Da qualche tempo ho completato la lettura di un bellissimo libro della giornalista scientifica Lulu Miller dal titolo ‘I pesci non esistono’ (ecco la mia recensione su Goodreads) che mi ha fatto riflettere, tra le altre cose, sul potere delle storie. La storia dell’autrice si intreccia con quella del famoso naturalista David Starr Jordan nel loro comune tentativo di dare un ordine al caos che regna sovrano.
La capacità di raccontare storie è profondamente radicata nella natura umana. Si è evoluta nel corso di decine di migliaia di anni ed è strettamente legata allo sviluppo del pensiero simbolico e della cultura. Le storie non sono solo un mezzo di intrattenimento, ma anche strumenti essenziali per la trasmissione della conoscenza, la costruzione dell’identità culturale e la comprensione del mondo che ci circonda.
La capacità di raccontare e comprendere storie non è solo un’abilità appresa, ma un tratto profondamente radicato nella nostra specie. Sin dall’infanzia, i bambini manifestano istintivamente questa propensione, senza bisogno di insegnamenti espliciti. Le storie, infatti, hanno svolto un ruolo cruciale nella costruzione delle civiltà, permettendo alle comunità di condividere esperienze, valori e conoscenze, creando così un tessuto sociale e culturale coeso.
Le origini della capacità di raccontare storie rimangono incerte, poiché i racconti orali non lasciano tracce materiali. Tuttavia, molti studiosi ritengono che la narrazione abbia avuto origine durante la “rivoluzione cognitiva paleolitica”, circa 45.000 anni fa, un’epoca segnata dall’emergere del pensiero simbolico e dell’espressione artistica. L’arte paleolitica, come le pitture rupestri di Chauvet, Altamira e Sulawesi, testimonia una mente moderna capace di pensiero astratto e simbolico. In particolare, figure ibride uomo-animale, dipinte 44.000 anni fa nelle grotte di Sulawesi, potrebbero rappresentare le prime narrazioni mitiche, racconti di mondi immaginari che superavano i confini del reale.
Per millenni, la narrazione è stata il mezzo principale per tramandare cultura e tradizioni. Prima dell’avvento della scrittura, i racconti orali garantivano la conservazione e la trasmissione del patrimonio culturale da una generazione all’altra. Una storia può essere intrattenimento ma anche strumento attraverso il quale gli esseri umani cercano di dare un senso al mondo. La loro struttura, caratterizzata da protagonisti, conflitti e risoluzioni, riflette il modo in cui comprendiamo le relazioni di causa ed effetto. Inoltre, la narrazione potenzia la memorizzazione: le informazioni presentate in forma di storia sono più facilmente assimilabili e ricordate, persino quando successivamente vengono smentite.
La narrazione non si limita a trasmettere conoscenze, ma rafforza anche i legami sociali. Le storie contribuiscono alla coesione del gruppo, favorendo la cooperazione e il senso di appartenenza. Un esempio emblematico di questa funzione viene dalle popolazioni aborigene australiane, che per oltre 75.000 anni hanno utilizzato i miti per tramandare informazioni vitali per la sopravvivenza. Questo accumulo progressivo di cultura è stato un vantaggio evolutivo, permettendo agli esseri umani di adattarsi a nuovi ambienti e di superare sfide complesse. Tuttavia, la narrazione non è solo un fattore di progresso. Le stesse strutture narrative che rafforzano la coesione sociale possono essere manipolate per diffondere disinformazione. Le fake news e le teorie del complotto si basano su storie persuasive, costruite con protagonisti eroici, antagonisti malvagi e conflitti emozionali. Questa semplicità narrativa, combinata con la nostra naturale predisposizione a comprendere il mondo in termini di causa ed effetto, rende difficile resistere a narrazioni ingannevoli.
Nonostante il nostro DNA sia rimasto quasi immutato per decine di migliaia di anni, la cultura ha profondamente modificato il nostro cervello, rendendolo plastico e capace di adattarsi. Un esempio è lo sviluppo della capacità di leggere e scrivere: una funzione che non esisteva 5.000 anni fa e per la quale il cervello ha creato nuovi circuiti. Questo dimostra come il nostro cervello possa evolversi per affrontare nuove sfide culturali, come la disinformazione. L’obiettivo non è abbandonare il gusto per le storie, ma diventare più consapevoli delle loro strutture e dei meccanismi di manipolazione. Educare il pubblico a un pensiero critico e a riconoscere le tecniche narrative ingannevoli è fondamentale per affrontare le sfide della società moderna.
Il principio del tarassaco
Lulu Miller conclude la sua ricerca sul segreto ultimo dell’esistenza con il principio del tarassaco. Il tarassaco è un’erbaccia o un’erba medica a seconda del contesto in cui lo si usa. Parimenti, noi siamo briciole soggiogate dal Caos ma, da una prospettiva relativista, siamo importanti per le persone con cui condividiamo i nostri giorni, dalle quali attingiamo e alle quali lasciamo una parte di noi. Il principio del tarassaco è un kit per vivere appieno e serenamente, un invito a smettere di vedere in bianco e nero, nella consapevolezza che abbracciare ogni sfumatura è l’unico vero balsamo per l’anima.
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