Riad, Dubai ma anche Masqaṭ e Baghdad stanno diventando economicamente sempre più importanti, offrendo grandi vantaggi e rischi per le startup internazionali.
Negli ultimi anni i Paesi del Golfo sono cresciuti economicamente a ritmi sempre più sostenuti e stanno dimostrando al mondo intero come ormai non possano più essere considerati dei paesi che producono solo greggio. La recente implementazione di piani di crescita nazionali, come Vision 20301in Arabia Saudita o Operation 300bn2 negli Emirati Arabi assieme alla creazione di piani per lo sviluppo di startups come lo Startup Qatar Investment Program3, ma anche di politiche di sviluppo sociale, di modernizzazione industriale e innovazione digitale, stanno rendendo i Paesi del Golfo un autentico magnete per le startup globali, trasformandoli in seri competitor internazionali ai grandi centri mondiali dell’innovazione e del tech, come la Silicon Valley. Va evidenziato anche che la crescita nel tempo delle economie di questi paesi è strettamente influenzata da fattori endogeni, come la disponibilità di materie prime e policies statali, ma anche fattori esogeni come il difficile contesto geopolitico che ne mette in discussione l’affidabilità. Ma allora cosa rende queste nazioni un’oasi per imprenditori e innovatori? Perché sempre più startups sono attratte da quest’area del mondo? E perché molti esperti considerano queste zone cruciali nel prossimo futuro?
Partiamo dal principio, ossia da dove nasce la ricchezza dei Paesi del Golfo e su cosa si basa la loro economia. I paesi del Golfo sono dei paesi situati in punti strategici del mondo e sono a tutti gli effetti un ponte tra il commercio europeo, nordafricano e asiatico data la loro posizione geografica. La grande ricchezza di questi paesi sta nella presenza di numerosi giacimenti di petrolio, del quale ne sono tra i maggiori produttori al mondo. Si stima infatti che nel 2024 l’Arabia saudita abbia avuto una produzione di petrolio pari al 12.8% della produzione globale, estraendo mediamente circa 12.1 milioni di barili al giorno, seconda solo agli Stati Uniti con 17.7 milioni. Altri paesi come l’Iran o il Kuwait rientrano nella top 10 dei paesi produttori di petrolio, estraendo rispettivamente 3.8 e 3 milioni di barili al giorno4. Storicamente le economie dei paesi del Golfo sono economie strettamente dipendenti dall’oro nero ed è un errore analizzare il loro sviluppo senza tener conto di questo stretto legame. Le prime grandi compagnie petrolifere nate in questa zona sono state l’Arabian American Oil Company (ARAMCO) nel 1933, e l’OPEC nel 1960 poi divenuta un’organizzazione parallela alla ben più importante OAPEC (Organization of Arab Petroleum Exporting Countries) nel 1968 a seguito della sconfitta della Lega Araba nella guerra dei sei giorni l’anno precedente. Il motivo per cui queste organizzazioni petrolifere sono così importanti non è solo economico, ma si potrebbe affermare che il legame tra i paesi arabi e l’oro nero è quasi identitario. Dalla seconda metà del XX secolo il petrolio ha rappresentato per i paesi arabi un mezzo per arrivare ad una vera e propria indipendenza politica dal colonialismo e dai paesi Europei. Il processo di nascita di questi stati ha attraversato lunghe e difficili tappe ricche di guerre ma, se è stato possibile creare degli stati, lo si deve principalmente a questa risorsa e alla creazione di compagnie petrolifere nazionali, le quali hanno portato alla formazione dei primi nuclei economici dei paesi. Oggi questi paesi sono realtà economiche e politiche affermate che crescono ed investono in settori sempre diversi pur mantenendo però questo stretto legame con il petrolio.
Quali sono i settori in crescita in cui le startup investono di più?
