L’assenza di bandiere dell’UE alle manifestazioni anti-governative dimostra che l’adesione all’Unione è diventata una questione divisiva nel Paese candidato. Intervista a Srđan Majstorović, presidente del board dell’European Policy Centre (CEP)
Oltre due mesi di proteste oceaniche in Serbia hanno portato alle dimissioni del primo ministro Miloš Vučević. Una conseguenza quasi inevitabile di una pressione ormai insostenibile per il partito al potere, chiamato a rispondere della morte di 15 persone dopo il crollo della tettoia della stazione ferroviaria di Novi Sad.
Ma perché proprio il crollo della tettoia di una stazione ferroviaria ha scatenato una simile ondata di proteste? “È molto semplice, perché la corruzione diffusa uccide”, ha spiegato in un’intervista Srđan Majstorović, presidente del board dell’European Policy Centre (CEP) di Belgrado e membro del Balkans in Europe Policy Advisory Group (BiEPAG).
L’Unione europea rimane al momento un attore marginale in queste proteste, nessuna bandiera dell’UE viene sventolata a Belgrado o nelle altre città serbe durante le manifestazioni anti-corruzione. Eppure Bruxelles “non deve chiudere gli occhi su ciò che sta accadendo in Serbia”, o il suo ruolo nel Paese e nella regione ne risulterà compromesso, è l’avvertimento di Majstorović.
Quali sono le richieste dei manifestanti?
Gli studenti chiedono ciò che tutti i cittadini dovrebbero rivendicare. In primo luogo, la pubblicazione della documentazione completa della ristrutturazione della stazione ferroviaria di Novi Sad, ovvero una chiara visione di tutti i documenti per assicurarsi che il governo non nasconda nulla al pubblico.
In secondo luogo, il ritiro delle accuse alle persone che sono state arrestate durante la prima protesta contro il governo a novembre. Ci sono state violenze nei confronti dei manifestanti, molti dei quali sono stati imputati per cose che non hanno fatto.
La terza richiesta è di formulare accuse penali contro chi ha aggredito gli studenti durante le proteste a Belgrado davanti alla Facoltà di Lettere. Si è trattato di un caso di grande visibilità, in cui alcune persone, che in seguito si è dimostrato appartenevano al partito al potere, hanno attaccato fisicamente i manifestanti.
La quarta condizione è collegata alla precedente. Gli studenti chiedono che queste persone vengano processate e si dimettano dalle loro funzioni pubbliche, rompendo il circolo vizioso di uno Stato in ostaggio di un partito al potere che controlla tutte le istituzioni.
La quinta condizione proviene dai sindacati studenteschi, che chiedono un aumento del bilancio delle università statali dopo anni di grossi tagli.
Queste richieste non sono controverse o altamente politiche, e questo è il motivo del loro successo. Hanno inoltre una cosa in comune: il rispetto del principio dello Stato di diritto. Se il governo sarà disposto a soddisfare queste condizioni, per la prima volta darà il segnale che è disposto a rispettare questo principio democratico.
Quali sono i tratti più evidenti di questa ondata di proteste?
Il crollo della tettoia della stazione di Novi Sad è stato un evento tragico che ha dimostrato che la corruzione diffusa sta portando alla perdita di vite umane, e ha scatenato l’indignazione dei giovani, che finalmente si sono risvegliati. È una nuova generazione, che non è mai stata presente nella vita politica serba nei numeri che vediamo oggi, e che fino a pochi mesi fa aveva mostrato quasi disinteresse. C’è un detto che dice che puoi non essere interessato alla politica, ma la politica sarà sempre interessata a te. Questi giovani lo hanno imparato in modo drammatico.
Questo è un momento cruciale, che segna un cambio di generazione politica. Quella attualmente al potere è la stessa che era presente negli anni ’90 durante la disgregazione dell’ex Jugoslavia, durante le orribili guerre e durante la mai conclusa transizione economica e sociale in Serbia. Questi giovani non hanno quell’esperienza alle spalle e sono molto più consapevoli di ciò che accade in Europa, negli Stati Uniti e nel mondo.
Nonostante abbiano una via d’uscita – se vogliono andarsene, possono farlo – hanno deciso di restare e di lottare per rendere la Serbia un posto migliore per il loro futuro. Hanno riconosciuto l’importanza di un principio fondamentale della democrazia: che dobbiamo essere tutti uguali davanti alla legge.
Che impatto stanno avendo le proteste degli studenti sulla popolazione?
Questa giovane generazione è riuscita a sfuggire alla trappola dell’ideologizzazione della questione, assicurandosi di rimanere lontana da questioni politiche tossiche e divisive. Le loro richieste sono precise e avanzate, ma anche molto semplici, il che rende molto difficile per questo governo soddisfarle.
Perché proprio il governo ha passato gli ultimi 13 anni a cercare di convincere i cittadini che la politica è qualcosa di sporco e che, per questo motivo, non dovrebbero interessarsene. Lentamente ma senza sosta, stiamo assistendo a qualcosa di nuovo come conseguenza delle proteste degli studenti. La gente si sente liberata dalla paura di esprimere le proprie critiche al governo.
Si tratta di una questione molto delicata in una società in ostaggio del partito al potere, dove il 99% dei media è completamente controllato dal governo. In un ambiente simile l’auto-liberazione è estremamente importante. È la nuova conseguenza delle richieste degli studenti, che moltiplica l’effetto della protesta.
