Lo scontro tra Trump e Petro sui rimpatri e le sue conseguenze

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Una crisi diplomatica improvvisa è esplosa tra il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, e il suo collega colombiano, Gustavo Petro. La scorsa domenica, Petro ha annunciato di aver rifiutato l’atterraggio di due aerei militari statunitensi che stavano riportando immigrati colombiani dagli Stati Uniti. Il presidente colombiano ha dichiarato tramite un post su X che “un migrante non è un criminale e deve essere trattato con la dignità che ogni essere umano merita. Non posso costringere i migranti a restare in un Paese che non li vuole; ma se quel Paese li rimanda, deve farlo con dignità e rispetto verso di loro e verso il nostro Paese. Su aerei civili, senza trattarli come criminali, accoglieremo i nostri connazionali. La Colombia si rispetta.”

Petro, infatti, non è contrario al rimpatrio in sé—dato che simili rimpatri sono avvenuti anche durante tutta l’amministrazione Biden—ma ha fortemente criticato le condizioni disumane con cui vengono trattati i migranti, ammanettati e trasportati su aerei militari anziché civili.

Il rifiuto della Colombia fa infuriare Trump

Il rifiuto di Petro ha innescato una pronta reazione da parte del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, che ha temporaneamente chiuso la sezione visti dell’ambasciata di Bogotà, per poi riaprirla il giorno successivo. La risposta di Trump, tuttavia, è arrivata solo successivamente, con un lungo post su Truth Social, in cui ha minacciato di imporre tariffe fino al 50% sulla Colombia e sanzioni contro i dirigenti colombiani e i loro affiliati. Non intimorito dalle misure minacciate per punire la sua insubordinazione, Petro ha replicato che avrebbe imposto le stesse tariffe sui prodotti USA.

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Il braccio di ferro di Petro non è durato a lungo. La vicenda si è risolta rapidamente, già nella serata di domenica, senza conseguenze durature. L’amministrazione USA e il ministro degli Esteri colombiano, Luis Gilberto Murillo, hanno rilasciato comunicati stampa in cui ciascuno rivendicava il proprio successo nella gestione dell’incidente. Da un lato, Trump, che fatica a concretizzare le promesse di portare la pace, ha invece continuato a sfoggiare la linea dura nei confronti degli immigrati irregolari, un tema centrale della sua piattaforma. Dall’altro lato, Petro ha ottenuto il successo di aver riportato i migranti su aerei civili e senza manette, “liberi e dignitosi… nella loro patria dove sono amati”, come ha scritto in un altro post su X.

Fallito il progetto di Petro

Tuttavia, questo trionfo non allevia il peso per Petro di vedere sgretolarsi proprio in questi giorni il suo ambizioso progetto di “paz total”, l’iniziativa lanciata durante la campagna elettorale del 2022 con l’obiettivo di porre fine, promuovendo una pace duratura, ai conflitti armati tra il governo e i gruppi armati illegali, come le FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia), l’ELN (Esercito di Liberazione Nazionale) e i gruppi paramilitari. La riapertura delle sparatorie lungo le rotte del narcotraffico nel Nord-Est del Paese ha infatti causato la scorsa settimana circa 80 morti e 32.000 persone sfollate. La violenza, consumatasi al confine con il Venezuela, ha portato il presidente Nicolas Maduro a dover intervenire militarmente per difendere i confini. La fine del progetto “paz total” segna una nuova fase di instabilità per la regione. Instabilità esacerbata dal taglio degli aiuti per la difesa e lo sviluppo da parte degli Stati Uniti.

Le difficili relazioni degli Usa con il “cortile di casa”

Le relazioni che nei primi giorni della nuova amministrazione si sono instaurate tra gli Stati Uniti e i Paesi dell’America Latina, confermano che la politica che guiderà gli USA nell’interfacciarsi con la regione risiede più in Florida che a Washington, con il falco Marco Rubio, senatore dello “Stato del Sole” ora Segretario di Stato, fervente sostenitore della dottrina Monroe applicata all’area che Roosevelt per primo definì “il cortile di casa”. Rileva, a questo proposito, la presa di posizione di Petro che, nello stesso post in cui risponde a tono alla minaccia di dazi e sanzioni, afferma che “la Colombia da oggi smette di guardare a Nord, guarda al mondo”, invitando alla solidarietà tra i Paesi del Sud America.

Petro ha alleati nel Brasile di Lula, nel Messico della nuova presidente Claudia Sheinbaum e, nel corso di questa crisi, ha ricevuto anche l’appoggio della presidente dell’Honduras, Xiomara Castro, ma il suo guardare al mondo potrebbe tradursi in un ulteriore avvicinamento a Cina e Russia, come sta accadendo in vario modo per larga parte della regione. D’altra parte il Brasile, gigante dell’America Latina e membro fondatore dell’alleanza BRICS, sta dimostrando che è possibile liberarsi dalla dipendenza economica dagli Stati Uniti. Prima dell’inaugurazione di Trump, i funzionari colombiani stavano già esplorando la possibilità di aderire a questa alleanza, e il messaggio di Petro tradisce una rinnovata urgenza in tal senso.

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