Una «bella notizia per il presente e per il futuro delle nostre comunità e una sorpresa; l’inizio di una vita di fede nascente e la volontà di mantenerla viva».
Sono stati tanti i motivi di gioia che hanno percorso, come un filo rosso, la mattinata che, nel Salone dei convegni dell’Arcivescovado, è stata dedicata al Catecumenato con la presenza dell’Arcivescovo, del responsabile nazionale del settore Catecumenato della Conferenza Episcopale Italiana, don Jourdan Pinheiro e del vicario episcopale per l’Educazione e la Celebrazione della Fede, don Giuseppe Como.
Il convegno
A prendere parte all’assise, i membri delle équipes zonali del Catecumenato, «preti e laici che accompagnano gli accompagnatori dei neofiti», catechisti e rappresentanti dell’équipe battesimale diocesana. E sono, allora, molti anche gli interrogativi che sono emersi per accogliere e comprendere a pieno l’esperienza dei «Cristiani a ogni età», come si intitola il convegno che segna l’avvio di un percorso in più appuntamenti proprio per raccontare «Il battesimo nella Chiesa missionaria: volti di un cambiamento».
Mutamento che è innegabile anche se i numeri dei catecumeni non «sono da prima pagina»: quest’anno in Diocesi sono un centinaio le persone che riceveranno il battesimo nella Veglia pasquale, con una maggioranza di italiani, in specifico donne, come spiega, in apertura dell’incontro, don Matteo Dal Santo, responsabile del Servizio per la Catechesi e il Catecumenato della Diocesi. Ciò che occorre è, insomma, «analizzare un fenomeno che chiede di interrogarsi se, su questo, stanno cambiando le comunità cristiane e una Chiesa che vive in un contesto in cui la fede cristiana non è più scontata, ma che si appassiona». «Il numero dei battesimi è in diminuzione, non solo per il crollo delle nascite, ma anche perché non e più scontato il battesimo degli infanti e ciò vuol dire che si apre più spesso la possibilità che ci si avvicini ai sacramenti da adulti. Di fronte a tale fenomeno la Chiesa gioca un ruolo fondamentale se diventa missionaria».
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Il profilo di catecumeni oggi
Interessanti i dati illustrati da Dal Santo, dopo la proiezione di un docufilm sulla vicenda di tre catecumeni, realizzato da Itl-Chiesa di Milano. Secondo i dati nazionali 2023, sono stati 742 i catecumeni, in maggioranza donne, con un 21% di adolescenti tra i 14 e i 18 anni, 347 giovani tra i 19 e i 30, 392 di famiglia cattolica, 100 di altre confessioni cristiane, 1 di famiglia ebrea, 1 buddista, 4 induisti, 100 musulmani, 135 atei o agnostici in origine. Tuttavia, si pensa che il dato reale superi le 1000-1100 unità, avendo risposto solo il 57% delle Diocesi italiane.
«Dal 2008 al 2024 i catecumeni in età scolare registrano una curva in crescita perché i ragazzi o i genitori colgono i cammini di iniziazione cristiana come una sorta di secondo appello a diventare cristiani, ma la grande sorpresa è l’aumento di adolescenti e preado che chiedono il battesimo, magari provenendo dall’esperienza di animatore o di volontariato. Cosa dicono questi ultimi alla Chiesa? Ricordano il valore di alcune proposte che sono rivolte a tutti, anche a chi non è dentro un’esperienza di fede, ma che, poi, finiscono per avvicinare al Signore», nota il responsabile diocesano.
Da qui una prima conclusione. «Imparare dai catecumeni qualcosa che vale per tutti, perché quando il Vangelo viene scoperto da loro come qualcosa di nuovo, per noi si tratta di una riscoperta del passaggio pasquale di Cristo. I volti dei catecumeni sono una sorpresa di Dio, frutto del suo passaggio, e un’occasione per una Chiesa che può, che vuole, che ha bisogno di cambiare».
Una Chiesa ancora capace di annunciare
«La Chiesa è cauta, talvolta, addirittura sospettosa di fronte alle novità, ma lo Spirito Santo sorprende i discepoli perché agisce anche là dove non se lo aspettano e compie opere sorprendenti». Tuttavia, avverte subito il vescovo Mario nella sua comunicazione, «Il battesimo nella Chiesa missionaria. La situazione è occasione», «a differenza delle testimonianze raccolte dalla Chiesa primitiva, i cristiani cattolici di oggi e la nostra prassi pastorale sembrano imbarazzati a proposito di Gesù, della sua morte e risurrezione. Siamo ancora capaci di annunciare il Vangelo? In che senso la nostra Chiesa è missionaria? Siamo inviati timidi e muti che paiono avere paura di disturbare, di essere indiscreti, di condizionare la libertà degli interlocutori?», si chiede l’Arcivescovo, indicando un ulteriore rischio della Chiesa odierna nel sostenere il cammino del Catecumenato.
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«Le storie che i catecumeni raccontano sono vicende personali uniche e irripetibili, ma torna, con una certa frequenza, la citazione dell’attrattiva della comunità. Per molti l’incontro con cristiani generosi, impegnati in molte opere di bene, in modo gratuito e con animo incline alla benevolenza, è il punto di partenza per un avvio di rapporti e un desiderio di appartenenza. Questa Chiesa un poco afona a proposito di Gesù è attraente come promessa di vita buona».