I settori principali in cui le startup internazionali concentrano i loro investimenti in questi paesi sono quello tecnologico, sostenibile ed energetico. Il settore tecnologico è al centro dell’attenzione, con numerosi investimenti in intelligenza artificiale, criptovalute, e-commerce e smart cities. Paesi come gli Emirati Arabi Uniti e l’Arabia Saudita promuovono attivamente l’adozione di tecnologie avanzate attraverso programmi governativi e hub di innovazione. Un progetto molto discusso e che sta crescendo in questi anni è Neom, ovvero una città situata in Arabia Saudita, futuristica e sostenibile basata su tecnologie avanzate e alimentata al 100% da energia rinnovabile. Data la forte necessità di contrastare il cambiamento climatico, i paesi più economicamente e tecnologicamente avanzati stanno investendo sempre di più nell’energia green. Proprio per questa tendenza globale anche i Paesi del Golfo stanno cercando di adattarsi attraverso programmi di diversificazione economica. In questi anni infatti sono stati lanciati alcuni piani nazionali come Vision 2030 in Arabia Saudita, avviato dal principe Mohammad Bin Salman nel 2016 il cui fine ultimo è proprio la riduzione della dipendenza economica dal petrolio. Anche Dubai sta facendo parlare molto di sé in questo campo. Attraverso la Dubai Economic Agenda5la capitale degli Emirati Arabi vuole guardare al futuro e diventare uno dei primi quattro hub economici al mondo affermandosi come centro nevralgico per settori come la fintech. Di fatto, nel solo 2023 questa città ha accolto più di 30.000 nuove aziende6, diventando una realtà affermata e dimostrando di poter essere un luogo con grandi prospettive di crescita nel breve e lungo periodo. In questo contesto le startup focalizzate su soluzioni di energia green, gestione dei rifiuti e mobilità sostenibile trovano terreno fertile per espandersi.
In che modo i paesi del Golfo attraggono aziende straniere?
I Paesi del Golfo hanno implementato una serie di politiche strategiche per attrarre startup ed investimenti stranieri. Molti paesi come gli Emirati Arabi Uniti, hanno creato zone economiche speciali e free zones, ovvero luoghi in cui vi è un certo grado di flessibilità per quanto riguarda le esenzioni doganali e sul reddito d’impresa e le tasse governative, oltre all’allentamento di alcune norme sul lavoro. Le zone economiche speciali, offrono vantaggi significativi per gli investitori stranieri, come l’esenzione dal pagamento di tasse per un certo periodo, proprietà al 100% da parte di investitori stranieri, che in altri contesti sarebbe limitata, facilitazioni doganali e procedure amministrative semplificate7. I governi del Golfo offrono anche incentivi fiscali per ridurre il carico fiscale sulle imprese, tra cui basse imposte sul reddito delle società e agevolazioni fiscali su investimenti in settori strategici come energie rinnovabili, tecnologia e infrastrutture. Molti Paesi stanno inoltre modernizzando i loro processi amministrativi per facilitare la registrazione e l’avvio delle imprese. Ad esempio, negli Emirati Arabi Uniti, la creazione di una licenza aziendale digitale ha reso più accessibile per le startup internazionali l’ingresso nel mercato dato che facilita l’apertura di un conto bancario aziendale per le imprese8. I governi promuovono partnership pubblico-privato per progetti infrastrutturali, tecnologici ed energetici, consentendo alle aziende straniere di entrare in contesti ad alto potenziale, beneficiando di contratti di lungo termine. Paesi come l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti hanno introdotto politiche per attrarre talenti stranieri, tra cui visti d’oro o residenze a lungo termine per professionisti e investitori e riforme per migliorare le condizioni di lavoro e promuovere la mobilità del lavoro. Oltretutto i Paesi del Golfo hanno istituito fondi di investimento pubblici e privati per incentivare investimenti in settori ad alta tecnologia e innovazione. Per esempio, il Qatar ha creato il Qatar Investment Authority per attrarre investimenti nei settori emergenti. Infine, le politiche energetiche sono sempre più orientate verso la sostenibilità. Iniziative come la Saudi Vision 2030 e la Qatar National Vision 2030 promuovono investimenti nelle energie rinnovabili, in particolare nel solare e nell’idrogeno verde, con incentivi per le startup ecologiche.
Quali sono le principali criticità delle economie del golfo e i rischi per le startup?
