L’economia italiana va peggio del previsto e a risentirne potrebbero essere i programmi del governo. Con una crescita del Pil inferiore alle attese nel 2024 e, soprattutto, una variazione acquisita nulla per il 2025, difficilmente quest’anno potrà essere quello giusto per realizzare le politiche più dispendiose volute dalla maggioranza. Al contrario, seguire il cammino di rientro nei parametri europei, così come definito nel Piano strutturale di bilancio, potrebbe rivelarsi più difficile del previsto. “Il rientro sotto il 3 per cento del deficit nel 2026 è quasi impossibile, così come la riduzione del rapporto debito/Pil prevista per il 2027”, ha spiegato ad Huffpost Giampaolo Galli, direttore scientifico dell’Osservatorio Conti Pubblici Italiani dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
Quanto differiscono i dati dell’Istat sul Pil nel 2024 rispetto alle stime del governo?
“Il dato dell’Istat indica una crescita del Pil dello 0,5 per cento nel 2024, ma non è direttamente confrontabile con l’1 per cento previsto dal governo, perché il dato Istat è stato aggiustato per l’effetto calendario. Senza questo aggiustamento, il Pil risulterebbe più vicino allo 0,6-0,7 per cento: pur restando inferiore alla stima governativa, non sarebbe la metà di quanto previsto. In ogni caso non mi aspetto sorprese sul deficit del 2024, che probabilmente sarà anche più basso del 3,8 per cento sul Pil previsto nel Piano strutturale di bilancio, perché sono andate bene le entrate tributarie e c’è stato qualche risparmio nella spesa per gli interessi.”
Come cambiano invece le prospettive per la crescita economica nel 2025?
“Per il 2025 partiamo da un acquisito zero, quindi per raggiungere l’1,2 per cento di crescita previsto dal governo il Pil dovrebbe aumentare a un ritmo del 2,5 per cento annualizzato, ovvero circa lo 0,6 per cento a trimestre. Tuttavia, l’Italia non ha mai registrato una crescita simile, se non nella fase di ripresa post-Covid. Considerando questo, raggiungere l’obiettivo di crescita appare pressoché impossibile.”
Giorgia Meloni aveva promesso un segnale per il ceto medio nel 2025. Sarà possibile intervenire in questa direzione con la prossima manovra finanziaria, alla luce degli ultimi dati?
“Credo che non ci sia spazio per manovre espansive né nel 2025 né nel 2026, a meno di sorprese. Il vero problema è il debito pubblico, che già secondo le stime del governo aumenterà nel 2025 e ancora nel 2026, soprattutto a causa del Superbonus. Solo dal 2027 si prevedeva una lieve riduzione del debito, che passerebbe dal 137,8 per cento al 137,5 per cento del Pil. Oltre a una crescita al di sotto delle aspettative, però, il 2027 sarà l’anno delle elezioni, quindi è difficile che questa riduzione si realizzi davvero. Se non dovesse verificarsi, potremmo immaginare conseguenze negative sullo spread. In generale, questo scenario costringerà il governo a rinviare, forse a tempo indeterminato, molte promesse elettorali, compresi gli interventi per il ceto medio.”
Quanto è realistico il rientro sotto il 3 per cento del deficit entro il 2026?
“Riuscire a scendere sotto il 3 per cento del deficit nel 2026 è quasi impossibile, salvo miracoli. Il governo non ha fatto previsioni irrealistiche, indicando una crescita dell’1,2 per cento nel 2025 e dell’1,1 per cento nel 2026, ma il rischio è che i numeri reali siano più vicini allo 0,5-0,7 per cento. D’altra parte, siamo molto dipendenti dall’economia tedesca, che sta affrontando un momento difficile a causa della nuova situazione geopolitica: la Germania non riceve più gas a basso costo dalla Russia, ha visto ridurre le esportazioni verso la Cina e forse anche vegli Stati Uniti, in base alle scelte che adotterà Trump. In questo contesto, il rientro sotto il 3 per cento del deficit nel 2026 è molto incerto, così come la riduzione, per quanto minima, del rapporto debito/Pil prevista per il 2027.”
Potrebbe essere necessaria una manovra correttiva per mantenere gli obiettivi fiscali?
“Il governo è fortemente impegnato a rispettare gli obiettivi fissati nel Piano strutturale di bilancio, già approvato dalla Commissione europea. Si tratta di un piano graduale, che non prevede nulla più che un rientro del debito pubblico al 130 per cento del Pil entro il 2032, riportandolo ai livelli pre-Covid. Tuttavia, anche questo piano è a rischio. Negli anni passati abbiamo speso con troppa facilità e ora questo governo deve gestire un’eredità difficile. Inoltre, il governo fatica a realizzare riforme di semplificazione e sburocratizzazione, che invece sono state adottate con successo da Paesi come Spagna e Portogallo. La Spagna, ad esempio, ha chiuso il 2024 con una crescita tendenziale del 3,5 per cento, il Portogallo con il 2,7 per cento, mentre noi ci fermiamo allo 0,5 per cento. Se vogliamo crescere, dobbiamo imparare da loro e migliorare le condizioni per gli investimenti.”
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