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Bergamo. Dalla terza edizione degli Stati Generali della Meccatronica le aziende, bergamasche e non, sono uscite con una piena consapevolezza che per sfruttare a pieno le potenzialità dell’Intelligenza Artificiale e poter stare in modo competitivo sui mercati non si possa più prescindere da una strategia di business data-centrica, dove a fare la differenza sarà la qualità della raccolta, validazione, archiviazione, gestione e condivisione dei dati.

Sul tema l’Europa da anni si è posta come ente regolatore, a metà tra due forti polarità come Stati Uniti e Cina: lo ha fatto nel 2022, con l’European Data Governance Act, ma soprattutto nel corso dello scorso anno con il Data Act e l’AI Act. Normative che hanno evidenziato, ancora una volta, il valore del dato, cercando di indirizzare e ridurre i rischi legati a eventuali problematiche che potrebbero essere generate da alcuni algoritmi.

“Tra questi documenti, il Data Act penso sia quello centrale per l’operatività delle industrie – ha sottolineato Stefano Firpo, direttore generale di Assonime, nel corso degli Stati Generali della Meccatronica – L’Europa ha tenuto una posizione intermedia tra quella americana e quella cinese: da un lato un’estrema liberalizzazione sull’utilizzo e la diffusione dei dati, dall’altro un grande controllo centralizzato. Qui si sono resi più facilmente disponibili i dati, in particolare quelli industriali legati alla produzione di macchine o ai servizi, ma con qualche limitazione a tutela di alcuni diritti e valori europei come privacy, copyright, proprietà e segreto industriale. Se da una parte si è voluto spingere, soprattutto a livello di modelli di business B2B, alla condivisione dei dati e al ragionare su un meccanismo di mercato per lo scambio e monetizzazione dei dati, dall’altra rimane la distanza tra i data holder e i data user”.

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Il motivo è presto spiegato: a chi appartiene la proprietà sul dato, fondamentale per poterlo valorizzare e sfruttare?

“Il Data Act – ha spiegato Firpo – consente ai data users l’utilizzo dei dati, imponendo ai produttori di costruire macchinari che li rendano immediatamente disponibili. Ai data holder viene invece data la possibilità di monetizzare il proprio sforzo, ma questo equilibrio non risolve il complicato rapporto tra le due anime, sulle quali invece andrebbe costruita una vera e proficua collaborazione: è proprio qui, su questo particolare aspetto, che si gioca una partita importante, al pari di quella delle cooperazione che deve esserci internamente alle aziende. La verità è che al momento non esiste ancora una cultura di democratizzazione del dato, che porta tutte le anime aziendali a ragionare allo stesso modo: purtroppo si lavora ancora troppo a compartimenti stagni perché dentro al dato c’è il potere e tutti tendono a volerselo tenere”.

La distanza verso la piena liberalizzazione, dunque, è ancora ampia: “Un vero peccato, perché la condivisione tra aziende e settori è la chiave per l’innovazione – ha aggiunto Firpo – In particolare nella meccatronica e nella meccanica strumentale, che sul dato e sulla possibilità di metterlo a fattor comune trova un grande terreno su cui migliorare performance, prodotti, servizi e competitività, raggiungendo posizioni di mercato più solide. Senza dimenticare i dati pubblici, un patrimonio mostruoso che potrebbe essere messo a disposizione anche delle imprese e che oggi non viene sfruttato a dovere”.

Il lavoro da fare, insomma, è ancora lungo e profondo. Ma una parte del percorso è già stata avviata e presenta esperienze virtuose, come quelle dei Digital Innovation Hub: un modello che in altri Stati europei ha dimostrato tutta la sua efficienza e che in Italia, seppur in ritardo, è partito col piede giusto.

“Il bilancio fin qui è senza dubbio positivo – ha concluso Firpo – Ne sono nati tanti, alcuni con un buon successo e in crescita. Sono luoghi dove può avvenire quella condivisione fondamentale tra imprese, università e società di consulenza, per progetti di innovazione. Bisogna continuare a spingere su questo fronte, favorendo l’ingresso in Digital Innovation Hub e Competence Center di aziende e settori differenti: dalla contaminazione nascono innovazione, nuove tecnologie e nuova capacità di soddisfare i bisogni nel mondo del B2B e del B2C. Stiamo costruendo piano piano una rete di questi centri, luoghi neutri che favoriscono la volontà di mettere in comune e nei quali può avvenire il trasferimento tecnologico”.

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