Disturbi alimentari, in Umbria «mancano organizzazione dei servizi e prevenzione»

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di Elle Bi.

I disturbi del comportamento alimentare, o Dca, in Umbria sono «un’epidemia sociale». Incidenza sempre maggiore in età infantile (4-10 anni) – oltre 22 mila casi, dato peraltro sottostimato – alti costi per le cure e mancanza di servizi a livello regionale. E in una ricerca sugli adolescenti umbri portata avanti da Raffaele Ruocco, medico specialista in Scienza dell’alimentazione dell’associazione perugina «Il Pellicano», i risultati sono stati il doppio rispetto ai dati internazionali.

L’associazione L’associazione Il Pellicano si occupa di queste patologie da circa 30 anni, e durante la seduta di martedì della IV Commissione del consiglio comunale, il dottor Ruocco ha condiviso la sua esperienza clinica e le sue conoscenze in materia. L’associazione è stata fondata da pazienti e offre servizi di prevenzione, consulenza, terapia e riabilitazione. È l’unica struttura pubblica situata nel centro di Perugia e accreditata a livello regionale.

Epidemia sociale I disturbi alimentari si definiscono disturbi «egosintonici»: «Il paziente – ha spiegato Ruocco in aula – si sente a suo agio nella malattia, il che rende difficile la cura. Si tratta di disagi psicologici che si manifestano attraverso comportamenti legati al cibo». I disturbi alimentari vengono definiti come una vera e propria «epidemia sociale» con 22 mila casi in Umbria, e nel 30 per cento dei casi i pazienti hanno meno di 14 anni. Dati che vengono considerati come sottostimati, a causa della mancanza di campagne di screening e che non tengono conto dei soggetti affetti da obesità, oggi annoverata tra i disturbi alimentari.

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La portata Studi internazionali evidenziano negli ultimi anni un aumento dei Dca, soprattutto nella fascia femminile tra i 12 e i 25 anni. Ma solo il 10 per cento delle persone che soffrono di un disturbo dell’alimentazione viene intercettato dai centri. La prevalenza dell’anoressia nervosa è circa dello 0,2-0,8 per cento, della bulimia nervosa circa del 3 per cento, e dei disturbi non altrimenti specificati tra il 3,7 e il 6,4 per cento. «A suo tempo – dice Ruocco – feci un’indagine su un gruppo di liceali, dati che non sono mai stati pubblicati. Circa 300 liceali fra i 15 e i 18 anni, più o meno 10 anni fa. Somministrai loro il test EAT26, che appunto cerca di fare uno screening della predisposizione al disturbo, oppure della malattia vera e propria. Le percentuali in Umbria risultarono essere quasi il doppio dei dati nazionali, che sono comunque sottostimati».

Costi e servizi Ruocco ha inoltre esposto le difficoltà dei servizi pubblici nel far fronte a questo problema. «Nonostante la regione abbia tre linee guida per il trattamento di queste patologie», ha detto il medico, la rete tra i servizi si sarebbe disintegrata a causa di «un’attitudine dei professionisti a privilegiare il proprio personalismo ed egocentrismo rispetto all’altruismo, alla generosità e alla solidarietà». Ruocco ha poi continuato evidenziando gli alti costi del trattamento. Il trattamento residenziale ha un costo tra i 20mila e i 50mila euro al mese, mentre quello ambulatoriale intensivo, tra i 300 e i 500 euro al giorno. «Per questo – dice il medico – la prevenzione è fondamentale».

Riorganizzazione e prevenzione Ruocco ha quindi avanzato la proposta che l’organizzazione dei servizi per la diagnosi e la cura dei disturbi alimentari sia ricondotta al Dipartimento di salute mentale. «Piuttosto che aumentare i centri, è fondamentale formare il personale con competenze specifiche. Le famiglie necessitano di maggiore sostegno e informazione». In commissione si è anche suggerita l’organizzazione di incontri educativi nelle scuole, università e altre istituzioni, oltre a formazione per insegnanti e altri operatori non specialistici. Un approccio che ha definito «di controcultura al mondo del fitness» e che includa «restrizioni alla pubblicità che promuove immagini corporee e abitudini alimentari malsane». Inoltre, il medico ha criticato i tagli ai finanziamenti per il contrasto ai disturbi alimentari, che sono «spariti dalla legge di Bilancio».

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