Ma non è tutto oro quello che luccica, men che mai se l’oro è nero. Aprire una startup nei paesi del Golfo comporta anche dei rischi non indifferenti. Il primo grande rischio per le aziende straniere che pianificano di investire in queste zone sta proprio nella stretta dipendenza di questi paesi dal petrolio. Di fatto, anche se i Paesi del Golfo stanno cercando di diversificare le loro economie, la dipendenza dal petrolio rimane una delle principali criticità per le aziende straniere. Le fluttuazioni nei prezzi del petrolio possono influenzare negativamente l’economia regionale creando instabilità economica che potrebbe ridurre la domanda di nuovi investimenti e opportunità per le startup. Va assolutamente menzionata anche l’instabilità geopolitica di quella zona. I Paesi del Golfo sono situati in una regione geopoliticamente molto delicata e i conflitti in corso, assieme alla presenza di numerosi gruppi terroristici, aumentano la precarietà di questa zona che ora più che mai si trova in una situazione di crisi. Va da sé che le instabilità politiche o i cambiamenti di governo influiscono negativamente sull’ambiente di business, creando incertezze per le startup che cercano di operare a lungo termine nella regione. Un altro fattore che influisce la possibilità di avviare startup in questi paesi è la cultura locale molto conservatrice. Il conservatorismo dei paesi arabi si riflette in due aspetti principali: quello imprenditoriale e sociale. In alcune regioni del Golfo la cultura imprenditoriale locale è ancora in fase di sviluppo. Le startup locali potrebbero trovarsi a dover affrontare difficoltà nella creazione di reti di supporto o nella ricerca di mentori esperti e finanziatori. Ciò accade specialmente in paesi come l’Oman, la cui economia ruota principalmente al settore della pesca, pertanto questo tipo di paesi non sono un’attrattiva per le startup tecnologiche, le quali preferiscono paesi come l’Arabia Saudita o gli Emirati, molto più attivi nel mondo del tech. Da un punto di vista sociale, la cultura conservatrice rappresenta una vera e propria sfida per le aziende. In alcuni Paesi del Golfo le norme culturali e sociali possono rappresentare una barriera per le startup, specialmente quelle straniere che non sono abituate a operare in determinati ambienti e la gestione delle differenze culturali, in particolare per le donne, per alcune minoranze o per quanto riguarda il rispetto dei diritti dei lavoratori, potrebbe essere un ostacolo nel reclutamento di talenti e nella gestione delle risorse umane. Si pensi al caso del Qatar. Nel 2022 il paese ospitò i famosi mondiali di calcio che videro la storica vittoria dell’Argentina di Messi. Oltre a questo, quei mondiali sono stati famosi per essere stati i mondiali più costosi della storia (220 miliardi di dollari spesi non solo in infrastrutture9) ma anche per le numerose morti sul lavoro degli operai sottopagati, impegnati nella costruzione degli impianti a causa delle condizioni di lavoro estreme.
I paesi che un tempo erano le dimore di sultani e califfi e che oggi ospitano altissimi grattacieli sono il cuore pulsante dell’economia del Medio Oriente. Questa è una regione che, per l’abbondanza di materie prime e la rapidissima crescita demografica, avrà un’importanza strategica sempre più grande nel futuro. In un mondo che cambia, in cui i conflitti si riaccendono, in cui la Cina e gli Stati Uniti si danno battaglia come leader economici globali, questi paesi promettono di essere l’ago della bilancia nello scacchiere internazionale. Oggi qualsiasi startup scelga di investire in questa regione deve essere ben consapevole che le possibilità sono alte tanto quanto i rischi. Per quanto Dubai o Riad sembrino offrire un’oasi per chiunque operi nel mondo della fintech e dell’energia, presentano ancora molti dubbi soprattutto sul piano sociale. Ma il mondo cambia sempre più rapidamente e i Paesi del Golfo sono al passo con questo cambiamento e cambiano con lui e magari, chi lo sa, in un futuro non troppo lontano, saranno gli interlocutori tra un oriente e un occidente sempre più divisi. Ai posteri l’ardua sentenza.
FONTI
https://www.vision2030.gov.sa/en
https://www.qdb.qa/Financing-And-Funding/Equity-And-Investment/Startup-Qatar-Investment-Pro gram
https://www.ice.it/it/global-start-program-ii-emirati-arabi-uniti
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