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Sassari Il filtro territoriale non funziona e sui principali hub sanitari della Sardegna si riversano i pazienti a valanga. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la capacità di accoglienza non riesce a far fronte alla domanda di cure. Perciò reparti in overbooking, posti letto strasaturi, pazienti parcheggiati anche su entrambi i lati dei corridoi, letti aggiuntivi che mettono a dura prova la capienza dei locali e la privacy dei malati.
A Sassari le visite dei parenti sono temporaneamente off-limits, perché il sovraffollamento in un reparto come oncologia o patologia medica può trasformarsi in un terreno fertile per i virus. E ancora liste d’attesa impantanate, appuntamenti per un risonanza a oltre un anno, e gli utenti del nord Sardegna costretti a migrare negli ospedali cagliaritani per ottenere degli esami diagnostici in tempi umani. Insomma, uno scenario esplosivo della Sanità che la Regione deve gestire con estrema urgenza.
A metà gennaio la giunta Todde ha nominato il Responsabile unico dell’assistenza sanitaria, e gli ha messo a disposizione un ufficio e uno staff di supporto all’interno dell’assessorato. Ad accettare a titolo gratuito questa mission impossibile, è Luigi Minerba, 67 anni, docente universitario di metodologie statistiche e statistico-epidemiologiche all’università di Cagliari, già assessore alle politiche sociali del comune e direttore dell’area socio-sanitaria di Cagliari al tempo dell’Ats.
Masochismo o spirito missionario?
«Gli amici propendono per la prima. Io preferisco la seconda opzione. O meglio: direi che ho accettato soprattutto per senso di responsabilità».
Situazione al limite, con ospedali in estrema sofferenza e rete territoriale che non li aiuta. Cercherà di intervenire anche su questo fronte?
«Il mio focus saranno le liste di attesa, ma il rafforzamento dei servizi territoriali è cruciale su tutti gli ambiti. Io sono del parere che i piccoli presìdi devono entrare nei grandi ospedali. Mi spiego meglio: la rete territoriale deve essere sicuramente potenziata e bisogna stanziare risorse in modo che il paziente possa trovare una risposta a corto raggio. Altrimenti l’unico approdo diventa il grande pronto soccorso, che è la porta di ingresso degli ospedali. Ma se la piccola struttura sanitaria non fosse in grado di offrire terapie adeguate, deve comunque prendere in carico il paziente avviando uno stretto dialogo e collaborazione con l’hub principale nel quale viene dirottato. In questo senso il piccolo presidio entra nel grande ospedale. E quando il malato risolve la fase acuta, è immediatamente pronto ad accoglierlo per la degenza. Questo è il modo migliore per svuotare i corridoi degli ospedali dalle barelle e i reparti dai letti in appoggio».
Le lunghe liste d’attesa annullano la prevenzione e troppo spesso i malati arrivano negli ospedali con patologie in fase avanzata. Accorciare i tempi per le visite e gli esami diventa strategico.
«Le priorità che mi sono posto sono queste: migliorare il sistema di prenotazione. Ripartiremo con una nuova gara per il Cup, e l’obiettivo è fornire un servizio pro-attivo: se un paziente chiama ed il centro non individua sul momento una data utile, l’operatore deve prendere in carico quel paziente finché non trova un appuntamento. Il cup inoltre va riqualificato valorizzando il patrimonio di professionalità degli operatori che lavorano quotidianamente. Non credo che aumentare l’offerta di prestazioni possa risolvere i tempi di attesa: la domanda saturerebbe subito le nuove caselle. Piuttosto bisogna lavorare sull’appropriatezza delle prescrizioni, e i medici di base avranno un ruolo chiave nel richiedere gli esami corretti. Gli specialisti dovranno supportarli e alleggerire il loro carico burocratico, per esempio avviando i percorsi diagnostici e terapeutici: se io soffro di una patologia cronica, e in Sardegna ce ne sono diverse, non devo ogni volta programmare la visita, andando dal mio medico di base, chiedere l’impegnativa e poi chiamare il Cup e sperare in un appuntamento a breve. Devo invece essere preso in carico una volta per tutte, con un calendario di visite già fissate nel tempo».
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