La sentenza della CEDU: l’inerzia dell’Italia sulla Terra dei Fuochi mette a rischio la vita dei residenti

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La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha rilevato in particolare che l’Italia non ha gestito la grave situazione della Terra dei Fuochi con la diligenza e la rapidità richieste, nonostante fosse a conoscenza del problema da molti anni

Nella sentenza odierna della Camera nel caso di Cannavacciuolo e altri contro l’Italia (ricorsi n. 51567/14 e altri tre) la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ha stabilito, all’unanimità, che vi è stata una violazione dell’articolo 2 (diritto alla vita) della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Il caso riguardava lo scarico, la sepoltura o la combustione di rifiuti su terreni privati, spesso effettuati da gruppi criminali organizzati, nelle aree della regione Campania note come “Terra dei Fuochi”, dove vivono circa 2,9 milioni di persone. Nella zona erano stati registrati tassi crescenti di cancro e inquinamento delle falde acquifere.

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LA CEDU: “L’ITALIA NON HA GESTITO LA SITUAZIONE IN MODO EFFICACE”

La CEDU ha rilevato in particolare che lo Stato italiano non ha gestito una situazione così grave con la diligenza e la rapidità richieste, nonostante fosse a conoscenza del problema da molti anni, in particolare nel valutare il problema, impedirne il proseguimento e comunicarlo al pubblico interessato.

La Corte, ai sensi dell’articolo 46 (forza vincolante ed esecuzione delle sentenze), ha stabilito all’unanimità che l’Italia dovrà elaborare una strategia globale per affrontare la situazione della Terra dei Fuochi, istituire un meccanismo di monitoraggio indipendente e creare una piattaforma di informazione pubblica. Il termine per questa attività è di due anni, durante i quali le 36 domande correlate pendenti da circa 4.700 ricorrenti saranno rinviate.

LA TERRA DEI FUOCHI IN CAMPANIA

I ricorrenti sono 41 cittadini italiani che vivono nelle province di Caserta o Napoli e 5 organizzazioni con sede in Campania. Con il termine “Terra dei Fuochi” ci si riferisce a un’area di 90 comuni in Campania, con una popolazione di circa 2,9 milioni, che vive gli effetti dello scarico illegale, dell’interramento e/o dell’abbandono incontrollato di rifiuti pericolosi, speciali e urbani su terreni privati, spesso combinati con la loro combustione.

Tutti i ricorrenti hanno affermato di aver sofferto direttamente o indirettamente degli effetti dello smaltimento illegale di rifiuti e che questo problema era noto alle autorità da un periodo significativo.

LE CONCLUSIONI DELLE 7 COMMISSIONI PARLAMENTARI D’INCHIESTA

Secondo le ultime informazioni, sono state istituite in totale 7 commissioni parlamentari d’inchiesta sull’illegalità nella gestione dei rifiuti, che sono giunte alle seguenti conclusioni: c’erano molteplici discariche illegali nelle province di Caserta e Napoli, in particolare nelle campagne attorno ad Aversa e sul litorale domizio-flegreo. Lo smaltimento illegale di rifiuti era controllato da gruppi criminali organizzati. Quantità considerevoli di rifiuti erano state trasportate da tutta Italia. Il problema era noto alle autorità dal 1988.

I RECLAMI E LE PROCEDURE DELLA CEDU

Invocando gli articoli 2 (diritto alla vita) e 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare), i ricorrenti lamentavano, in particolare, che le autorità italiane fossero a conoscenza, ma non abbiano adottato misure per proteggerli dallo scarico illegale, dall’interramento e dalla combustione di rifiuti pericolosi nelle loro aree, e che le autorità non abbiano fornito loro informazioni a riguardo.

I ricorsi sono stati depositati presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in varie date tra il 28 aprile 2014 e il 15 aprile 2015.

