DeepSeek: cosa sta succedendo attorno all’IA cinese

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Fondata a Hangzhou, in uno dei più attivi centri finanziari della Repubblica Popolare Cinese, DeepSeek (letteralmente: “cercare in profondità”) è la start-up che sta facendo parlare di sé in tutto il mondo. Creata nel 2023 dal giovane Liang Wenfeng e finanziata dal fondo speculativo High-Flyer, è – in parole povere – la ChatGPT cinese, con prestazioni simili.

Anche troppo: architettura open source (come non è più il modello di OpenAI) e costi di realizzazione e di utilizzo estremamente bassi. C’è, però, l’inghippo: dopo il boom di download delle ultime settimane e il conseguente crollo in borsa dei titoli tecnologici statunitensi, OpenAI e Microsoft hanno accusato DeepSeek di aver plagiato ChatGPT in aperta violazione delle concessioni di utilizzo del software. L’app cinese è quindi repentinamente scomparsa dagli store digitali. Cerchiamo di capire, nel dettaglio, com’è andata.

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Dal debutto al successo. Il successo di DeepSeek è giunto molto velocemente con il lancio della sua app gratuita nell’autunno del 2024. In pochi mesi, il chatbot ha scalato le classifiche di download globali, raggiungendo il primo posto sull’Apple Store e sul Google Play Store. La combinazione tra efficacia, facilità d’uso e accessibilità, ma soprattutto il suo costo quasi nullo (solo per le funzioni avanzate Api – Application Programming Interface – è richiesto un costo di 10 dollari l’anno contro i 270 del concorrente più in vista) ha conquistato utenti di ogni tipo, dal pubblico generico agli sviluppatori.

La trasparenza del codice ha inoltre attirato l’interesse della comunità tech, che ha iniziato a contribuire al miglioramento del modello. La piattaforma supporta due lingue, inglese e cinese, e si distingue per la capacità di risolvere problemi complessi e di scrivere testi, evitando però temi politicamente sensibili.

Il nodo della censura. Proprio la censura politica ha causato la prima importante crepa nel mondo “perfetto” di DeepSeek. Infatti, l’app della balenottera (simbolo scelto per rappresentare la profondità e la vastità della conoscenza) evita argomenti politicamente delicati, come la strage di Piazza Tienanmen, tema che ha scatenato un acceso dibattito soprattutto nel mondo occidentale.

Non si contano gli utenti che in questi giorni hanno provato a dialogare di argomenti sensibili con il chatbot descrivendo poi la propria esperienza sui social media e dimostrando agevolmente che l’IA era stata educata a sviare il discorso, se non conveniente. E sebbene molti analisti ritengano che questa autocensura rappresenti una limitazione intrinseca del modello cinese, altri hanno sottolineano che è proprio tale compromesso a rendere l’app di successo anche nel mercato locale: gratuita ma con qualche restrizione.

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GLI EFFETTI SUL MERCATO. Con la crescita di DeepSeek, gli effetti sul mercato non si sono fatti attendere. A gennaio 2025, le azioni di aziende leader del settore AI come Nvidia (a proposito, non potendo accedere ai potentissimi chip della casa americana, l’IA cinese funziona grazie a quelli progettati da Huawei) e SoftBank hanno subito bruschi cali, riflettendo le preoccupazioni degli investitori per la concorrenza asiatica.

L’approccio open source della start-up ha messo in discussione i modelli di business consolidati, aumentando la pressione su aziende come OpenAI e Microsoft, che si affidano a sistemi chiusi e a pesanti investimenti in infrastrutture cloud. Investimenti che sono arrivati a più di 100 milioni di dollari per sviluppare l’ultima versione di ChatGPT (un’enormità rispetto all’operazione DeepSeek, avviata con un budget iniziale di “soli” 5,6 milioni di dollari).

Le accuse di plagio. Le tensioni tra Cina e Stati Uniti si sono poi intensificate il 29 gennaio, quando OpenAI e Microsoft hanno accusato DeepSeek di aver utilizzato il loro modello GPT come base per sviluppare il chatbot. Secondo i due colossi, avrebbe sfruttato un dataset derivato da un sistema occidentale, violando brevetti e norme internazionali, ma l’azienda cinese ha smentito le accuse di furto di dati, sostenendo che il suo progetto è stato sviluppato internamente grazie all’impiego di chip di ultima generazione forniti da Huawei.

LA SCOMPARSA DAGLI STORE. Poche ore dopo, nello stesso giorno, l’app è improvvisamente scomparsa dagli store italiani di Apple e Google. La decisione, apparentemente legata a richieste di moderazione da parte delle autorità cinesi, ha sollevato nuove domande riguardo al controllo da parte del potere sulle tecnologie emergenti.

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Intanto, la rimozione ha alimentato speculazioni circa la possibilità che possa tornare disponibile a breve in Europa. La sensazione (al momento in cui scriviamo, cioè la mattina del 30 gennaio 2025) è che questo sia solo l’inizio di una storia che ha ancora parecchi capitoli da raccontare, con l’intento di scoprire chi conquisterà la leadership nel settore che rappresenta il presente e, soprattutto, il futuro della tecnologia.





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