ROMA Lei ha suonato la carica. Loro le vengono dietro. Chiuso un intermezzo di apparente tregua, perfino prudenza, durato appena ventiquattro ore, Giorgia Meloni giovedì è tornata a mettere nel mirino i giudici che «vogliono fare politica». Così come la procura di Roma che l’ha messa sotto indagine per il caso Almasri. Fuoco alle polveri.
Ed ecco il suo partito – modalità falange oplita – adeguare subito la linea. Un dossier dell’ufficio studi di via della Scrofa è planato ieri mattina nella casella mail di deputati e senatori di Fratelli d’Italia. Titolo: «Il giallo degli errori su Almasri». Svolgimento: una lunga serie di accuse e sospetti rivolti ai due registi dell’inchiesta giudiziaria della premier. Da un lato la Corte dell’Aia. Dall’altra il procuratore capo di Roma Francesco Lo Voi. Il pm che ha indagato la premier.
ASSEDIO AL PM
C’è ancora lui nel mirino. Con nuovi sospetti sul suo conto. «Qual è il nome candidato dal governo italiano con nota del 9 febbraio 2021 a procuratore della Corte Penale? Il dottor Francesco Lo Voi, ovverosia il procuratore capo di Roma, lo stesso che ha indagato il presidente Meloni, i ministri Nordio e Piantedosi, ed il sottosegretario Mantovano», scrivono nel dossier i parlamentari meloniani. «E qual era il governo in carica all’epoca? C’era Giuseppe Conte che si era dimesso e sbrigava gli “affari correnti”». Insomma c’è stato un tempo in cui Lo Voi, il pm che ha firmato un “atto voluto” – copyright Meloni – è stato vicino a guidare la stessa procura dell’Aia che ha emesso il mandato di cattura di Almasri e così facendo ha infilato l’Italia in una complessa trama giudiziaria e diplomatica.
Coincidenze? “Non credo”, sembrano rispondere i vertici del partito lesti a prendere la mira sul capo dei Cinque Stelle. Conte, che da premier ormai agli sgoccioli – nei giorni della caccia “ai responsabili” in Parlamento – pensò di lanciare Lo Voi alla Corte penale. Poi la cosa non andò in porto. E a dirla tutta riesce difficile immaginare un rapporto privilegiato tra l’avvocato ex premier e il procuratore che nel 2020 lo ha iscritto nel registro degli indagati con l’ipotesi di peculato. Proprio come Meloni e i suoi ministri. Ma tant’è: i dossier studi del partito della premier sono curati da Francesco Filini, deputato in primissima linea e considerato braccio destro del sottosegretario Giovanbattista Fazzolari. Insomma sono documenti con un certo peso per le sorelle e i fratelli d’Italia in Parlamento.
È stata un’altra giornata ad alta tensione tra governo e toghe. Lo Voi in queste ore è il vero obiettivo della maggioranza. Dice la sua anche Matteo Salvini: «Il ponte sullo Stretto è l’unica opera che ancora prima di essere approvata è sotto indagine tra l’altro dallo stesso procuratore che ha inviato l’avviso di garanzia alla presidente Meloni», l’affondo del capo della Lega. Salvini si riferisce a «un avviso contro ignoti» sul tavolo della procura capitolina, «immagino che questo ignoto sia io». Mentre nel centrodestra fioccano proposte per stringere le maglie della legge contro i giudici. Parte Lucio Malan, capogruppo di Fratelli d’Italia al Senato, suggerendo di abolire l’«obbligatorietà dell’azione penale» ai microfoni di Sky Tg24. Salvo poi precisare: «Nessuna volontà di limitare la libertà della magistratura». Elisabetta Gardini, vicecapogruppo di FdI alla Camera, se la prende con l’ex premier dem Paolo Gentiloni che ai tempi «ha accolto in Italia» il trafficante di uomini «Abd al-Rahman al-Milad, noto con il nome di Bija». Ed ecco aggiungersi Raffaele Nevi, deputato a capo della comunicazione di Forza Italia, tentato da una grande rivoluzione: reintrodurre l’immunità parlamentare, «per noi si può discutere di tutto…».
I SOSPETTI SULLA CORTE
Tutto si tiene in queste ore di duello senza sosta tra politica e toghe. Nel dossier riservato di Fratelli d’Italia si ripercorre il lungo viaggio del “torturatore” Almasri in giro per l’Europa e il sottotesto è che la Corte dell’Aia abbia emesso il mandato di arresto solo quando il libico ha fatto ingresso nel territorio italiano per incastrare il governo Meloni.
Tra i bersagli selezionati dal partito spicca allora il procuratore generale della Corte penale, Karim Ahmad, in carica dal 2021. Avvocato con una lunga e prestigiosa carriera alle spalle, tra l’Onu e altri organismi internazionali. Il documento di FdI passa in rassegna i tanti “torturatori” che, da legale, Ahmad ha rappresentato negli ultimi anni. Dall’ex presidente kenyota William Ruto al capo dei ribelli sudanesi Bahr Idriss Abu fino al leader della Liberia Charles Taylor. Poi difende la scelta del governo di rispedire Almasri in Libia su un aereo di Stato. Trattasi di «un soggetto pericoloso» che «doveva essere espulso dall’Italia e riportato nel proprio Paese nelle condizioni di maggior sicurezza possibile e non certo su un volo di linea, magari assieme a famiglie e bambini». La chiusura è ancora dedicata al “complotto” della Corte Penale: «Per quale motivo ha accelerato la richiesta di arresto di Almasri soltanto quando il cittadino libico ha lasciato la Germania per giungere in Italia?». Giudici contro il governo. Si torna sempre lì. Accuse e tensioni che montano dopo il pasticcio sul Almasri.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link