MONTENEGRO: Dopo il massacro di Cetinje, tra proteste, strumentalizzazioni e culto delle armi

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A distanza di quasi un mese dal massacro di Cetinje, in Montenegro continuano le proteste, osteggiate dal governo.

Da CETINJE – L’anno nuovo montenegrino si è aperto all’insegna dell’orrore e dello sgomento, dopo che nella notte di San Silvestro il 45enne Aco Martinović ha aperto il fuoco in diversi locali uccidendo 13 persone, tra cui due bambini, per poi togliersi la vita. A giudicare dalle vittime, tutte identificate come parenti o amici dell’assassino, si evince come i colpi esplosi non siano stati causali, ma anzi l’esito di una faida familiare nata da antiche ruggini riesplose. Martinović era già noto alle forze dell’ordine a causa di comportamenti violenti e possesso illegale di arma da fuoco.

Le proteste

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Cetinje, capitale culturale del Montenegro, era già salita agli onori delle cronache nel 2022 per un’altra sparatoria, sempre esito di dispute familiari. In quel caso le vittime erano state undici, tra cui una donna con i suoi due figli. La tragedia del 2022 e quella di un mese fa hanno innescato un’ondata di sdegno nel paese, trasformatasi subito in grandi proteste di piazza

Un centinaio di professori universitari, 150 attivisti e circa 200 artisti del Montenegro hanno espresso il loro sostegno al gruppo studentesco “Kamo śutra” (Verso quale domani), che ha organizzato due proteste partecipatissime (il 5 e il 16 gennaio) per chiedere le dimissioni del Ministro dell’Interno Danilo Šaranović e del Vice Primo Ministro per la Sicurezza e la Difesa Aleksa Bečić, la confisca delle armi da fuoco, norme più severe che regolino le licenze per le armi e la reintroduzione dell’educazione civica come materia obbligatoria nelle scuole.

Secondo i manifestanti la polizia avrebbe mal gestito la situazione, diventata il culmine tragico di una negligenza che si trascina dal massacro del 2022: la popolazione ritiene infatti che negli ultimi tre anni le autorità non abbiano fatto abbastanza per incrementare la sicurezza all’interno del paese. 

Mentre infuriano le proteste, le autorità montenegrine hanno annunciato una nuova e più severa legge sulle armi e altre misure più restrittive per limitare le armi illegali. Da parte del governo, però, c’è anche chi cerca di screditare le proteste accusando l’ex presidente Milo Djukanović di manovrare la rivolta per fini criminali.

I commenti della politica

A ridosso della tragedia il Ministro dell’Interno Šaranović aveva dichiarato che un tale livello di rabbia e brutalità dimostra che questi soggetti spesso “sono ancora più pericolosi dei membri delle bande criminali organizzate”. Il presidente del Montenegro Jakov Milatović ha affermato di essere “scioccato e sbalordito” da quanto successo, mentre il primo ministro Milojko Spajić ha proclamato tre giorni di lutto nazionale per quella che ha definito una “terribile tragedia” che ha colpito tutto il paese.

Per i due ministri di cui si chiedono le dimissioni, appartenenti al partito conservatore “Montenegro Democratico” (DCG), tuttavia, la mobilitazione studentesca non sarebbe la voce del popolo, ma quella dei narco-clan manipolati dall’ex presidente Djukanović per riportare la criminalità ai vertici delle istituzioni. Dal canto suo il gruppo studentesco “Kamo śutra” ha chiesto prove a sostegno di tali accuse, prove che non sono state ancora presentate. Nessun membro del governo ha commentato le richieste degli studenti né ha preso le distanze dalle accuse degli esponenti del DCG. Tea Gorjanc Prelević, direttrice di Human Rights Action (HRA), ha chiesto al governo con quale diritto criminalizzi degli studenti innocenti

La Commissaria europea per l’allargamento Marta Kos inoltre ha affermato che l’Unione europea continuerà a sostenere i cittadini di Cetinje, dove si è recata col sindaco Nikola Djurašković ad accendere candele in onore delle vittime. Kos ha anche sottolineato il suo impegno a collaborare con le autorità montenegrine per promuovere lo sviluppo economico e sociale della città, ricordando ai suoi abitanti la “forza dell’unità” all’interno della grande famiglia europea.

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La manipolazione della tragedia da parte di media e social

La notizia del massacro di Cetinje ha avuto ampia eco anche tra i media della regione. Secondo il quotidiano serbo Telegraf l’acclamatissimo filosofo, poeta, sovrano e guida spirituale del Montenegro Petar II Petrovic Njegoš avrebbe maledetto Cetinje, corredando l’articolo con un’immagine che affianca Njegoš a Martinović. L’agenzia per i media audiovisivi del Montenegro (SAMU) ha quindi dichiarato che alcuni media della regione utilizzano la tragedia per riciclare vecchie narrazioni che danneggiano la coesione sociale del Montenegro. Sono state pertanto annunciate ulteriori misure per controllare i contenuti trasmessi dai media online registrati e dai programmi televisivi.

Sono però i social media il teatro di massima manipolazione e strumentalizzazione della vicenda: per molti utenti la popolazione di Cetinje “meritava” questo massacro, mentre altri attribuiscono la responsabilità del crimine alla Chiesa ortodossa serba, cui l’assassino era presumibilmente fedele. Alcuni religiosi, tra cui il patriarca serbo Porfirije, hanno invitato la popolazione di Cetinje a tornare alla “vera fede” per neutralizzare la maledizione che “grava sulla città”.

Il culto delle armi

Il Montenegro ha una cultura delle armi profondamente radicata. Come altri paesi dei Balcani occidentali, anche in Montenegro pullula un’enorme quantità di armi illegali (per lo più provenienti dalle guerre degli anni ’90) che piazza il paese ai primi posti delle classifiche mondiali per numero di armi in rapporto a quello degli abitanti. 

Un culto delle armi, diffuso in tutta la regione, che si lega indissolubilmente alla violenza, con episodi che insanguinano il suolo di altri paesi nella regione. Clamoroso quanto drammatico il caso della Serbia, quando nel maggio 2023 due omicidi di massa hanno sconvolto la popolazione e attivato una mobilitazione civica in tutto il paese, con una marcia contro la violenza partecipata da decine di migliaia di persone.

Esattamente come sta accadendo in Serbia, in rivolta contro le autorità dopo la tragedia avvenuta alla stazione ferroviaria di Novi Sad, anche in Montenegro uno degli slogan più diffusi tra i manifestanti accusa le autorità di avere le mani insanguinate, richiamando quanto urlato nelle piazze serbe. Se la Serbia è percorsa da settimane da un catartico bisogno di giustizia, anche il Montenegro sembra essersi avviato sulla stessa strada. Come in Serbia, anche in Montenegro le responsabilità politiche vengono sistematicamente insabbiate, la classe dirigente resta saldamente ancorate alle poltrone e il popolo in rivolta viene ignorato e lasciato senza risposte in balìa della propria rabbia.

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Foto: ksat.com



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