quell’allarme in ritardo su Almasri inviato dalla Germania. L’«attenzione» del Colle

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È il giorno della controffensiva. Politica e legale. Il governo prepara le carte bollate sul caso Almasri. E si affida alla “Lady di ferro” del Foro, Giulia Bongiorno, per rispondere a tono ai pm romani che hanno messo sotto indagine una premier, due ministri e un sottosegretario.

Linea dura. Mentre si accendono i riflettori del Quirinale, da dove trapela la preoccupazione di Sergio Mattarella per gli albori di una nuova stagione di guerriglia fra toghe e governo. Ieri l’informativa del ministro Matteo Piantedosi e del Guardasigilli Carlo Nordio è saltata. Complice il monito di Bongiorno scandito a Giorgia Meloni e gli altri colonnelli indagati durante un vertice nelle stanze affacciate su piazza Colonna in mattinata: nessuno parli, dentro o fuori il Parlamento. Ovvero: rispettate il segreto istruttorio. E così è stato, se si fa eccezione per un passaggio sul caso Almasri di Nordio audito al Copasir, a porte chiuse.

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Meloni indagata, cosa succede adesso? Il ruolo del Tribunale dei ministri che dovrà decidere se archiviare oppure proseguire con l’indagine

Le carte del governo

Nelle retrovie intanto la linea difensiva prende forma e poggia su una ricostruzione dettagliata al millimetro del tour europeo del libico tra il 6 e il 18 gennaio, dal Regno Unito fino all’arrivo a Torino, dove è stato arrestato.

Ebbene il governo accusa la Germania di aver volutamente informato in ritardo la Corte penale della presenza di Almasri sul suo territorio. Precisamente tra la mattina e il pomeriggio del 18, quando il libico era già in viaggio su una Volkswagen per Torino, a un passo dal confine. Una “trappola” per l’Italia, è la tesi che animerà le “carte bollate” del governo. Deciso a non cedere terreno di fronte ai pm, a sfidarli a viso aperto con Bongiorno, avvocato di cui sono notissime le posizioni ruvide su certa magistratura.

Tutti in trincea dunque, dentro e fuori il cerchio magico di Meloni. Un motorino si ferma a via della Scrofa sotto la sede di Fratelli d’Italia. Via il casco. È Arianna Meloni, sorella maggiore della premier. «Nulla può fermarci o intimidirci – avvisa di corsa parlando con Il Messaggero – gli italiani sono con noi e noi andiamo avanti finché c’è il popolo a sostenerci». Insomma l’Italia s’è desta contro i pm? Non cede alle provocazioni. «Ha alzato la testa ed è tornata ad essere una nazione orgogliosa grazie al governo Meloni». Tant’è. Mentre dal Quirinale seguono con silenziosa apprensione le nuove tensioni tra toghe e politica – senza confermare interlocuzioni con il governo – ma non mancano di notare il parziale abbassamento dei toni nella giornata di ieri.

Poi c’è la trincea legale. Quelli che seguono sono i fatti messi in fila da Palazzo Chigi e destinati a finire nella memoria difensiva. Una ricostruzione che il Tribunale dei ministri dovrà ovviamente verificare. Almasri era da mesi sotto la lente delle autorità tedesche. Già il 10 luglio del 2024 la Corte dell’Aja ha inserito nei database tedeschi una “blue-notice” sul capo della Guardia libica, la “nota blu” che richiede agli Stati membri di sorvegliare un individuo considerato potenzialmente pericoloso. Telefoni, viaggi, carte di credito. Il 4 novembre scorso il nome di Almasri viene inserito nelle banche dati federali tedesche per «sorveglianza discreta». E solo il 18 gennaio, quando è già in viaggio da Monaco a Torino, la “blue notice” è estesa ad altri 5 Paesi: Belgio, Regno Unito, Austria, Svizzera e Francia. L’Italia non c’è. E qui risiede il cuore della difesa approntata dall’esecutivo.

Nella sera del 18 gennaio, quando ormai l’alert sull’arrivo di Almasri è stato inviato al Viminale da un funzionario italiano all’Aja, la Corte rivela agli interlocutori a Roma un fatto rilevante. La Polizia federale tedesca l’ha appena informata «sui possibili spostamenti del cittadino libico verso il territorio italiano». Dopo quattro giorni di girovagare tra Bonn e Monaco, quando ormai Almasri è partito, la Germania suona l’allarme.

Poche ore dopo scatta la “red notice” per il libico, cioè il mandato di arresto: la Digos è costretta a prelevare Almasri in manette nel cuore della notte, nell’hotel dove soggiorna a Torino. Una dimenticanza non «casuale» quella di Berlino, accusa ora il governo italiano. Anche perché Almasri era stato già fermato dalle autorità tedesche per un “finto” controllo stradale – patente e libretto – e poi da queste pedinato fino a quando non ha varcato la frontiera.

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Per il resto Bongiorno giocherà le carte che hanno portato all’assoluzione di Matteo Salvini nel processo Open Arms (a Palazzo Chigi leggono la scelta dell’avvocato leghista come segnale di un riavvicinamento personale tra premier e vice): il governo ha agito per tutelare «la sicurezza e l’interesse nazionale». Sono intanto ore di riflessioni per Meloni. Ieri chiusa a conclave con Salvini e Tajani in un vertice con i Servizi sull’emergenza migranti, il nuovo picco di partenze dalla Libia, il timore di un muro della Corte d’Appello contro il piano in Albania tra oggi e domani.

Si sente assediata la premier da «un pezzo degli apparati» che, ne è convinta, le rema contro dall’inizio. Con i vicepremier si confronta anche sulla linea legale. Al vertice Tajani fa notare perentorio che «qualcuno deve andare in Parlamento a riferire», per evitare di offrire il fianco alle opposizioni che accusano il governo di “fuggire” dal caso Almasri.

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