La Lega trova il modo per tenere Zaia: “Sarà progovernatore”. Come Gentilini a Treviso

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La strategia di Salvini per non rinunciare al popolare governatore di una delle regioni più importanti per il Carroccio. E c’è già un precedente a cui ispirarsi


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La nuova sceneggiatura è bell’e pronta: modello Treviso per salvare il Veneto. E il suo Doge, soprattutto. Che di fatto non smetterebbe mai di esserlo – in barba alle leggi, ai limiti, ai cavilli tanto antipatici. E’ così che la Lega sta pensando di blindare il futuro di Luca Zaia: piazzare un candidato qualunque – più è sconosciuto, meglio è – lasciando le redini della regione in mano al presidente uscente. Già si vocifera il nome della nuova carica: “progovernatore”. Basta una nomina secca, per direttissima, all’indomani dell’esito elettorale. A quel punto il proclamato vincitore sarà sottoposto a un duplice giuramento di fedeltà: quello canonico alla Costituzione e quello implicito al neo progovernatore. 

A Zaia mancherà soltanto la spilla. Tutto il resto, come prima. E’ così che si scioglie il garbuglio nel nordest, assicurano fonti certe dentro il partito. Di esempi ne è piena zeppa la storia: magari i più maliziosi penseranno alle staffette tra Putin e Medvedev, “tandemocrazia” foriera di dittatura. Nel Carroccio si preferisce guardare a quel che accadde nello stesso periodo in uno dei feudi di Zaia: il capoluogo delle bollicine. Dove Giancarlo Gentilini, il sindaco sceriffo che riempì telegiornali interi per il pugno duro contro gli immigrati, nel 2003 ebbe lo stesso problema del governatore oggi. Era arrivato al termine dei suoi due mandati. Panico, anzi no. Gentilini – ora 95enne ma all’epoca una potenza, nel locale e pure di fronte a Bossi – deve soltanto trovare qualcuno disposto a svolgere le sue veci. A firmare scartoffie e lasciar comandare lui. Lo trova in Gian Paolo Gobbo, già segretario della Liga veneta. Il piano funziona: il centrodestra si assicura la riconferma della città al ballottaggio e il nuovo sindaco nomina subito Gentilini suo vice. Tutti a Treviso sanno chi è che governava davvero. Gobbo in primis, che non ha mai avuto smanie di protagonismo. Il ras della Marca, de iure o de facto, è rimasto al potere dal 1994 al 2013.
Musica per le orecchie di Zaia, oggi. Via Bellerio gli garantisce che si può fare. E pure in termini normativi non sarebbero richieste chissà quali acrobazie: il presidentissimo potrà scegliere di candidarsi per il Consiglio – il suo nome attirerebbe vagonate di preferenze – oppure no, ci penserà poi il suo successore a nominarlo vicepresidente esterno. Le incognite maggiori semmai sono legate agli sbalzi d’umore di Salvini – “con Bossi dormiremmo sonni tranquilli”, leghista dixit –, alla disponibilità dei meloniani a prestare il fianco agli ingordi alleati. Ma ora filtra ottimismo, la soluzione inedita per riciclare il potere zaiano affascina tutti. Tranne Gentilini, ironia della sorte: “Zaia vicepresidente? Non scherziamo”, ha detto un paio di settimane fa al Gazzettino. “Certo, anch’io ho fatto il vice di Gobbo, ma perché a Treviso c’era bisogno di me”. Figurarsi del Doge, in Veneto.

Altra domanda clou: chi sarà allora il candidato ideale, manovrabile a Zaia piacendo? In questo caso perderebbero quota i nomi di maggior spessore all’interno della Liga. Dal vicesegretario federale Stefani, giovane e rampante, passando per Mario Conte, ambizioso sindaco di Treviso – tu quoque! – e il sanguigno assessore Marcato. Restano i delfini: Alberto Villanova, capogruppo di Zaia in Consiglio, ed Elisa De Berti, la sua vice in regione. Soprattutto la seconda parrebbe avere il physique du rôle per cotanta impresa: amministratrice silenziosa, più avvezza al dietro le quinte che al palcoscenico – chi l’ha mai sentita fuori dal Veneto? Meglio. Conosce Zaia da anni e da anni lo segue come un’ombra, senza timore di vivere nella sua. Suggestioni, per adesso. C’è tutto il tempo per apparecchiare la tavola. E intanto ripassare il finale della storia: nel 2013, scaduto il secondo mandato di Gobbo, l’indomabile Gentilini si ricandidò di nuovo. E perse, quella volta, contro un carneade di centrosinistra. Perfino per i trevigiani, leghisti fino al midollo, un ventennio a senso unico poteva bastare. E’ bene che il Carroccio tenga a mente anche questo. E Zaia, pure.





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