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Lunedì le borse di tutto il mondo hanno mostrato un andamento molto negativo in risposta alla decisione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di imporre dazi sui beni prodotti in Canada e Cina, seguita poi dalla minaccia di imporli anche sulle merci provenienti dall’Unione Europea e dal Regno Unito: Trump non ha specificato quando imporrà i dazi sui beni europei, ma ha detto che lo farà comunque «presto». Inizialmente i dazi avrebbero dovuto essere imposti anche sul Messico, ma lunedì pomeriggio i rispettivi presidenti hanno detto di essersi accordati per posticipare i dazi: la notizia ha avuto effetti positivi sulle borse, e ha ridotto le loro perdite, comunque ingenti.
Tutti i principali listini (cioè gli indici che raggruppano e sintetizzano l’andamento delle azioni delle grosse compagnie) hanno aperto molto al ribasso nei paesi europei e, nonostante un parziale recupero, alla chiusura delle borse a fine giornata erano ancora in rosso: significa che le azioni delle aziende quotate hanno perso valore, trascinando al ribasso tutti i listini. Anche le borse statunitensi, quando in Italia era primo pomeriggio, hanno aperto molto in calo, segno che i mercati finanziari considerano i dazi un rischio anche per l’economia statunitense.
A fine giornata l’Euro Stoxx 50, che sintetizza l’andamento dei titoli di varie borse europee, è calato dell’1,3 per cento. Il FTSE Mib, l’indice più rappresentativo della borsa italiana, è calato dello 0,69 per cento; il FTSE 100, il listino della borsa di Londra, dell’1,15; il Cac 40, quello francese, dell’1,31; e il Dax 40, il listino più importante in Germania, dell’1,5 per cento. A metà giornata (secondo il fuso orario statunitense) anche il Dow Jones e il Nasdaq, i due principali listini di Wall Street, la borsa di New York, sono in calo.
I titoli che stanno andando peggio in borsa sono quelli del settore automobilistico, molto legato alle esportazioni europee negli Stati Uniti e fra i settori che hanno più da perdere con gli eventuali nuovi dazi imposti da Trump. In Germania e in Italia stanno andando molto male le azioni di Volkswagen – il gruppo automobilistico tedesco, le cui azioni a fine giornata hanno perso quasi il 4 per cento – e quelle di Stellantis, il gruppo automobilistico nato dalla fusione tra l’italoamericana FCA e la francese PSA, che hanno perso il 4,52 per cento. Sia Volkswagen che Stellantis, già gravate dalla seria crisi di tutto il settore automobilistico, hanno diverse attività in Messico, che sono già soggette ai dazi e la cui sostenibilità economica potrebbe essere messa a rischio dalle nuove misure.
Vanno male anche le azioni del settore tecnologico, che risulterebbe assai penalizzato da una guerra commerciale con la Cina. Stanno andando particolarmente male le azioni della società statunitense di chip Nvidia, che sono arrivate a perdere il 5 per cento: nell’ultimo mese la società ha perso oltre 800 miliardi di dollari di valore di mercato, a causa anche dell’arrivo di DeepSeek.
I dazi erano una delle promesse elettorali di Trump, secondo cui la situazione commerciale degli Stati Uniti danneggerebbe il paese: sono un paese storicamente importatore, cioè che importa più di quanto esporta, e Trump punta a ridurre questo deficit commerciale. Già nel suo primo mandato li aveva usati come principale strumento della sua politica economica. I dazi sono in pratica un’imposta calcolata in percentuale sul prezzo di un bene, che l’importatore deve pagare alla dogana: tendenzialmente quindi si traducono in un aumento del prezzo di quel bene per i consumatori. Le conseguenze dei dazi, per come sono quelli decisi da Trump, ricadranno sia sull’economia statunitense, dove i prezzi aumenteranno, sia su quelle dei paesi colpiti, le cui industrie venderanno sempre meno negli Stati Uniti.
Sulle merci provenienti dal Canada è stata aggiunta una tassa del 25 per cento, mentre su quelle cinesi del 10 per cento. Il Canada ha già detto che come ritorsione da martedì introdurrà dazi sulle merci statunitensi e la Cina ha annunciato che farà ricorso all’Organizzazione mondiale del commercio (WTO, nell’acronimo in inglese).
Lunedì è aumentato di quasi il 3 per cento il WTI, il prezzo di riferimento del petrolio per gli Stati Uniti. Canada e Messico sono i principali fornitori di petrolio greggio alle raffinerie statunitensi: con l’imposizione dei dazi aumenterà il costo delle loro forniture, che valgono circa il 70 per cento del petrolio greggio importato, col risultato che con ogni probabilità aumenterà il costo dei carburanti negli Stati Uniti.
Anche i mercati asiatici, che sono stati i primi ad aprire dopo gli annunci di Trump nel weekend e hanno già chiuso le attività per lunedì, hanno subìto dei cali: l’indice Nikkei, quello più rappresentativo dei mercati finanziari giapponesi, è calato del 2,7 per cento. I mercati cinesi invece rimarranno chiusi fino a mercoledì per le festività del Capodanno lunare.
– Leggi anche: Come funzionano i dazi, spiegato
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