Quartetto, Lamon è la certezza. Gli europei per ripartire

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Nell’anno in cui, conquistato a Parigi il bronzo del quartetto, Ganna, Milan e Consonni daranno la precedenza alla strada, Francesco Lamon rimarrà il custode di quel fantastico trenino che in precedenza si era portato a casa l’oro di Tokyo e il mondiale di Roubaix.

La sua stagione è iniziata su strada nell’Al Salam Championship di Dubai e con lui c’erano anche Viviani e Scartezzini, ma adesso tornerà in velodromo con i campionati europei che dal 12 al 16 febbraio raduneranno a Zolder il circus della pista. Francesco è un ragazzo solido, riservato, capace di una grinta sconfinata. Ama ragionare e lo fa sempre con grande concretezza.

«Di sicuro farò il quartetto – dice il veneziano delle Fiamme Azzurre – altre specialità non so ancora, dipenderà anche da quali giovani ci saranno e come vorrà lavorare Marco (Villa, ndr). La mia disponibilità è come sempre al massimo. Sto vivendo questo periodo in maniera super tranquilla. Penso che anche io, se fossi stato Ganna o Milan e non avendo più niente da dimostrare, avrei ragionato allo stesso modo. E penso anche che sia il momento migliore. Quale migliore occasione dei due anni post olimpici, che sono relativamente tranquilli?».

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La bravura di Lamon è sempre stata farsi trovare al livello di Ganna e gli altri che corrono su strada nel WorldTour
La bravura di Lamon è sempre stata farsi trovare al livello di Ganna e gli altri che corrono su strada nel WorldTour
E così adesso sta a te essere il riferimento per i giovani che di volta in volta si affacceranno in pista. Ti senti uno che può dare consigli, come ti vedono secondo te?

Lo vedo come un modo di trasmettere quello che a mia volta ho imparato nel corso degli anni. I giovani che vengono su adesso e che entrano nel nostro gruppo sono molto più avvantaggiati rispetto a quando ero giovane io anni fa. In quel periodo, l’attività su pista non era così sviluppata, ma soprattutto non aveva un seguito così grande. Quindi ovviamente anche grazie al lavoro che ha fatto Elia, mi sono trovato a vivere sia il periodo più difficile degli inizi, sia quello splendente che stiamo vivendo oggi.

In cosa sono avvantaggiati quindi i giovani che arrivano ora in nazionale?

Non dico che abbiano già la strada spianata, però partono da un livello più alto, anche solo per i materiali. Poi ci sono i metodi di preparazione sviluppati al 100 per cento dal settore performance. Quindi se un atleta ha le doti, emergerà più facilmente rispetto a quando debuttammo noi.

Possiamo dire che Milan sia stato l’esempio di questo?

Esatto, l’esempio più recente e più chiaro. Quando Jonathan è arrivato quattro anni fa, era un giovane super emergente. E abbiamo visto che, con tutti i materiali a disposizione e la giusta preparazione, ha fatto subito la differenza. Detto questo, penso che Johnny sarebbe emerso anche se fosse stato nell’ultima delle nazioni del mondo, però comunque un giovane che oggi voglia intraprendere l’attività su pista in Italia, è molto avvantaggiato.

Parigi 2024, parte la finale per il bronzo: occhi negli occhi fra Villa e Lamon
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Parliamo allora di Francesco Lamon, l’unico di quel quartetto a non essere professionista su strada. Quanto è stato faticoso, dal punto di vista fisico e mentale, tenere quel livello altissimo e non mollare un metro?

Ovviamente nel quadriennio scorso, ho passato anche io i miei momenti di alti e bassi e sono contento di come sono arrivato a Parigi. Sinceramente, come ho sempre detto, non vivo un gap mentale o in termini di pressione, correndo con altri ragazzi che sono professionisti su strada. Quando siamo lì insieme, nessuno chiede o va a guardare cosa abbia vinto o fatto su strada uno o l’altro. Siamo quattro, tutti per uno in quei quattro chilometri, quindi il resto si azzera. Ovviamente in termini di preparazione ho dovuto forzare un po’ di più e fare i salti mortali per colmare le differenze o avvicinarmi alle prestazioni che non posso raggiungere con la mia attività su strada.

E come hai fatto?

Ho iniziato a lavorare molto prima, facendo più ritiri su strada. E quando loro erano al Giro d’Italia, io chiedevo alla Arvedi e alle Fiamme Azzurre che mi schierassero nel maggior numero di corse possibili. In più ho aumentato i blocchi di volume in quota, per cui quando loro hanno staccato dal Giro, io ero in altura già da un mese. Ho fatto tutto il possibile per avvicinarmi al loro livello, affinché fossimo il più omogenei possibile in pista.

