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Dopo un litigio con i genitori sui brutti voti a scuola, lui le disattiva la connessione a internet. È così che una ragazzina di 13 anni, residente a nord di Bari, decide di chiamare il numero di emergenza per l’infanzia, il 114, denunciando questo e presunti maltrattamenti da parte dei genitori. Il fatto risale a gennaio dello scorso anno. Da quel momento è scattata la procedura prevista in casi di sospetta violenza sui minori, con l’intervento dei servizi sociali, del reparto di neuropsichiatria infantile della Asl di Barletta-Andria-Trani e delle forze dell’ordine.
La vicenda è oggetto di un’inchiesta della procura di Trani con esperti che hanno rilevato una forte dipendenza della ragazza dal cellulare, che utilizzava per circa dieci ore al giorno. Proprio questa dipendenza sarebbe stata, secondo papà e mamma, una delle cause dei suoi brutti voti a scuola, che a loro volta avrebbero scatenato le discussioni con i genitori. Durante un incidente probatorio, la 13enne ha ammesso che, dopo i conflitti legati ai voti scolastici, le veniva tolto il telefono.
Mentre la Procura ha deciso di chiedere il rinvio a giudizio dei genitori, la prima riflessione va al codice della Privacy italiano, che prevede che “l’età minima per iscriversi a un social network sia di 14 anni”. La giovane salentina invece di anni ne ha 13. L’ordinamento prevede che chi non li ha ancora compiuti può disporre dei social, “ma solo previo consenso da parte dei genitori. Il Regolamento Europeo (Gdpr) prevede una soglia minima di 16 anni”.
«Senza entrare nel merito di questo caso specifico ma partenendo da esso per un’analisi generale, si nota la fragilità genitoriale fa da sfondo sempre in situazioni del genere. L’unico strumento, al di là della segnalazione che la ragazzina ha fatto, è la punizione. Il togliere il cellulare. Un atto che scatena tutta una serie di dinamiche che hanno portato l’adolescente pugliese a sentirsi maltrattata», spiega Ivano Zoppi segretario generale Fondazione Carolina, ente che si occupa di rete, cyberbullismo e altri disagi online di bambini e ragazzi coinvolgendo famiglie, scuole e istituzioni.
Quella che a un primo sguardo può sembrare una relazione esagerata della giovane ad una punizione dei genitori, così non è se si guarda a fondo: «Erano state date regole di utilizzo del telefono e dei social? Se vi aveva accesso era perché i genitori hanno dato il permesso, visto che ha meno di 14 anni», chiosa Zoppi. Che aggiunge: «Se non c’era in famiglia una regolamentazione dell’uso del dispositivo, allora toglierlo in quel modo, per uno o più brutti voti, può far sentire la giovane trattata male e punita a fondo e ingiustamente. Inoltre sullo smartphone, da tempo ormai e non solo per i ragazzi, si svolge e accade una fetta importante della vita. Quindi se io genitore prima do uno strumento, e poi lo tolgo senza un dialogo o un confronto sulle regole da seguire, o sui tempi di utilizzo, la reazione può essere quella della tredicenne barese che chiama il 114, o come, capita in alcuni casi che abbiamo intercettato, di avere un malessere psicologico e fisico».
È chiaro quindi che una situazione del genere chiede di tornare a ragionare sul ruolo genitoriale. È davvero il telefono dal causa dei brutti voti? «Quella è al massimo una delle conseguenze, non può essere la causa, tantomeno la principale. Dobbiamo renderci conto», ribadisce il segretario generale della onlus «che dentro lo strumento del telefono i ragazzi hanno un mondo che dà anche delle risposte alle loro domande, è accogliente perché ti fa vedere quello che vuoi tu. Chiedi e lui restituisce, cosa che sempre più spesso un genitore un fa più o sempre meno. Nel momento in cui non c’è un dialogo, non c’è un incontro con il mondo adulto, e il giovane si rifugia in rete, dove allora non deve stupire che passasse 10 ore al giorno davanti allo schermo. L’obiettivo è lavorare affinché non ci sia bisogno di un intervento dei servizi sociali e non si arrivi a questo punto. E in questa direzione» conclude Zoppi «va anche il nostro lavoro come Fondazione Carolina nelle scuole con i ragazzi, con le famiglie e le istituzioni».
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