Nuova rottamazione quinquies delle cartelle: tutti gli svantaggi

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La nuova rottamazione delle cartelle esattoriali, la cosiddetta “rottamazione quinquies”, può sembrare un’opportunità allettante, ma nasconde insidie e svantaggi che è fondamentale conoscere prima di aderirvi.

Il Governo italiano sta per varare l’ennesima edizione della rottamazione delle cartelle esattoriali, la “rottamazione quinquies”. Come per le precedenti versioni, questa misura si presenta come un’occasione per sanare i propri debiti con il fisco, eliminando sanzioni, interessi e oneri di riscossione. Tuttavia, è importante valutare attentamente tutti gli svantaggi della rottamazione quinquies prima di aderire, per evitare di cadere in una trappola assai insidiosa.

In questa guida, pertanto, analizzeremo in modo critico e approfondito gli aspetti negativi di questa nuova “sanatoria” dei debiti fiscali, fornendo ai contribuenti gli strumenti per una scelta consapevole.

 Quali sono le caratteristiche principali della rottamazione quinquies?

Secondo le indiscrezioni che trapelano, la rottamazione quinquies consentirà di definire in modo agevolato i debiti iscritti a ruolo fino al 31 dicembre 2023, versando solo il capitale, senza sanzioni, interessi e aggio di riscossione. La prima cosa da fare è, quindi, verificare qual è l’importo che viene cancellato aderendo al “concordato”. Difatti, se si tratta di debiti recenti, la componente degli interessi è davvero minima.

Conto e carta

difficile da pignorare

 

La rottamazione non è un atto di generosità da parte dello Stato, ma una strategia per recuperare crediti assai difficili da riscuotere. Del resto l’Erario non è la Caritas, e le rottamazioni vengono proposte solo quando c’è un magazzino di crediti inesigibili o difficilmente recuperabili: una sorta di inutile peso morto, di cui lo Stato vorrebbe liberarsi.

È un po’ ciò che succede quando un negozio di abbigliamento fa i saldi di fine stagione, o le vendite promozionali: così svuota a basso prezzo le rimanenze della merce che nessuno aveva comprato e che altrimenti rimarrebbero giacenti. Ecco perché si fa credere al contribuente di venirgli incontro, quando invece è il contribuente che va incontro al fisco, un po’ come la vittima che viene attirata nelle spire di un serpente da cui poi viene soffocato e stritolato.

Del resto, se l’Agenzia delle Entrate avesse avuto la possibilità di recuperare queste somme, o avesse trovato un modo semplice ed economico per farlo, non avrebbe certo aspettato che il contribuente pagasse spontaneamente: anzi, dopo il sessantesimo giorno dalla notifica della cartella era già pronto a pignorare il conto corrente e a prendersi il quinto dello stipendio o della pensione.

Se invece l’Agenzia delle Entrate Riscossione, nonostante i grossi poteri di cui dispone, non è riuscita dopo diversi anni a recuperare il credito attraverso le procedure ordinarie, significa che il contribuente è probabilmente nullatenente o che i suoi beni sono impignorabili come nel caso della prima casa o della pensione sotto il “minimo vitale” che, per la cronaca, è attualmente pari a 1.077 euro al mese: molti pensionati italiani sono al di sotto di tale cifra e dunque non possono essere toccati.

Quali sono i rischi della rottamazione quinquies?

La domanda che bisogna porsi prima di aderire alla nuova rottamazione è: perché farlo? Per non lasciare debiti ai figli? Ma a quel punto, per loro sarà sufficiente rinunciare all’eredità per non rispondere dei debiti dei genitori. Non costa nulla farlo, e anzi conviene se i debiti (fiscali o di altro genere) lasciati dal defunto superano il valore del suo patrimonio attivo.

C’è poi un secondo aspetto da considerare. La nuova riforma firmale prevede che dopo cinque anni Agenzia Entrate Riscossione debba fare il discarico della cartella non riscossa. Il ruolo viene quindi restituito all’ente creditore (ad esempio l’Agenzia delle Entrate o l’Inps). E ciò vale anche se un giorno prima era stato notificato un sollecito di pagamento. Questo significa che il contribuente non subirà alcun’altra notifica o tentativo di pignoramento. Sicché, in assenza di atti interruttivi, il debito andrà in prescrizione automaticamente da solo, come la barca alla deriva. Di tutto questo ti abbiamo parlato ampiamente nell’articolo: “Che succede a chi non può pagare le cartelle esattoriali?“.

Ma – tornando a noi – che succede se, ingenuamente, si cade nella trappola della rottamazione e si presenta la domanda per aderire a quella che sembra una facile opportunità da cogliere? Succede che i termini di prescrizione si azzerano a decorrere dalla presentazione della domanda e da quel momento ricominciano a decorrere da capo.

Ecco la fregatura: se il contribuente per qualsiasi ragione non riesce più pagare le rate, dovrà attendere di nuovo 10 anni per le imposte dovute allo Stato, e 5 anni per quelle ai Comuni, alle Province e alle Regioni, prima che il suo debito fiscale cada in prescrizione.

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A chi non conviene la rottamazione quinquies?

Ecco perché per chi ha una cartella che scade tra qualche anno, presentare una richiesta di rottamazione potrebbe essere svantaggioso: significa, infatti, resettare tale termine di prescrizione, che altrimenti avrebbe continuato a decorrere, e così e avere, per parecchi altri anni ancora, il fiato del fisco sempre sul collo.

Se la cartella è prossima alla prescrizione, è più conveniente attendere la maturazione del termine anziché aderire alla rottamazione e così azzerare quei termini facendoli ripartire dall’inizio.

Quindi – e fermo restando che i progetti di elaborazione della rottamazione quinquies sono ancora in corso, quindi manca una versione definitiva, che non è stata ancora messa nero su bianco – prima di aderire a qualsiasi proposta del genere, bisogna riflettere con attenzione e consultare un esperto, come il proprio commercialista o avvocato di fiducia, per valutare se la rottamazione fa davvero al caso proprio.



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