LA DECISIONE DELLA CORTE

La Corte ha respinto, con 6 voti contro 1, i ricorsi delle associazioni ricorrenti in quanto non erano vittime dell’inquinamento della Terra dei Fuochi ai sensi degli articoli 2 e 8 (incompatibili ratione personae con la Convenzione). Molti dei ricorrenti individuali non risiedevano nei comuni interessati ufficialmente elencati, quindi la Corte ha respinto le loro domande (incompatibili ratione personae). Per quanto riguarda alcune delle altre domande, sono state dichiarate inammissibili per non aver rispettato il termine di 6 mesi allora previsto per presentare un ricorso alla Corte.

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GLI ARTICOLI 2 E 8 DELLA CONVENZIONE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO

Accettando che vi fosse un rischio per la vita “sufficientemente grave, reale e accertabile”, che poteva essere qualificato come “imminente”, la Corte ha ritenuto che questo caso rientrasse nell’ambito dell’articolo 2. In linea con un “approccio precauzionale” e con il lasso di tempo in cui il problema dell’inquinamento era noto, la Corte ha ritenuto che lo Stato non potesse fare affidamento sul fatto che gli effetti precisi che l’inquinamento avrebbe potuto avere sulla salute di un particolare richiedente non potessero essere accertati, per sottrarsi al suo dovere di protezione nei confronti dei rimanenti richiedenti.

LA MANCATA RISPOSTA AL PROBLEMA DA PARTE DELLE AUTORITÀ

Diversi doveri erano ricaduti sullo Stato a seguito di questa crisi: la Corte ha ritenuto che non vi fossero prove sufficienti di una risposta sistematica, coordinata e completa da parte delle autorità nell’affrontare la situazione della Terra dei Fuochi. I progressi erano stati lenti nella valutazione dell’impatto dell’inquinamento quando era stata necessaria una spedizione. Ha rilevato un problema generalizzato di coordinamento e attribuzione delle responsabilità in Campania per quanto riguarda la decontaminazione.

Era impossibile avere un’idea generale di dove fosse ancora da decontaminare. Il Governo ha affermato che erano state intraprese numerose azioni per indagare sugli impatti sulla salute dell’inquinamento, come il rafforzamento dello screening del cancro. Tuttavia, la maggior parte di queste misure era stata intrapresa solo dopo il 2013. Alla luce dei ritardi che caratterizzavano la risposta delle autorità, queste non avevano agito con la diligenza richiesta nelle loro indagini sull’impatto sulla salute dell’inquinamento di Terra dei Fuochi.

LE CONDANNE PER REATI AMBIENTALI NELLA TERRA DEI FUOCHI

Il Governo ha fornito solo 7 esempi di condanne presumibilmente correlate per reati ambientali. Data la lunga durata della crisi, è stato impossibile per la Corte ottenere una panoramica solo da quelle osservazioni. Non è stata quindi convinta che lo Stato avesse intrapreso le necessarie azioni di giustizia penale per combattere lo smaltimento illegale di rifiuti nell’area di Terra dei Fuochi.

La Corte ha aggiunto che le autorità italiane sembravano essere state piuttosto lente nell’affrontare le carenze sistematiche che colpivano il sistema di gestione dei rifiuti in Campania. Considerata l’entità, la complessità e la gravità della situazione, era necessaria una strategia di comunicazione completa e accessibile, al fine di informare il pubblico in modo proattivo sui potenziali o effettivi rischi per la salute e sulle azioni intraprese per gestire tali rischi. Ciò non è stato fatto. In effetti, alcune delle informazioni erano state coperte per periodi considerevoli dal segreto di Stato.

Nel complesso, la Corte ha ritenuto che le autorità italiane non abbiano affrontato il problema della Terra dei Fuochi con la diligenza giustificata dalla gravità della situazione. Lo Stato italiano non aveva fatto tutto ciò che era richiesto per proteggere la vita dei ricorrenti. Dato che le argomentazioni ai sensi dell’articolo 8 erano le stesse di quelle già decise ai sensi dell’articolo 2, la Corte ha ritenuto che non fosse necessario esaminare separatamente questo reclamo.



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