Sforbiciata da cento milioni ai Comuni. I «vasi comunicanti» dei tributi e i servizi a rischio
Le tasse sono come l’acqua, seguono il principio dei vasi comunicanti. Se la legge di bilancio nazionale sforbicia le aliquote Irpef per i ceti medio bassi, la Regione, pur di non metter mano all’addizionale regionale Irpef, ritocca all’insù l’Irap. E i Comuni, ultimo anello della catena di finanza pubblica devono fronteggiare tagli di trasferimenti per i prossimi tre anni, a partire da questo, che per un Comune come Bassano del Grappa, ad esempio, vale un milione di euro. «Per salvare il sociale – spiega il sindaco Nicola Finco – mense e asili, abbiamo dovuto aumentare la tassa di soggiorno, l’Imu sui negozi sfitti con un’aliquota che è passata dal 9,8 al 10,5, aumentiamo anche parcheggi e costo dei plateatici».
Le voci ritoccate verso l’alto
Parcheggi, rifiuti, sale per matrimoni, imposta di soggiorno sulle locazioni turistiche, Imu per negozi sfitti, tutte voci che nel 2025 aumenteranno così come, naturalmente, avverrà per l’aumento generalizzato dell’addizionale comunale Irpef all’aliquota massima. I municipi veneti, stretti nella tenaglia di quello che era il «Patto di stabilità» e che ora si chiama «Obiettivo di finanza pubblica» di matrice europea, non possono far altro per salvare i servizi erogati ai cittadini su cui, alla fine, la pressione fiscale resta pressoché la stessa. Gli esempi si sprecano. A Castelfranco Veneto, il sindaco Stefano Marcon dice che si tiene duro, senza toccare ulteriormente la leva fiscale, l’addizionale Irpef è su scaglioni con una no tax area piuttosto alta per la media regionale: 15 mila euro. Ma sopra i 50 mila scatta quello 0,80 che è il massimo consentito e aumenta il costo per sposarsi in una sala comunale. Ad Abano Terme, il sindaco Federico Barbierato deve fronteggiare per il solo 2025 un taglio di 60 mila euro che finiranno nel fondo di solidarietà per i Comuni maggiormente in difficoltà: «L’addizionale Irpef qui è già al massimo, ora abbiamo aumentato l’Imu per chi destinerà un immobile a locazione breve ma prevedendo l’esenzione per chi, invece, affitta seguendo programmi di recupero dell’autonomia abitativa». E in coda ai finanziamenti finiscono, quasi ovunque, sport e cultura.
«La coperta è quella, ed è corta»
Tutti, naturalmente, hanno accolto la possibilità di applicare una tassa di 600 euro per le richieste di cittadinanza degli oriundi. Ma sono bruscolini. Anche a San Donà, il sindaco Alberto Teso spera di poter aumentare l’Imu ai negozi sfitti per agevolare chi aprirà un panificio o un pizzicagnolo in centro. Il meccanismo degli obiettivi di finanza pubblica è implacabile, spiega Massimo Venturato, commercialista veronese già presidente nazionale di Ancrel, l’associazione dei commercialisti revisori degli enti locali: «La pressione fiscale è sempre la stessa comunque la si giri? “Ni”, il governo ha spostato l’asticella della classe media in su ampliando la platea della tassazione ridotta e ha ridotto le detrazioni in base all’Isee, una mossa che valuto positivamente. Ma, certo, alla fine la coperta è quella ed è corta, inutile girarci intorno». Venturato spiega che non è corretto neppure chiamarla «spending review», più precisamente è il «raggiungimento di quota di minori spese che limita quella corrente, non la spesa capitale, – spiega il commercialista – quindi si dice agli enti locali di contenere la prima. Le spese strutturali, mutui e personale, sono incomprimibili. Allora, per non tagliare i servizi, l’unica leva è quella fiscale. Incidere su parcheggi o sulle affissioni funziona un po’ per i grandi Comuni turistici ma sono una netta minoranza»
La crescita delle addizionali comunali
Secondo la Uil, il reddito medio in Veneto è aumentato del 4,43% tra il 2022 e il 2023 «ma inflazione e tassazione ne annullano i benefici e i veneti si trovano paradossalmente più poveri» dice lo studio del Csse (Centro Studi Sociali ed Economici): nel 2023 anziché scendere, la tassazione Irpef è salita del 10,41%, passando in media da oltre 3.400 euro a quasi 3.800 euro a contribuente. La causa? La crescita delle addizionali comunali. Pesano anche le imposte sui rifiuti. Per fare un esempio fra i tanti, le tariffe del Consiglio di Bacino Verona Nord aumentano del 9,6% nel 2024 e del 9,6% sul 2025. Tornando ai Comuni, persino i capoluoghi ormai devono mettere mano ai costi delle mense (è il caso di Vicenza ma sta accadendo un po’ ovunque). Venezia, se vogliamo, fa storia a sé, il ticket d’accesso e, prima ancora, la cura da cavallo sui conti di Ca’ Farsetti, consentono un bilancio di previsione senza rincari.
«Margine di manovra inesistente»
A Padova non è andata così bene con un adeguamento sia all’Irpef (da 1 a 2 euro) che all’Imu (ma solo su edifici commerciali e produttivi) ma anche aggiornando su base Istat il Cup. Si resiste ancora, però, sull’azionamento massimo della leva Irpef a differenza di Venezia, Verona e Treviso in cui si è già pigiato sull’acceleratore. A Verona si adegua il Cup e la Tari verrà determinata entro aprile e un ragionamento sulle mense è in corso. Accade lo stesso a Rovigo, il nuovo appalto ha aumentato di 250 mila euro il costo delle mense. Qualcosa si ritocca, come le affissioni da 25 a 50 euro ma la coperta resta corta. A Belluno si è unificata l’aliquota Irpef aumentando un la no tax area da 10 a 12 mila euro, i parcheggi sono passati da 0,80 a 1 euro. Mario Conte, sindaco di Treviso e presidente Anci, rilancia la «questione settentrionale» ma anche nella sua città ha già ritoccato l’imposta di soggiorno per le locazioni brevi e alzato l’Irpef fin dove possibile. E il suo vice, Giacomo Possamai, sindaco di Vicenza, spiega: «Che la pressione fiscale, alla fine, non cambi per i cittadini, è molto vero: è un principio matematico. Il margine di manovra è inesistente e l’esempio più doloroso è il sociale tagliando, ad esempio, l’assistenza domiciliare».
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link