Il progetto di cavo sottomarino, più le opere a supporto, del Tyrrhenian Link, unisce Sardegna e Sicilia, ha sollevato un mare di polemiche. Per fare luce, non solo sul caso sardo, ma sul tema generale della interconnessione abbiamo intervistato il docente Emilio Ghiani.
La necessità di uno scambio ottimale dell’energia per governare l’instabilità delle rinnovabili
L’energia si produce in pochi punti ma poi bisogna trasportarla e distribuirla su tutto il territorio nazionale. Fondamentale è quindi la rete. Esigenza che cresce con le rinnovabili legate a una produzione discontinua e condizionata da intensità di vento e sole.
Per poter attuare la decarbonizzazione è sempre più necessario avere sistemi di interconnessione che permettono di trasferire l’energia prodotta in un territorio con sovrapproduzione di energia ad un altro in carenza.
Questa introduzione sintetica è doverosa in un periodo di forte attacco contro parchi eolici e fotovoltaici, ma anche contro siti destinati alla realizzazione di sistemi di accumulo – anche in Regioni come l’Emilia Romagna per citarne una – e reti di interconnessione.
Il caso mediatico per eccellenza è rappresentato dall’elettrodotto Tyrrhenian Link che interessa Sardegna, Sicilia e Campania.
Come si legge nel sito del ministero dell’Ambiente e sicurezza energetica l’opera prevede la “realizzazione di due linee elettriche sottomarine (una dalla Campania alla Sicilia e una dalla Sicilia alla Sardegna) per un totale di 950 km di collegamento e una capacità di trasporto di 1000 MW in corrente continua”.
Una dispersione del 6,8%, ma in tutta sicurezza
L’obiettivo? Migliorare la capacità di scambio elettrico tra Campania, Sicilia e Sardegna e un più efficace utilizzo dei flussi di energia proveniente da fonti rinnovabili. Nel bilancio bisogna mettere in conto il 6,8% di perdite elettriche, fisiologiche in ogni elettrodotto.
Un dazio da pagare per avere in cambio più sicurezza e procedere verso la transizione energetica. Ma in Sardegna non sono convinti di questo sistema, alcuni non conoscono il tema e altri coltivano forse interessi contrari alla decarbonizzazione, e l’opposizione al Tyrrhenian Link ha assunto toni melodrammatici.
Occupazione del sito, donazione di alberi, piantumazione stile guerrilla gardening contestando il consumo di suolo. Ma si parla di un francobollo di terreno interessato – la stazione di conversione avrà un’estensione di circa 6 ettari – e poche decine di km di cavi a terra e di 471 km di cavo sottomarino. Eppure, soffia forte la protesta alimentata da fake news colossali e al limite del ridicolo.
Parola al docente universitario Emilio Ghiani: “Utile per fermare le centrali a carbone”
Abbiamo sentito la voce della scienza, di chi studia da sempre il tema energetico che è il suo pane quotidiano: Emilio Ghiani, insegna Power System all’Università di Cagliari. Ghiani sottolinea un aspetto fondamentale: il Tyrrhenian Link è necessario per poter far spegnare le due centrali termoelettriche a carbone di Portoscuso e Fiumesanto.
Professore, quali sono i benefici del Tyrrhenian Link
Il collegamento verso la Sicilia è importante per la sicurezza e l’adeguatezza del sistema elettrico sardo e nazionale. Garantirebbe una riserva all’altro collegamento HVDC SAPEI e permetterebbe di uniformare i prezzi dell’energia tra le due isole. Ora sono diversi: la Sardegna fa riferimento al Centro Sud e la Sicilia ha il suo prezzo zonale.
Una conseguenza rilevante per la decarbonizzazione con la realizzazione del cavo?
Se si vogliono chiudere le centrali a carbone sarde è necessario un elemento di rete di riserva al SAPEI. Questo sarebbe rappresentato dal Tyrrhenian Link. Oggi il sistema elettrico sardo si basa su tre perni principali: il cavo elettrico sottomarino SAPEI (acronimo di SArdegna-PEnisola Italiana) e le due centrali termoelettriche e localizzate una al nord e una al sud della Sardegna. Se venissero a mancare questi due siti resterebbe soltanto lo scambio energetico controllabile e dispacciabile del SAPEI, ma questo collegamento non può esistere da solo. In estrema sintesi con il Tyrrhenian Link si potrebbero spegnere le centrali a carbone garantendo i necessari standard di sicurezza e adeguatezza del sistema elettrico.
Le centrali a carbone hanno un impatto ambientale e sanitario, ma sono in tanti a protestare…
A Selargius dove dovrebbe sorgere la stazione a terra si protesta per l’impatto ambientale sul territorio, un territorio in gran parte già compromesso; indubbiamente la nuova stazione di conversione andrebbe ad occupare una ulteriore area in adiacenza all’attuale stazione elettrica, ma il cavo HVDC non lo vedrà nessuno come vale per tutti i cavi ad alta tensione, anche nel punto di approdo di Terra Mala ci sarà un impatto minimo.
L’opposizione al Tyrrhenian Link è solo uno dei tasselli di un movimento contro parchi eolici e fotovoltaici. In queste condizioni sarà possibile centrare gli obiettivi energetici rinnovabili al 2030?
Non sarà possibile, ma non solo a causa dell’opposizione in atto. Il 2030 è dietro l’angolo e tagliare il traguardo è difficilissimo per una questione di autorizzazioni, che non arriveranno in tempo e per i tempi necessari all’approvvigionamento dei materiali necessari per la realizzazione degli impianti (cavi elettrici, quadri elettrici, trasformatori, ecc), soprattutto per quanto riguarda i componenti di alta tensione.
Ci sarà spazio per il gasdotto?
Il gasdotto non si realizza dall’oggi al domani, servono 15/20 anni. La Sardegna già oggi è autonoma dal punto di vista elettrico e le aziende che consumano gas non hanno avuto bisogno della dorsale ma si sono approvvigionate attraverso dei serbatoi e impianti a gas naturale liquido (GNL n.d.r. ).
Su questi temi non si può andare in modo unidirezionale, dovremo diversificare tutte le varie fonti e tecnologie a oggi disponibili. Il gas in Italia non l’abbiamo e il suo approvvigionamento è legato alle situazioni geopolitiche, che sia Russia oggi o Tunisia domani va tenuto in debito conto.
Come mai è cresciuta così tanto l’opposizione a parchi eolici e impianti fotovoltaici?
La comunicazione con le persone non è stata fatta in modo adeguato e questo sta determinando questa resistenza. Si è dormito su questa dimensione e si è così determinato il clima di opposizione generalizzato. Le scelte andrebbero fatte con un processo di analisi costi/benefici, considerando le diverse tecnologie, l’impatto ambientale di tutto il ciclo di produzione e del funzionamento successivo, pensando agli effetti non solo su di noi, sull’Italia, sull’Europa ma su tutto il pianeta.
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