Mafia a Vieste, giudizio immediato per Raduano, Troiano e sodali

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Giudizio immediato per l’ex boss viestano Marco Raduano e per la rete di fiancheggiatori che, secondo l’accusa, favorì la sua latitanza dopo la clamorosa evasione dal carcere di massima sicurezza di Nuoro.

Lo ha stabilito la gup del Tribunale di Bari, Gabriella Pede, accogliendo la richiesta del pubblico ministero titolare dell’indagine. Insieme a Marco Raduano e al suo braccio destro Gianluigi Troiano, entrambi collaboratori di giustizia, sono imputati a vario titolo nel procedimento i viestani Michele Gala, detto “Pinguino”, Antonio Germinelli, Domenico Antonio Mastromatteo, detto “Pescecane”, Michele Murgo  detto “U bell” o “Il Londinese”, Marco Rinaldi, detto “Il  Veneziano” e Matteo Colangelo, unico destinatario degli arresti domiciliari.

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La data del giudizio immediato è fissata al 10 aprile, dinanzi al Tribunale di Foggia in composizione collegiale, ma le difese (avvocati Salvatore Vescera, Paolo D’Ambrosio, Edgardo Giuseppe Gallo e Carlo Alberto Mari del Foro di Foggia, con Gianmaria Daminato del foro di Venezia e Pasquale Crea del foro di Treviso) potrebbero avanzare, nel termine dei 15 giorni dalla notifica dell’atto, richiesta di giudizio abbreviato che sposterebbe il processo dinanzi al gup di Bari e garantirebbe agli imputati lo sconto di un terzo della pena.

Fiancheggiatori di Raduano arrestati: così hanno favorito la latitanza del boss 

AIUTI AL BOSS LATITANTE | Gala, Murgo, Germinelli e Mastromatteo sono accusati “di aver, a vario titolo ed in concorso tra loro e con altre persone, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, fornito e garantito a Raduano Marco appoggi logistici e coperture, ospitalità anche per il tramite di terzi, apparecchi telefonici anche criptati con cui intrattenevano contatti frequenti, autovetture apparentemente “pulite”, denaro e beni di ogni genere, informazioni sulle ricerche delle forze dell’ordine, aiutandolo a sottrarsi alle ricerche dell’autorità giudiziaria e all’esecuzione della pena”. Il tutto con l’aggravante di “avvantaggiare l’associazione mafiosa di appartenenza riconducibile a Raduano Marco, quale articolazione operativa su Vieste del clan Lombardi/Ricucci/Latorre, evitando l’arresto di Raduano e consentendo al gruppo di poter fare affidamento sullo stesso Raduano per continuare ad operare sul territorio”.

TRAFFICO TRANSNAZIONALE | Ancora Raduano, Troiano, Rinaldi e Mastromatteo sono accusati di aver spedito, trasportato e distribuito “8,5 kg di hashish (con principio attivo puro pari a kg 2,388 e n. 95533 dosi ricavabili) e 2,3 kg di marijuana (con principio attivo puro pari a g. 364, 866 e n. 14594 dosi ricavabili), dalla Spagna verso Vieste, occultati all’interno di un pacco composto da due colli”. Secondo la ricostruzione dell’accusa, Raduano e Troiano, in quel momento latitanti, “curavano la spedizione del pacco dalla Spagna a Mestre (da destinare poi a Vieste)”. Rinaldi si occupava di ritirare il pacco (due colli) una volta arrivato a Mestre, per poi spedirlo in direzione Vieste e Mastromatteo, in quanto destinatario finale della spedizione, smerciava poi lo stupefacente agli spacciatori sul territorio. Il tutto “con l’aggravante della transnazionalità in quanto si avvalevano del contributo di un gruppo criminale organizzato composto da narcotrafficanti operanti in Spagna e Marocco, da cui acquistavano la sostanza stupefacente” e “con l’aggravante dell’agevolazione mafiosa” per favorire il clan riconducibile a Raduano “permettendone di fatto la operatività malgrado lo stato detentivo e di latitanza dei suoi vertici; in particolare, consentendo di continuare a mantenere il controllo sul settore criminale del narcotraffico nel territorio di Vieste e beneficiare dei relativi introiti”.

ATTO INCENDIARIO | Nello stesso procedimento, confluisce l’atto incendiario avvenuto a Vieste, nell’ottobre del 2023, quando venne data alle fiamme l’auto della madre di un collaboratore di giustizia. Per il fatto, sono chiamati a rispondere Raduano (in qualità di mandante), Germinelli e Colangelo (come esecutori). Il capo d’accusa recita: “per avere, in concorso tra loro, appiccato il fuoco al veicolo Nissan Qashqai” appartenente alla madre del collaboratore di giustizia Orazio Coda, “provocandone l’incendio e il danneggiamento della parte anteriore del mezzo, con il fine di vendicarsi per il fatto che il predetto era divenuto collaboratore di giustizia”. Il tutto “con l’aggravante del metodo mafioso e per agevolare l’associazione mafiosa di appartenenza riconducibile a Raduano Marco, quale articolazione operativa su Vieste del clan Lombardi/Ricucci/Latorre, permettendone di fatto la operatività malgrado lo stato detentivo e di latitanza dei suoi vertici; in particolare, consentendo di continuare a mantenere il controllo del territorio, mediante la forza di intimazione che ne deriva dal vincolo associativo, al fine di prevenire ed scongiurare forme di collaborazione con la giustizia”.

“Tappate la bocca a questo”

Nel procedimento, sono state individuate come parte offesa il Ministero della Giustizia, presso l’Avvocatura dello Stato, il Comune di Vieste, il Ministero della Salute e la vittima dell’atto incendiario.



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