E’ comunque un impegno che richiede studio e applicazione…

Se dovessi dire quale sia il gap più evidente, dovrei parlare della loro maggiore resistenza dovuta all’attività su strada. Il lavoro specifico invece è uguale per tutti e la nostra fortuna è che riusciamo ad arrivare agli appuntamenti importanti allo stesso livello. Quello del quartetto è uno sforzo breve ma intenso, quindi è abbastanza nelle mie corde, mentre sarei stato più in difficoltà se avessi dovuto preparare una madison, per esempio, non correndo tanto su strada.

Lamon, classe 1994, è un atleta delle Fiamme Azzurre che fa attività su strada con la Arvedi Cycling
Lamon, classe 1994, è un atleta delle Fiamme Azzurre che fa attività su strada con la Arvedi Cycling
Ovviamente ciascuno di questi passaggi viene studiato con Bragato e Villa?

Certo e anche quando sono andato per tutto quel tempo in altura, si è trovato il compromesso per non mollare l’attività su pista. Per cui una volta a settimana/dieci giorni, scendevo da Livigno e andavo a Montichiari. L’altura mi dà molti benefici, quindi nell’anno olimpico ho cercato di sfruttarla il più possibile.

Europei in vista, con quale motivazione si va, sapendo che non ci sarà il dream team azzurro?

Quando si va a correre, la testa è la stessa, che si vada a fare un campionato regionale oppure le Olimpiadi. Se vedessi che non ho la grinta o la giusta motivazione, sarei il primo a tirarmi indietro. Uno stimolo in più potrebbe essere quello di riuscire a portare sul podio altri tre giovani, in modo che anche per loro il quadriennio possa partire nel migliore dei modi. Ovviamente quattro anni sono lunghi e di certo, che vada bene o male, non sarà questo europeo a decidere le cose. Però può essere un buon punto di partenza da sfruttare.

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Fantini, Magagnotti, Stella, Sporzon, Costa: c’è grande attesa il quartetto iridato juniores (foto FCI)
Fantini, Magagnotti, Stella, Sporzon, Costa: c’è grande attesa il quartetto iridato juniores (foto FCI)
A livello tuo di sensazioni, vedi questi ragazzi intimiditi nell’avvicinarsi ad atleti più esperti e vittoriosi come te?

Oddio, dipende dal carattere che hanno. Ne abbiamo visti anche alcuni un po’ più sfrontati, anche se poi la cosa gli si è ritorta anche contro, ovviamente in senso buono. Altri invece sono un po’ più timidi, hanno più bisogno di crescere. Ma ripeto: lo faccio molto volentieri, perché hanno bisogno della mia esperienza.

Per cosa, ad esempio?

Allo scorso mondiale, ho notato il loro modo di avvicinarsi alla gara. Non sanno bene come gestire la tensione e questo è un tipo di esperienza che inevitabilmente manca. Essendo così giovani, non hanno avuto tante occasioni di rompere il ghiaccio. Sono molto forti, ma se non acquisisci la freddezza che serve, sono più gli errori che rischi di commettere dei risultati che porti a casa, quindi bisogna trovare un giusto compromesso tra le cose.

Sei nato nel 1994, quindi a febbraio compirai 31 anni, che saranno 34 a Los Angeles. Ci stai già pensando oppure si vive di mese in mese?

Non so dire dove sarò nel 2028, la domanda è sul tavolo. Però io non sono uno che vive un mese alla volta. Se vedo che la voglia c’è ancora, come c’è adesso, allora vivrò la rincorsa come se avessi vent’anni. Ma sarei anche il primo, vedendo che mi intestardisco e che il livello non è all’altezza, a tirarmi indietro. Prima o poi il ciclo si chiuderà, ma non mi sento di dire sin da adesso che ci sarò oppure no. Per ora sono ancora qui che mi sto impegnando con la grinta e la volontà al 100 per cento, di questo sono sicuro.

Milan, Lamon, Ganna, Consonni: il quartetto d’oro di Tokyo che a Parigi ha preso il bronzo
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A Tokyo arrivò l’oro senza pubblico a causa del Covid, a Parigi c’era una baraonda…

Ma io preferisco aver vinto un oro senza pubblico (ride, ndr), che un bronzo davanti a 50.000 persone. La differenza di ambiente però si è sentita, ma sinceramente non è una cosa che mi influenza più di tanto. Poteva esserci anche un miliardo di persone, ma la prestazione non sarebbe cambiata.

Qual è il programma della tua primavera?

Correrò a Grenchen nei prossimi giorni perché vorrei fare lo sforzo di una gara prima degli europei. Poi faremo un ritiro pre-europeo e partiremo per il Belgio. Poi non so ancora quale sarà il programma delle Coppe del mondo. Per cui adesso vediamo di passare bene gli europei e poi con Marco faremo il punto per quello che si potrà ancora fare.





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