“Torniamo ad attuare l’art.119 della Costituzione”

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XIII Conferenza annuale IFEL. Sintesi degli interventi del Presidente Canelli, del Direttore Galeone e del Vice Direttore Ferri

“E’ necessaria un’agenda dei Comuni per gli investimenti per prepararsi al post PNRR. Lo stesso Ministro Foti ha dichiarato che non saranno chieste proroghe alla tempistica del Piano in sede europea. Mi chiedo che ne è stato del “federalismo fiscale” che doveva legare prelievo e spesa, obiettivi e risultati, autonomia e responsabilità?”. Questa la premessa di Alessandro Canelli, Presidente di IFEL, alla giornata di lavori della tredicesima edizione della Conferenza IFEL sulla Finanza Locale organizzata come consueto a Roma.

“Sono passati ben 16 anni dalla legge 42/2009 per l’attuazione del rinnovato art.119 della Costituzione italiana del 2001. Una legge di attuazione non attuata – ha ricordato il sindaco di Novara nonché responsabile finanza locale di Anci- E’ ora di tornare alla sua completa attuazione. Apriamo questa nuova fase provando a rimettere ordine in questo assetto. Lo stesso piano strutturale di bilancio contiene l’impegno a realizzare azioni di riforma e di investimento nei campi della riforma fiscale, promozione della compliance volontaria a costi ridotti e contrasto all’evasione, riforma della PA nel merito e a favore delle nuove competenze, per il miglioramento della programmazione e del governo della spesa pubblica”.

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Sintesi dell’intervento del Direttore Pierciro Galeone.

“Quella del 2025 è la prima legge di bilancio sottoposta alle regole del nuovo Patto di stabilità europeo la cui attuazione avviene attraverso un piano strutturale che traccia una traiettoria di riduzione del deficit e del rapporto debito/PIL e prevede nuovi meccanismi di monitoraggio basati sulla spesa primaria netta. Proprio perché ci troviamo all’esordio di una nuova fase per la finanza pubblica italiana, anche questa segnata da una forte incidenza del contesto dell’Unione Europea, proviamo guardare alla situazione della finanza locale comunale nella sua evoluzione e nelle sue prospettive. Del resto le fasi che hanno segnato la finanza locale negli ultimi decenni sono state segnate da politiche italiane influenzate e, a volte, dettate da vicende europee. Anche se la traduzione domestica, lasciata alla discrezionalità delle istituzioni nazionali, ha colpito in modo sproporzionato nelle quantità e nel contraddittorio le regole della finanza locale. La fase aperta con il nuovo patto di stabilità europeo appare assai impegnativa per il complesso della finanza pubblica. Occorre tuttavia cogliere l’opportunità di una programmazione pluriennale delle grandezze di bilancio, innanzitutto per evitare gli errori del passato. Cerchiamo di rimettere la finanza locale su binari sostenibili. Partiamo dallo stato attuale come ce lo restituiscono gli esiti delle diverse fasi politiche finanziarie succedutesi negli anni. Una struttura che presenta limiti e contraddizioni che ostacolano in modo decisivo l’esercizio dell’autonomia di entrata e di spesa secondo il dettato costituzionale.

Tornare alla Costituzione, all’art.119 sulla finanza territoriale, significa lavorare, in modo sostenibile e progressivo ma tenendo una rotta chiara e coerente, su alcune linee prioritarie. Non si tratta di una mera difesa delle prerogative delle istituzioni locali garantite dalla Costituzione, si tratta di permettere ai Comuni di dare il loro contributo allo sviluppo del Paese perché lo sanno fare. Se messi in condizione di operare, le istituzioni locali possono dare un contributo fondamentale agli obiettivi nazionali. Non c’è solo bisogno di una spesa sotto controllo ma anche, forse soprattutto, di sviluppo e crescita per dare alle finanze pubbliche una prospettiva solida”.

Sintesi dell’intervento del vice direttore Andrea Ferri.

