Il 2024 è stato un anno elettorale significativo in Africa, con oltre 19 elezioni. Le competizioni in Ruanda, Comore e Mozambico sono state segnate da frodi, soppressione di voti, violenze e manipolazioni, mentre in Guinea-Bissau, Mali, Burkina Faso e Sud Sudan, i governi hanno rinviato le elezioni. Tuttavia, la democrazia ha trionfato in diversi Paesi, dimostrando la resilienza delle sue istituzioni: in Botswana, Senegal e Ghana, i partiti dell’opposizione hanno prevalso su quelli al governo, e in Sudafrica, l’African National Congress (ANC) ha subito una significativa sconfitta elettorale, che ha costretto il partito a negoziare un governo di unità nazionale con i suoi ex rivali. Nel 2025 persisterà l’alternanza tra elezioni contestate e libere: mentre alle Seychelles si prevedono elezioni regolari, in altri Paesi non mancheranno tensioni elettorali, con alcuni leader che potrebbero optare per rinvii unilaterali.
Un’escalation di tensioni regionali e rivalità globali
Nel Corno d’Africa, la presenza di attori esterni come Egitto, Emirati Arabi Uniti, Turchia, Qatar, Cina e Russia sta alterando gli equilibri geopolitici della regione, aumentando le tensioni e i rischi di escalation dei conflitti. In Sudan, il conflitto tra le Forze armate sudanesi e le Forze di supporto rapido sta causando milioni di sfollati e migliaia di vittime, mentre il controverso memorandum d’intesa tra Etiopia e Somaliland probabilmente ridefinirà gli equilibri regionali nel prossimo futuro, con conseguenze per lo sviluppo, la pace e la sicurezza.
Nella regione dei Grandi Laghi, le tensioni tra Kigali e Kinshasa per il conflitto nella RDC orientale, che coinvolge i ribelli dell’M23, proseguiranno probabilmente anche nel 2025: l’interruzione dei colloqui di pace tra Kinshasa e il Ruanda lascia irrisolta la situazione e i precedenti tentativi di mediazione non sono riusciti a porre fine al conflitto. Il 26 gennaio 2025, i ribelli dell’M23 hanno preso il controllo di Goma, sfollando migliaia di persone e uccidendone centinaia. Le organizzazioni umanitarie avvertono di una crisi umanitaria incombente. In risposta, sia l’EAC che la SADC hanno convocato in rapida successione vertici straordinari per stemperare le tensioni e tracciare un percorso di pace. I rispettivi comunicati hanno sottolineato l’urgenza di un’azione regionale coordinata e hanno proposto un vertice congiunto EAC-SADC per sviluppare una strategia globale per affrontare l’escalation di insicurezza nella RDC orientale.
Nel Sahel, il deterioramento della stabilità politica, evidenziato da una recente ondata di colpi di stato militari, ha posto l’accento sulla fragilità della democrazia e dell’ordine costituzionale nella regione. I Paesi sotto regime militare mostrano elementi di vulnerabilità che li rendono particolarmente esposti a futuri colpi di stato, mentre le minacce alla sicurezza, in particolare l’estremismo violento, la criminalità e le proteste violente, si sono intensificate sia in termini di gravità che di estensione geografica.
Le giunte militari di Mali, Burkina Faso e Niger, salite al potere promettendo di migliorare le condizioni di sicurezza, non sono riuscite a garantire l’incolumità della popolazione, causando un’escalation di attacchi violenti e un rafforzamento delle reti terroristiche. I tre Paesi si sono ritirati dal blocco regionale ECOWAS per costituire l’Alleanza degli Stati del Sahel (AES), impegnandosi a sostenersi reciprocamente in ambito politico, economico e militare. Tuttavia, l’Alleanza non è ufficialmente riconosciuta né dall’Unione Africana né dall’ECOWAS, sollevando dubbi sulla sua legittimità e sul suo potenziale impatto sulla stabilità e sulla cooperazione regionale. In un vertice d’emergenza tenutosi ad Abuja nel dicembre 2024, i leader dell’ECOWAS hanno preso atto formalmente della determinazione del trio a lasciare il blocco nel gennaio 2025, concedendo tuttavia un “periodo di grazia” fino al luglio 2025.
La frattura tra ECOWAS e AES influenzerà significativamente l’impegno dell’Ue nella regione, soprattutto in un momento in cui l’Europa cerca di ridefinire il proprio ruolo in un contesto di crescente sentimento anti-occidentale nell’area. La nuova strategia dell’Ue per il Sahel punta a un approccio più integrato che bilanci gli sforzi per lo sviluppo e la sicurezza, influenzata dalla crescente competizione geopolitica nella regione, in particolare in risposta all’aumento degli investimenti cinesi e alla crescente influenza della Russia. Solo il tempo dirà fino a che punto l’Ue sarà disposta a dialogare con i tre Paesi.
Riallineamenti geopolitici e la “nuova corsa” per l’Africa
Molti Stati africani stanno infatti rivedendo le proprie posizioni in politica estera. La Cina ha promesso 51 miliardi di dollari per finanziare lo sviluppo e 140 milioni di dollari in aiuti militari, che includono l’impegno a formare 6.000 militari e 1.000 agenti delle forze dell’ordine e la volontà di istituire l’Iniziativa di sicurezza globale cinese per competere con il sistema di alleanze guidato dagli Stati Uniti.
Sul fronte opposto, la Russia ha stretto accordi economici e di sicurezza con oltre 40 Paesi africani, manifestando l’intenzione di aprire nuove missioni diplomatiche in Niger, Sud Sudan e Sierra Leone, mentre la Danimarca e altri Paesi europei hanno chiuso le proprie ambasciate in Mali e Burkina Faso. Le potenze emergenti, tra cui Turchia, India e Stati del Golfo, hanno investito miliardi di dollari in tutto il continente, che dovranno confrontarsi con il pacchetto finanziario di 150 miliardi di dollari dell’Ue nell’ambito del Global Gateway e con il Piano Mattei per l’Africa dell’Italia, che prevede un impegno finanziario di circa 5,5 miliardi di dollari.
La competizione globale per le risorse minerarie strategiche dell’Africa, cruciali per la transizione energetica, probabilmente si intensificherà nel 2025. Gli attori globali che puntano a dominare l’industria dei veicoli elettrici cercheranno di esercitare la propria influenza su paesi ricchi di minerali come la RDC, lo Zimbabwe e altri. Sostenuta dal suo Critical Materials Act, l’Ue ha sviluppato una strategia opaca per ottenere risorse minerarie in cambio di investimenti nell’economia verde africana. La rivalità tra Cina e Stati Uniti si gioca in Africa, con gli Stati Uniti che si alleano con l’Ue per colmare il divario con Pechino nell’accesso alle risorse africane necessarie per sostenere la transizione verde. L’amministrazione Trump probabilmente intensificherà questa competizione attraverso l’espansione del corridoio di Lobito, un progetto ferroviario dell’amministrazione Biden che collega il porto angolano di Lobito, sulla costa atlantica dell’Africa, con Kolwezi, nella RDC.
Il prossimo vertice Ue-Africa del 2025 potrebbe rappresentare un’opportunità per ridefinire e migliorare le relazioni Ue-Africa e avanzare nuove proposte di partenariato. Il sostegno alla presidenza sudafricana del G20 per promuovere le priorità fondamentali, in particolare la riforma dell’architettura finanziaria internazionale, potrebbe essere una via per raggiungere questo obiettivo.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link