Vivificare i riti, vivere i segni della fede
Nell’attrattiva c’è, però, «un’ambiguità – continua monsignor Delpini – che consiste nel desiderare l’appartenenza alla comunità come il fine da perseguire e non come una comunione personale con Dio. Questo ci deve far pensare così come i motivi di stupore che nascono accompagnando i neofiti con parole antiche che, consegnate a persone in cammino verso il battesimo, si rivelano incandescenti, fuoco vivo e fecondo in modo sorprendente».
Come a dire, «i segni e i riti che, allo sguardo spento dell’abitudine sono diventati appannati, nel farsi messaggio da spiegare ai catecumeni, rivelano tutta la loro bellezza e novità, producendo frutti nuovi anche negli accompagnatori». Accompagnatori a cui va il ringraziamento specifico dell’Arcivescovo.
Da qui la conclusione. «I tratti che caratterizzano i catecumeni, cioè lo stupore, la gioia, la spontaneità, il desiderio di pregare e partecipare alle celebrazioni, sono un dono non solo per il neofita e per chi lo accompagna, ma per tutta la comunità. Ma questo non è un “risveglio” automatico, forse neppure frequente. Può, infatti, anche capitare che il battesimo di giovani e adulti sia considerato più una stranezza che un segno per tutta la comunità, più una decisione personale che una manifestazione dell’opera dello Spirito. Una comunità che non è contenta di sé, cristiani che non sono contenti di essere cristiani, saranno disponibili a lasciarsi sorprendere dal Signore con la gioia dei catecumeni?».
Che cosa può aiutare, allora, la comunità, in particolare l’assemblea liturgica ad accogliere tale freschezza? «Bisogna far sì che la Messa sia gioiosa, curare l’accoglienza delle persone, in modo che dai percorsi singolari si arrivi alla costituzione dell’assemblea, anche oltre i momenti iniziali di presentazione dei catecumeni alla comunità», non lasciandoli rimanere come «massi erratici» nelle realtà parrocchiali, termina il vescovo Mario.
Don Gallo: «Da una Chiesa imbronciata a comunità creative»
«Venti o trent’anni fa vi era un ateismo militante – basti ricordare lo slogan, “La religione è l’oppio dei popoli”, oggi c’è l’“apateismo”, un misto apatia e ateismo, come dice il sociologo Robert Nash», osserva, da parte sua, don Marco Gallo, sacerdote della Diocesi di Saluzzo, parroco, teologo e docente, membro (come anche don dal Santo) del Gruppo Nazionale Cei del Catecumenato. «Il cambiamento si deve fare non per avere dei clienti, ma perché lo chiede il Vangelo, non per uno scopo, ma per verità e giustizia. La conversione è un’azione di libertà, non una furbizia e la Chiesa, in questo, ha la possibilità di offrire luoghi e narrazioni, facendo passare la fede dalla dimensione “gassosa” alla solidità». Per questo, suggerisce ancora il teologo piemontese, il Catecumenato è una grande opportunità per la Chiesa di oggi che non «ha ancora maturato la dimensione dell’interconnessione di tutti con tutto grazie al fortissimo impatto del digitale».
«Domandiamoci se chi vuole cercare un’esperienza di Dio, di Gesù, la trova davvero cercando noi. Siamo timidi e i nostri siti lo dimostrano perché parlano solo delle nostre strutture e non del Signore. La Chiesa, prima di essere perfetta, è chiamata a essere un ambiente che, pur nella diminuzione evidente delle presenze, si appassiona al cammino dei nuovi cristiani giovani e adulti». Cosa non molto frequente, se – aggiunge don Gallo – «in Italia, quasi la metà delle Diocesi non dice nemmeno se promuove il cammino del Catecumenato».
I cammini del Catecumenato
Cammino che, ad esempio, in Francia sta segnando cifre record con 7135 adulti e più di 5000 adolescenti battezzati nella notte di Pasqua del 2024, e una crescita prevista, quest’anno, del 30%.
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«Nuovi cristiani che sono urbanizzati con una formazione medio-alta, che vengono nella gran parte da famiglie di tradizione cattolica, e sono in maggioranza donne». Tuttavia, «non sono i numeri il punto importante, ma l’esperienza che ciò provoca in una Chiesa spesso impreparata».
Per questo, come sottolinea don Pinheiro, evidenziando l’aiuto giunto dalla Diocesi di Milano, «vi è necessità di lavorare sempre più in équipe. Questo ci stimola a essere all’altezza del nostro servizio. L’arrivo dei catecumeni, come una nuova nascita nelle famiglie, cambia tutto? Permettiamo che ci indichi percorsi nuovi, che gli ultimi arrivati, i neofiti, dettino un poco almeno l’agenda delle nostre comunità?».
Queste le ultime domande lasciate come una traccia di riflessione ai presenti, ai quali l’Arcivescovo consegna le linee guida diocesane, «Itinerario catecumenale con i giovani e gli adulti», (a cui ha preso parte anche monsignor Antonio Costabile, alla guida del Servizio per la Catechesi diocesana per un decennio prima di don dal Santo e presente al convegno), le prime linee elaborate dopo un lavoro «consistente lungo di diversi anni», come conclude don Como.
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