“I Comuni hanno fortemente subìto nello scorso decennio la tendenza a scaricare sugli enti locali gli oneri della convergenza della finanza pubblica su binari di compatibilità e sostenibilità generali. La Grande crisi finanziaria del 2010-2015 ha comportato sacrifici di proporzioni inedite, oltre 8 miliardi di tagli e circa 3,5 mld di maggiori restrizioni da patto di stabilità interno. Il peso della spesa comunale sul totale della spesa pubblica è passato dall’8,2 al 6,5, a fronte di un incremento di numero e complessità delle funzioni svolte mentre la maggiore leva fiscale concessa con il passaggio dall’ICI all’IMU è stata pressoché totalmente erosa dalla necessità di mantenere i livelli di servizi a fronte dei tagli alle risorse da trasferimento.

I tagli e gli accantonamenti obbligatori introdotti tra il 2024 e il 2025 ammontano a oltre 2 mld di euro nel quinquennio 2025-29 e sono di fatto inseriti nella cornice della nuova governance economico-finanziaria europea, che richiede di tenere sotto controllo la spesa. Il nuovo meccanismo di contenimento introdotto dalla legge di bilancio produce un’asimmetria di effetti sulla spesa corrente: i Comuni in avanzo potranno contare su qualche effetto di sostituzione tra utilizzo degli avanzi e sacrificio da accantonamento, mentre quelli in disavanzo saranno costretti a ripianare più velocemente con un ulteriore e rigido razionamento di parte corrente.

In queste condizioni la perequazione delle risorse risulta marginale e inefficace. Non produce risultati apprezzabili per la gran parte dei piccoli Comuni, anche delle aree interne svantaggiate, classifica tra i più dotati non pochi enti in forte sottodotazione di risorse, agisce sulla base di regole tecniche poco leggibili e non tiene conto di elementi fondamentali nella gestione corrente locale, quali l’indebitamento e il ripiano di disavanzi. Un sistema che dovrebbe quindi essere profondamente ripensato, anche in vista del 2030, quando si completerà il percorso di “standardizzazione” delle risorse.

Infine, il federalismo regionale rischia di introdurre ulteriori vincoli ed incertezze sull’autonomia finanziaria dei Comuni. Già con le ipotesi di “fiscalizzazione” dei trasferimenti statali alle Regioni a statuto ordinario, che dovrebbero essere trasformati in quote di compartecipazioni a tributi erariali, vediamo il rischio di assorbimento di ingenti quote di trasferimenti vitali per il finanziamento di funzioni fondamentali dei Comuni in materia sociale, scolastica e di trasporto pubblico. I rischi di frammentazione degli spazi di autonomia locale aumentano nella prospettiva del federalismo differenziato, che dovrà tener conto della tutela necessariamente nazionale dell’autonomia finanziaria dei Comuni.

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Nel breve termine, l’esigenza di difendere ed ampliare i margini di flessibilità essenziali per l’autonomia comunale, può trovare sistemazione su alcune linee di intervento da considerare con la giusta attenzione e come nuove opportunità. Penso alla riforma del TUEL, che finora non è riuscita ad andare oltre l’istruttoria di una legge delega e che dovrebbe essere preceduta da una serie di interventi puntuali ma di ampia portata, all’attuazione della Delega fiscale, alla quale si deve chiedere l’ambizione di produrre un reale ravvicinamento della fiscalità locale al disegno costituzionale, alla nuova contabilità economico-patrimoniale accrual, che dovrebbe, in primo luogo, vedere una vera fase di sperimentazione di valutazione dei costi e inoltre portare a significative semplificazioni nella gestione contabile. Infine, la digitalizzazione in corso che dovrebbe più fortemente sostenere i cambiamenti  necessari nell’organizzazione locale (oltre che dei servizi al cittadino), con incentivazioni  e accentuando l’impegno per la standardizzazione dei sistemi informativi e la loro interoperabilità”.

 





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