tra puerilismo giuridico e scelleratezza, inverosimili i reati dei Ministri del Governo Meloni.

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Inutile girarci intorno: non c’è né peculato, né favoreggiamento personale da parte di Giorgia Meloni.

Per di più, essendoci il segreto di stato la questione è morta e sepolta.

È deplorevole registrare come un esposto (non denuncia), basato su notizie di giornale (quindi fatti pubblicamente riportati alla fede sociale) sia considerato, senza oggettivizzazione giuridica (che è cosa diversa dal dire che occorra una indagine – la peraltro non può fare il procuratore ma il tribunale dei ministri), elemento sufficiente alla iscrizione a notizia di reato.

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La questione Almasri è tutta qui: un polverone totalmente inutile.

Primo perché a monte c’è una scelta politica che, per sua natura, non è sindacabile dall’Autorità giudiziaria a meno che non abbia riflessi illeciti. Quindi sarebbe sindacabile solo il fatto in quanto eventuale reato commesso (consequenzialmente, perseguendo quest’ultimo).

Stando ai fatti riportati dalla stampa nazionale, dall’esposto fatto alla procura si ipotizzano i reati di peculato e favoreggiamento personale.

Quanto al primo, davvero in pieno puerilismo giuridico e non, l’art. 314 codice penale tipizza: “Il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, che, avendo per ragione del suo ufficio o servizio il possesso o comunque la disponibilità di denaro o di altra cosa mobile altrui, se ne appropria, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni e sei mesi. Si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni quando il colpevole ha agito al solo scopo di fare uso momentaneo della cosa, e questa, dopo l’uso momentaneo, è stata immediatamente restituita”.

Come può notarsi dalla semplice lettura della norma, affinché vi sia peculato occorre che il soggetto si appropri, anche momentaneamente, del bene avente in ragione del proprio ufficio: esempio, l’aereo usato per il rimpatrio di Almasri.

Non solo si tratta di puerilismo giuridico, ma di scelleratezza umana: considerare che possa minimamente essere verosimile un reato del genere nel contesto in cui hanno operato Giorgia Meloni e i ministri coinvolti nella vicenda è assurdo.

Appropiarsi di una cosa è concetto diverso dall’usare la stessa per un fine non privatistico (ma di stato).

Ed infatti a monte del discrimine c’è la scelta politica da cui se ne ricava la ragione pubblica dell’operazione di rimpatrio di Almasri.

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Su questo è stato apposto, come detto, il segreto di stato.

Pertanto, il caso giuridico è chiuso e quello politico non è mai sorto.

Parlando del favoreggiamento personale, poi, siamo al risibile oltre il puerilismo giuridico: nell’art. 378 del codice penale si afferma che “Chiunque, dopo che fu commesso un delitto per il quale la legge stabilisce l’ergastolo o la reclusione, e fuori dei casi di concorso nel medesimo, aiuta taluno a eludere le investigazioni dell’Autorità, comprese quelle svolte da organi della Corte penale internazionale, o a sottrarsi alle ricerche effettuate dai medesimi soggetti, è punito con la reclusione fino a quattro anni…”.

Dall’esposto arrivato in procura si dedurrebbe che l’aver disposto il rimpatrio e prima ancora il non aver risposto alla Corte penale internazionale (non è comprensibile ancora in che senso da quanto si legge in questi giorni sulla stampa) da parte del ministero competente avrebbe, sostanzialmente, aiutato la non cattura di Alamsri e la consegna alle Autorità sovranazionali.

Davvero basta leggere l’articolo del codice penale una volta per rendersi conto di un fatto: se non fosse stato dichiarato il segreto di stato sulla vicenda, anche il favoreggiamento personale sarebbe alquanto inverosimile.

Come può il Governo italiano aver potuto aiutare ad eludere le investigazioni dell’Autorità internazionale se i fatti commessi sarebbero del 2011 ed accaduti in Libia: non in Italia. Quindi con l’ovvia conseguenza che l’Autorità internazionale avrebbe già tutto il quadro di elementi accusatori poiché quest’ultimi raccolti nel tempo ed in prevalenza in Libia e che solo nella remota (e impensabile) ipotesi non li avesse, ciò sarebbe un fatto gravissimo dopo 14 anni dal verificarsi dei fatti medesimi (e allora avrebbe senso chiedere spiegazioni alla Corte penale internazionale stessa di tanto ritardo). E ancora in quest’ultimo caso, sarebbe da chiedersi se il Governo fosse stato avvisato che l’arresto di Almasri era in ragione di una raccolta probatoria ulteriore e non solo per motivi di sicurezza o pericolosità sociale?

Che motivo soggettivo avrebbe avuto il Ministro Nordio poi di favorire Almasri sul piano giuridico cautelare (cioè evitarne l’arresto)? Non è dato sapersi.

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Dobbiamo ricordare, infatti, che la responsabilità penale è personale e si basa sul dolo (cioè sulla consapevolezza di commetterli per un fine illecito) rispetto ai reati di cui stiamo parlando.

Detto ciò, non sin comprende ancor di più perché mai vi sia stata una così facile iscrizione dei fatti nel registro delle notizie di reato essendo il fatto così inverosimile che non avrebbe meritato tutto questo caos e clamore (insulso); fatto che inverosimile, quest’ultimo, che fa solo danno al nostro Paese sia all’estero che all’interno dei confini in termini di credibilità delle istituzioni.

Infine, se proprio qualcosa non va, diciamolo chiaramente, è la velocità con cui un esposto così inverosimile sia stato posto all’attenzione quando ci sono cittadini che denunciano da anni (provare per credere) e non hanno neanche notizia di una destinazione nella pattumiera della stessa denuncia.

E non ci si venga a dire che mancano risorse per la giustizia, manca il personale, ecc.

Qui manca che ognuno paghi di tasca propria quando sbaglia.

 

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