Dazi Usa, il mondo con il fiato sospeso. Sconti al petrolio – NAUFRAGHI/E

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Di Giovanna Branca, il manifesto

«I dazi ci renderanno molto ricchi e molto forti», ha detto nella serata Usa di venerdì il presidente Donald Trump dallo Studio ovale, mentre confermava l’entrata in vigore dei dazi sulle merci di Messico, Canada (entrambi del 25%) e Cina (10%) nonostante le settimane di negoziazioni intercorse fra i rappresentanti diplomatici dei tre paesi con quelli degli Stati uniti, nella speranza di capire se esisteva qualcosa che potevano fare per placare la foga protezionista di Trump. «Nulla», è stata la risposta dello stesso tycoon ai giornalisti che gli ponevano questa domanda alla Casa bianca, che ha reso ancor più evidente la pretestuosità delle sue richieste affinché Messico e Canada limitassero l’ingresso di «migranti illegali» negli Stati uniti, e la Cina quelo dei prodotti chimici usati per produrre il fentanyl.

TRUMP ha anche annunciato che nelle prossime settimane imporrà dazi sull’importazione di acciaio, alluminio e rame, e che al più presto nel mirino finirà il più grande partner commerciale Usa, l’Unione europea. Che «ci ha trattati orribilmente» – il suo gabinetto sta lavorando a misure protezionistiche e punitive «sostanziali» – ha detto il presidente ai reporter senza specificare come o perché Washington sia stata trattata così male. Uno degli oggetti del suo risentimento sono senz’altro le misure per regolare il settore tecnologico emanate dalle istituzioni europee, particolarmente invise al “vicepresidente ombra” Elon Musk e alla Silicon Valley tutta, che ha fatto quadrato intorno al nuovo presidente americano

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Uno dei settori che ci si aspetta verranno colpiti con maggiore forza infatti è proprio quello tecnologico, con sanzioni sui microprocessori provenienti principalmente da Taiwan: colpiremo «anche i chip e le cose associate ai chip» ha detto il tycoon. Che pochi giorni prima, in risposta al terremoto causato dalla nuova app cinese di intelligenza artificiale DeepSeek, aveva incontrato il Ceo di Nvidia Jensen Huang. Sul tavolo «semiconduttori e politiche sulla Ia», e come «rafforzare la tecnologia Usa e la sua leadership nel campo dell’intelligenza artificiale».

L’amministrazione Trump starebbe anche considerando una restrizione sulla vendita dei chip H20 prodotti da Nvidia appositamente per il mercato cinese, dopo che il governo Biden aveva messo sotto embargo la vendita dei chip più performanti della compagnia tecnologica proprio per dare un vantaggio al settore statunitense – sforzo vanificato proprio dal debutto di DeepSeek.

DAL CANTO SUO l’Unione europea si limita per il momento a opporre una debolissima risposta attraverso un portavoce: «L’Ue resterà fedele ai suoi principi e, se necessario, sarà pronta a difendere i propri legittimi interessi». Si prende tempo in attesa di comprendere le intenzioni di Donald Trump, o magari di trovare un modo per porre un argine alla valanga di dazi promessa.

Non sono molto dissimili le risposte dei due paesi sinora più colpiti, Canada – che pure si era impegnato a investire un miliardo di dollari canadesi per incrementare la sicurezza ai propri confini con gli Stati uniti – e Messico. Ottawa è «pronta a rispondere con forza, e immediatamente», ha scritto su X il primo ministro canadese Justin Trudeau dopo la conferenza di Trump allo Studio ovale. «Nessuno, da entrambi i lati del confine, vuole vedere dazi americani su merci canadesi».

«SIAMO PREPARATI», ha dichiarato invece la presidente messicana Claudia Sheinbaum. «Difenderemo sempre la dignità della nostra gente, il rispetto della sovranità e il dialogo fra uguali, senza subordinazioni». Il mondo intero ieri è rimasto con il fiato sospeso in attesa che Trump annunciasse – troppo tardi per noi – l’effettiva entrata in vigore dei dazi, e soprattutto di capire quali eccezioni il presidente Usa ha concesso nella sua guerra protezionista: il bene su cui ci si aspettavano maggiori concessioni è il petrolio canadese, dopo che lo stesso Trump aveva detto alla stampa che pensava a tariffe “solo” del 10% sull’oro nero proveniente da nord, pressato anche dal sindacato delle acciaierie United Steelworkers.

Lo ha confermato ieri sera un comunicato della Casa bianca, Intanto la stessa economia americana si prepara all’impatto: venerdì sera le borse statunitensi hanno chiuso al ribasso riflettendo l’ansia degli investitori per i dazi, mentre uno studio del Budget Lab of Yale stima che il loro costo annuale per le famiglie americane ammonterà a circa 1.300 dollari.



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