Ci siamo. Domani, sabato primo febbraio, è D-Day: . il Giorno dei Dazi. Forse. Con Donald Trump dobbiamo abituarci a navigare a vista, le certezze non esistono. Comunque è lui ad avere fissato questa scadenza, promettendo dazi del 25% sui due paesi confinanti, nonché maggiormente integrati con l’economia Usa: Canada e Messico.
Benché siano legati da un trattato, Usmca, che regola il mercato unico nordamericano, il presidente degli Stati Uniti può invocare circostanze speciali e leggi ad hoc per colpire le importazioni dal Canada e dal Messico con delle tasse doganali o dazi. (Qui sopra ho usato il termine D-Day, dall’iniziale della parola dazi in italiano, per tentare di contrastare la traduzione sbagliata di Tariffs con «tariffe». In inglese sarebbe T-Day, o Tariff-Day, ma si tratta di tasse doganali e non di tariffe, che nella nostra lingua indicano dei prezzi).
Il test di questo sabato è atteso con trepidazione anche da molte aziende italiane, benché nell’immediato l’Unione europea non sia nel mirino delle prime mosse annunciate da Trump. Quel che lui farà con Messico e Canada però può fornire indicazioni utili anche per l’Unione europea e quindi per il made in Italy. Forse.
In particolare, domani potremmo avere una risposta provvisoria ai seguenti interrogativi. Per Trump i dazi sono principalmente uno strumento di pressione per ottenere qualcos’altro, contropartite su altri terreni? O sono invece un fine in sé, per riassorbire gli squilibri commerciali, o per incassare gettito fiscale, o per reindustrializzare il proprio paese?
Al momento, 24 ore prima del D-Day, molti osservatori sembrano propendere (cautamente) verso la prima interpretazione: i dazi sono negoziabili, la Casa Bianca può rinunciare a usarli, se strappa concessioni significative. Incoraggia questa interpretazione quel che è accaduto con il breve braccio di ferro Washington-Bogotà, quando Trump ha minacciato il presidente colombiano di imporre dazi del 25% sulle importazioni (caffè, petrolio, fiori) e poi non lo ha fatto perché la controparte ha accettato di riprendersi i migranti illegali.
Lo stato dell’arte a 24 ore dal D-Day è riassunto nelle analisi che vi riporto di seguito: una sintesi di notizie dalle agenzie di stampa e dal quotidiano economico The Wall Street Journal.
La situazione in queste ore è fluida. Trump potrebbe ancora mantenere la sua promessa di imporre dazi del 25% su tutti i prodotti importati dai due principali partner commerciali degli Stati Uniti. Il presidente ha dichiarato che lo farà entro sabato. Tuttavia, a fronte di negoziati in corso con il Canada e il Messico, l’Amministrazione sembra indecisa sull’imporre dazi su tutte le importazioni da quei paesi. Si sta preparando a optare per misure più mirate.
Trump è probabilmente intenzionato ad annunciare qualche tipo di azione entro domani, ma potrebbe riguardare solo alcuni settori, come l’acciaio e l’alluminio. Potrebbe prevedere importanti esenzioni, come il petrolio. L’Amministrazione potrebbe anche annunciare un periodo di sospensione prima che i dazi vengano effettivamente applicati. Questo consentirebbe di continuare i negoziati con i vicini.
Gli Stati Uniti sono sotto pressione da parte di imprese e sindacati, secondo cui i dazi ostacolerebbero le catene di approvvigionamento continentali, aumenterebbero i prezzi, e incrementerebbero la dipendenza da regimi avversari come la Cina e il Venezuela. Trump ha detto che i dazi entreranno in vigore se i paesi non faranno sul serio per fermare la migrazione e il traffico di droga attraverso i confini statunitensi.
Howard Lutnick, candidato di Trump per il ruolo di segretario al Commercio, ha detto ai legislatori che se Canada e Messico dovessero soddisfare le richieste di Trump per limitare la migrazione e il traffico di droga “non ci saranno dazi”. Ha quindi descritto la minaccia dei dazi come uno strumento per indurre quei governi ad agire.
Alcuni esponenti dell’Amministrazione hanno affermato che Canada e Messico stanno facendo progressi nel soddisfare le richieste di Trump, e in linea di principio questo permetterebbe di evitare i dazi immediati.
Il ministro canadese David McGuinty ha dichiarato che il suo governo sta negoziando con gli Stati Uniti per creare una nuova «task force nordamericana contro il Fentanyl».
Il Messico ha creato un gruppo di lavoro con l’Amministrazione Trump sui problemi migratori, che sarà successivamente ampliato per coprire altre aree della relazione bilaterale. Lo ha dichiarato lunedì la presidente messicana Claudia Sheinbaum. Fonti statunitensi hanno detto che il suo governo sta cooperando con le richieste di Trump sul confine meridionale e ha accettato di ricevere i migranti non messicani espulsi che cercano asilo negli Stati Uniti, una concessione significativa.
Questi sforzi convergono con le pressioni da parte di varie industrie americane e dei sindacati dipendenti da catene di approvvigionamento che attraversano i confini statunitensi, dall’automobile all’acciaio. Il sindacato dei siderurgici United Steelworkers, i cui membri hanno aiutato Trump a essere eletto nel Midwest, ha chiesto una marcia indietro sui dazi generalizzati. Ha sottolineato l’importanza del petrolio canadese, facendo notare che circa 30.000 lavoratori iscritti al sindacato sono impiegati in impianti che utilizzano greggio canadese.
Nel frattempo, però, l’industria siderurgica spinge affinché vengano ripristinati i dazi su acciaio e alluminio messicani e canadesi, che erano stati rimossi nel 2019 durante i negoziati per l’accordo di libero scambio fra i tre paesi nordamericani.
Sebbene il ripristino di dazi limitati all’acciaio possa evitare le peggiori conseguenze dei dazi generali, non è privo di rischi. Nel 2018, il Messico rispose ai dazi statunitensi su acciaio e alluminio con dazi propri, che colpirono prodotti statunitensi dall’acciaio alla carne di maiale, formaggi, mele e Bourbon, concentrandosi su prodotti made in Usa che provengono da bastioni elettorali dei repubblicani.
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