiva dello stesso Berlusconi, quella di Villa Certosa a Porto Rotondo. Più di recente, nel maggio del 2022 Elisabetta Belloni, la ex direttrice del dipartimento che coordina le agenzie di intelligence (DIS), ricorse al segreto di Stato per non dare risposte ai magistrati che indagavano sull’incontro avvenuto all’autogrill di Fiano Romano tra Matteo Renzi e Marco Mancini il 23 dicembre del 2020.

Il ricorso al segreto di Stato, anche se apparentemente poco necessario, può infatti essere talvolta motivato dall’esigenza di tutelare informazioni riservate che potrebbero essere indirettamente oggetto d’indagine: le strutture dei servizi, le modalità d’impiego e di azione di alcuni agenti, le pratiche delle agenzie di intelligence, il rapporto di alcuni dirigenti con esponenti delle istituzioni, eccetera. Talvolta alle ragioni tecniche si mischiano valutazioni di natura più politica, che hanno a che vedere con gli interessi dei governi o dei dirigenti dei servizi in carica, più che con l’«integrità della Repubblica».



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese