Immigrazione e disabilità: conoscenze, politiche e buone pratiche per una società più inclusiva

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Finanziamenti e agevolazioni

Agricoltura

 


I temi dell’immigrazione e della disabilità sono da molti anni al centro dell’attenzione di numerosi studiosi, professionisti e policy-maker. Una minore attenzione è stata invece dedicata all’intreccio fra questi due temi, in particolare ai rischi di discriminazione intersezionale cui vanno incontro le persone con disabilità e background migratorio, o appartenenti a minoranze etniche svantaggiate. Allo stesso modo, raramente è stata posta attenzione sulle risorse e sul potenziale dei soggetti che compongono questo gruppo sociale. Proprio su questo intreccio si sviluppa il progetto di ricerca “Immigrazione e disabilità: conoscenze, politiche e (buone) pratiche” diretto da Laura Zanfrini, ordinaria di sociologia presso la Facoltà di Scienze politiche e sociali all’Università Cattolica del Sacro Cuore e direttrice del Centro di ricerca Wwell (Work, Welfare, Enterprise, Lifelong learning) della Cattolica. Lo studio, supportato dall’Università Cattolica, ha consentito di sviluppare le conoscenze e i contatti utili per il lancio del progetto CiSiamo, coordinato da Fondazione Ismu Ets e realizzato in partnership con Fondazione Ledha e Caritas Ambrosiana, che mira a tradurre in azioni concrete quanto emerso dalla ricerca.

«Negli scenari demografici in cui ci muoviamo, abbiamo bisogno di valorizzare tutto il potenziale attualmente inutilizzato» spiega la professoressa Zanfrini. «Non possiamo più permetterci di produrre “scarti umani”. Dobbiamo costruire una società e un’economia più inclusive e più eque, non solo per ragioni etiche, ma anche per esigenze di sostenibilità. Le persone con disabilità e background migratorio scontano spesso una condizione di invisibilità sia dal punto di vista della ricerca scientifica, sia a livello statistico e conseguentemente sul piano sociale e politico». Non è un problema solo italiano, racconta la direttrice del Centro di ricerca Wwell. Proprio questa condizione, però, ne fa «un gruppo sociale paradigmatico», perché si tratta di «un universo estremamente complesso e articolato al suo interno, che ci incoraggia ad adottare un approccio personalizzato e individualizzato, sia per leggere i bisogni delle persone, sia per tutelarne i diritti, sia ancora per farne emergere il potenziale».

In particolare, quando parliamo di una condizione di disabilità associata a un background migratorio «le situazioni personali possono essere molteplici», spiega Zanfrini. «Vi può essere una disabilità già presente all’origine, ipotesi che si riteneva rara in quanto a migrare sono generalmente soggetti in salute, in grado di affrontare le difficoltà del viaggio, ma oggi stiamo constatando che il nostro sistema di welfare, nonostante le molte criticità che lo caratterizzano, costituisce un fattore attrattivo per le famiglie con al loro interno persone con disabilità, poiché in molti Paesi d’origine non vi sarebbe la possibilità di assisterle, curarle e offrire loro adeguate prospettive di vita». Questo aspetto, aggiunge la professoressa Zanfrini, dovrebbe «renderci più consapevoli di quanto sia prezioso vivere in una società che tutela le persone più fragili» e «più vigili nel proteggere i nostri sistemi di welfare». C’è di più: «Vi possono essere situazioni nelle quali la disabilità è una conseguenza delle condizioni in cui è avvenuto il tragitto migratorio, che espone a molti rischi per la salute fisica e psichica» prosegue Zanfrini. «O, ancora, una disabilità causata da un incidente sul lavoro occorso in Italia, considerato che molti immigrati operano in settori e mansioni ad alto rischio di incidentalità. E, infine, la disabilità può coinvolgere i figli degli immigrati nati in Italia».

Contributi e agevolazioni

per le imprese

 

Per migliorare la capacità di comprendere le esigenze e i bisogni specifici di questo gruppo sociale e costruire opportunità di partecipazione alla vita economica e sociale è innanzitutto necessario superare la sua invisibilità, nonché favorire lo scambio di informazioni, conoscenze, esperienze e pratiche tra il mondo dell’immigrazione e il mondo della disabilità. «È una sfida impegnativa» commenta la direttrice del Wwell. «Se riusciamo ad aggredirla, faremo fare un enorme salto di qualità complessivo al nostro sistema di servizi, perché lo renderemo capace di leggere le situazioni, i bisogni e le capacità individuali».

È questa consapevolezza, maturata grazie ai risultati dello studio promosso dall’Università Cattolica, ad avere incoraggiato l’avvio di una collaborazione tra la Fondazione Ismu Ets, nel cui ambito la professoressa Zanfrini dirige il Settore Economia, lavoro e welfare, la Lega per i diritti delle persone con disabilità (Ledha) e Caritas Ambrosiana. Con l’auspicio di costruire un ponte tra il pianeta immigrazione e quello della disabilità, favorendo la reciproca conoscenza, stimolando pratiche di collaborazione e generando sinergie virtuose. E con l’aspettativa – la professoressa Zanfrini ne è convinta – di generare un arricchimento complessivo del patrimonio di competenze e di conoscenze, grazie alla valorizzazione dei saperi esperienziali di cui sia gli operatori dei servizi, sia le stesse persone con disabilità e background migratorio sono, spesso inconsapevolmente, portatori.

L’approccio suggerito, spiega la professoressa, è stato già testato diversi anni fa grazie al progetto Diverse, Diversity Improvement as a Viable Enrichment Resource for Society and Economy, nel quale l’Università Cattolica ha coordinato una rete di 15 atenei ed enti partner in dieci Paesi europei. «L’obiettivo è stato innovare il modello europeo di integrazione, lavorando con una logica di empowerment in grado di fare emergere il potenziale latente collegato ai vissuti esperienziali che spesso consentono di acquisire competenze che nemmeno i soggetti stessi sanno di possedere» spiega Zanfrini. «Per esempio, un migrante che ha attraversato il deserto, è transitato per diversi Paesi, ha fatto svariati lavori lungo il suo tragitto avrà maturato capacità di resilienza e gestione dello stress, competenze di problem solving, skill interculturali: caratteristiche che oggi sono molto ricercate dal mondo delle imprese, e che grazie a questo progetto abbiamo codificato e reso visibili. L’obiettivo che ora ci poniamo è riproporre questo approccio coinvolgendo un gruppo sociale ancor più sfidante, proprio perché associa all’esperienza della migrazione quella della disabilità». L’ambizione, conclude la professoressa Zanfrini, è quella di «concorrere alla costruzione di una società più inclusiva e più democratica», assumendo la condizione dei migranti con disabilità come paradigmatica nel consentirci di «cogliere il denso intreccio tra diversità e diseguaglianze sociali, promuovere concretamente il principio delle pari opportunità e la tutela dei diritti dei più fragili». E costruire opportunità di «autorealizzazione umana e professionale per ogni persona, intesa nella sua unitarietà e unicità».



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Prestito personale

Delibera veloce