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«FdI oltre il 30%». E torna la “pazza idea” delle elezioni anticipate

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Non guardo spesso i sondaggi. Nel primo pomeriggio di ieri, Giorgia Meloni posta sui suoi profili social una slide in cui pone in bella evidenza una cifra: 30,1. È la percentuale attribuita a Fratelli d’Italia dalle rilevazioni fatte da Youtrend per Agi nell’ultima settimana. Sempre secondo queste, il consenso del partito della presidente del Consiglio sarebbe aumentato di mezzo punto, a dispetto della tempesta giudiziaria che ha investito Palazzo Chigi e due ministri, per la vicenda del rilascio dell’ufficiale libico Almasri. Essendo ben nota la routine dei leader politici e la loro sensibilità alle oscillazioni del consenso, è altamente probabile che l’affermazione di non prestare attenzione ai sondaggi non corrisponda a verità, ma la scelta di enfatizzare il superamento della soglia psicologica del 30 per cento, proprio in questa fase, nel mezzo di una battaglia dialettica feroce nei confronti della magistratura e dell’opposizione politica, non era scontata. «Non penso che i sondaggi non siano importanti», aggiunge Meloni, «perché penso che il miglior modo per ottenere fiducia sia lavorare ogni giorno con serietà e determinazione. Tuttavia, è difficile non notare un dato: nonostante gli attacchi gratuiti quotidiani e i tentativi di destabilizzare il Governo, il sostegno degli italiani rimane solido. Per me, questo significa una cosa sola: che il lavoro che stiamo facendo per difendere l’interesse nazionale, creare opportunità per le nostre imprese e rafforzare la nostra Nazione è quello giusto». «Grazie per la fiducia», conclude, «io vado avanti, come sempre, a testa alta». Il concetto è quello dei suoi post precedenti (compreso il video in cui ha reso pubblica la sua iscrizione nel registro degli indagati), vale a dire la comunicazione diretta col proprio elettorato e la narrazione secondo la quale la battaglia principale della premier sarebbe quella di riuscire a governare liberamente il paese, scrollandosi di dosso la zavorra di una serie di poteri forti o occulti che hanno l’interesse di condizionarne l’operato. Argomenti dunque reiterati, ma arricchiti con un ingrediente decisamente più sapido: i numeri. Perché la presidente del partito di maggioranza ha deciso di contraddirsi proprio ora e di sventolare un sondaggio? Non si può non mettere questo episodio in relazione a quanto sta sempre più insistentemente circolando tra i rumors di Palazzo, rispetto alle varie opzioni strategiche che avrebbe in mente Meloni nel breve-medio termine. Una di queste sarebbe riafforata nelle ultime 72 ore, e si tratta di una suggestione che era stata già ventilata prima della scorsa estate: andare a elezioni prima della scadenza naturale della legislatura, per ottenere un nuovo e più robusto mandato dagli elettori e sostenere con più forza le battaglie di cui sopra. Nel 2022 FdI ha ottenuto il 26 per cento, mentre alle Europee dell’anno scorso, pur ottenendo meno voti assoluti, ha portato a casa un 28,7 per cento. Si può dunque dire con certezza che Meloni non abbia risentito in termini di consenso dell’approdo a Palazzo Chigi, e la diretta interessata non abbia mancato di rimarcare che i numeri (ipotetici) di FdI sono ulteriormente cresciuti nel momento in cui ha deciso di far salire i toni. In Italia chi ha tentato di fare all-in nelle urne spesso non ha avuto fortuna, come insegnano i casi di Renzi nel 2016 col referendum costituzionale e di Salvini nella famosa estate del Papeete, quando non riuscì nemmeno a vederle, le elezioni, ma il caso di Meloni presenta qualche elemento inedito, perché nessun premier in precedenza aveva visto una tenuta sostanziale nel gradimento degli italiani, se non un incremento. La premier potrebbe dunque rompere un tabù, andando a elezioni non per risolvere una crisi interna alla maggioranza, bensì per risolverne una tra poteri. Non lo ammetterebbe mai apertamente, e le possibilità che ciò possa accadere sono minoritarie, ma nel caso osasse e vincesse la sua scommessa, Meloni potrebbe ottenere – oltre a una maggiore forza politica – un’opzione rilevante sull’elezione del prossimo Capo dello Stato (prevista nel 2029) e un incremento della propria pattuglia parlamentare. In quest’ultimo caso, però, la cosa avverrebbe a discapito del suo alleato Salvini, perché i gruppi della Lega appaiono attualmente sovradimensionati rispetto al peso elettorale del Carroccio. Le candidature per i collegi uninominali, infatti, nel 2022 risentivano ancora del peso elettorale storico accordato al partito di Alberto Da Giussano nel Nord. Le performance degli ultimi anni hanno evidenziato un calo netto, a cui sono strettamente connesse alcune diatribe tra FdI e Lega, prima fra tutte quella sul Veneto. La “pazza idea” delle elezioni anticipate, dunque, potrebbe trovare tra i maggiori oppositori all’interno del perimetro del centrodestra.



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