Queste proteste potranno avere un esito diverso rispetto a quelle del 2023?
Nel 2023 il partito al potere era ritenuto responsabile della creazione di un ambiente che promuove una cultura politica basata sulla violenza piuttosto che sulla legge.
Tuttavia, quelle di oggi sono proteste completamente diverse, perché i principali attori sociali che le promuovono sono cambiati. Nel 2023, i manifestanti appartenevano principalmente alla generazione che ha vissuto l’epoca di Milošević, mentre mancava il nuovo slancio degli studenti che vediamo oggi.
Questo regime si trova di fronte a un gruppo di giovani molto risoluti, e la sua reazione di panico dimostra chiaramente che non sa come rispondere a un’esplosione di idee brillanti e di energia fresca.
Se gli studenti avranno la forza di muoversi verso un cambiamento politico, dipenderà da quanto saranno decisi a mantenere la pressione fino in fondo. Per quanto sostenuti da altri attori sociali e dalle parti interessate nella vita politica, dovrebbero rimanere loro la principale forza trainante, perché è in gioco il loro futuro.
Le generazioni più anziane devono rimanere al loro fianco solo per sostenerli nell’articolare le loro richieste e proposte, nel modo e per quanto desiderano includerle.
In questo scenario, cosa potrebbe accadere nel futuro della Serbia?
Se riusciremo insieme a portare un cambiamento politico, tra qualche anno la Serbia potrebbe essere un posto molto diverso.
Potrebbe tornare al pieno rispetto dello Stato di diritto, a una chiara divisione dei poteri, a ripristinare la propria giurisprudenza, e potrebbe essere un partner affidabile per l’Europa. Persino unirsi al Montenegro e all’Albania come capofila nel processo di adesione all’UE. Possiamo sognare in grande, anche risolvere la questione in sospeso con il Kosovo.
La Serbia potrebbe diventare un vero leader in grado di portare uno sviluppo positivo in tutta la regione, soprattutto in Bosnia Erzegovina.
Tutto questo può essere raggiunto anche con Vučić ancora al potere?
Penso che sia necessario un cambiamento. Aleksandar Vučić è al potere ininterrottamente da 13 anni e sembra stanco. È ora che pensi al suo futuro al di fuori della politica, per il bene del suo Paese e della società.
Non accadrà domani, e nemmeno tra un mese. Sarà necessario un processo di negoziazione all’interno della società e forse anche un supporto dall’esterno per uscire da questa crisi.
È ora di ripensare all’idea di un inviato internazionale del Parlamento europeo per mediare un accordo tra le opposizioni e il partito al potere sulle future condizioni elettorali, come richiesto dalle organizzazioni della società civile dopo le ultime elezioni.
A Belgrado però non sono visibili bandiere dell’Unione europea.
È stata un’altra decisione intelligente da parte degli studenti, avendo riconosciuto la trappola della divisione. Non tutti sono necessariamente favorevoli all’Unione europea o sanno per certo cosa significhi per loro l’adesione all’UE. Queste sono tutte conseguenze di una presentazione mediatica tossica dell’UE da parte del partito al governo.
Più in generale, gli studenti non sventolano alcuna bandiera con un significato politico, tranne quella serba, perché stanno lottando per il rispetto dello stato di diritto nel loro Paese. Hanno evitato l’ambiente tossico della politica per concentrarsi solo sulle loro richieste.
Qual è il sentimento in Serbia nei confronti dell’UE?
L’opinione generale nei confronti dell’UE è influenzata dalla narrazione dei media vicini al governo. Il 21 gennaio abbiamo celebrato l’11° anniversario dell’inizio dei negoziati di adesione all’UE, ma in questi anni la Serbia è arretrata su tutti gli indici internazionali riguardanti la libertà di espressione, il funzionamento delle istituzioni democratiche, la corruzione e la trasparenza.
Da democrazia consolidata siamo diventati un regime ibrido. Per 13 anni questo governo non ha migliorato l’immagine del processo di allargamento dell’UE e i requisiti di integrazione.
Il supporto dei cittadini all’UE – che attualmente è al di sotto del 50% – è il prodotto di una campagna mediatica artificiale sostenuta e spinta dal governo. Non c’è da stupirsi che non ci sia un grado di sostegno più alto.
Cosa dovrebbe fare Bruxelles per sostenere le proteste?
Non siamo ingenui, non pensiamo che l’UE possa cambiare la classe politica serba, e nessuno chiede all’UE di essere coinvolta in questo processo.
Quello che chiediamo – e che sarebbe molto utile per l’UE stessa – è di essere onesti nel chiamare le cose con il proprio nome. Quando la libertà dei media e di espressione è sotto attacco, quando vengono attaccati i membri della società civile, gli attivisti per l’ambiente, per le minoranze o per le questioni di genere, l’UE dovrebbe dire chiaramente che questo non può essere tollerato.
Non reagendo, chiudendo gli occhi su ciò che sta accadendo in Serbia e non facendosi sentire, l’UE sta in un certo senso aiutando il regime ad astenersi dalle proprie responsabilità.
Ma non ci possono essere progressi verso l’UE, se non si dimostra di essere in grado di applicare i principi dello Stato di diritto, questa è l’essenza del processo di adesione. Come si può applicare l’acquis dell’UE se non si rispettano la propria Costituzione e la propria legislazione?
Se non riuscirà a dire tutto questo, l’UE continuerà a perdere la propria credibilità come garanzia di modernizzazione ed europeizzazione della Serbia.
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