l’incontro tra culture al centro di un nuovo modo di fare architettura- Corriere.it

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Come le migrazioni (in)volontarie ci fanno ripensare gli spazi: l’incontro tra culture al centro di un nuovo modo di fare architettura
Vista aerea di persone che camminano in citt�. Crediti foto: Getty Images

Esplorare un nuovo modo di fare architettura, partendo dall’idea che lo studio architettonico non sia un semplice progettatore, ma agente di cambiamento. L’obiettivo — molto pratico — de Il Prisma, societ� internazionale di architettura e design nata in Italia, si basa su un lavoro di ricerca ben pi� astratto. Un’attivit� portata avanti da un piccolo team interno allo studio che, pur essendo difficilmente quantificabile (ma perch� assecondare l’ossessione contemporanea di quantificare ogni cosa?), punta a capire come l’architettura, l’arte e il design possano rispondere alle grandi sfide globali contemporanee.

Lo studio internazionale, ma con Dna italiano, ha declinato il concetto di migrazioni in due progetti: il primo per la ricostruzione di un quartiere in Siria distrutto dai terremoti; il secondo per ripensare lo spazio lavorativo come occasione di connessione con culture diverse

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Il primo tema affrontato, nel corso del 2024, � stato non a caso quello delle migrazioni (in)volontarie, siano esse forzate o scelte. �”Migrazioni” � un termine complesso che non ha una definizione univoca�, riflette Giacomo Rozzo, Head of Innovative Experience a Il Prisma, �perch� varia a seconda del contesto. In realt�, chiunque cambi contesto socioculturale pu� essere considerato un migrante che deve ricostruire alcuni aspetti identitari�. Questo concetto si � concretizzato in due progetti molto diversi ma profondamente connessi.

Ricostruire un quartiere della Siria

Connessione — con il territorio e con le persone che lo abitano — � un termine chiave per leggere il progetto con cui Il Prisma ha partecipato al concorso Architects for Humanity per la ricostruzione del quartiere residenziale Azaz, nel nord della Siria, distrutto nel febbraio 2023 da un terremoto con 12,5 milioni di sfollati. �Nel progetto la parola si trasforma in spazio�, riassume l’artista Marco Nereo Rotelli, che ha preso parte al bando. Vista dall’alto, infatti, la pianta disegna la parola “vita” scritta in arabo. Un termine che si potrebbe leggere anche da Google Maps e che, come un filo, ricuce una comunit� distrutta dalla calamit� naturale.

Alla base del lavoro c’� il rispetto del senso di identit� e appartenenza di un popolo che appartiene a una cultura diversa dalla nostra. Il progetto si � articolato in quattro step: dalla costruzione della scritta, �intesa come un tessuto morbido e modificabile�, all’incontro con le persone e le loro esigenze. Passando per la condivisione, che si � tradotta nella progettazione di aree pubbliche in grado di rendere vivo lo spazio e arrivando, infine, al quarto e ultimo step incentrato sull’appartenenza.

Nel progetto sono stati coinvolti tre mediatori culturali, oltre all’attivit� di Nausicaa Pezzoni, architetta e professoressa di Urban Planning al Politecnico di Milano: l’approccio di Pezzoni, che coinvolge attivamente le persone chiedendo loro di rappresentare la propria idea dello spazio in cui vivono, � risultato un’integrazione fondamentale per il progetto architettonico, la cui idea � mettere la valorizzazione delle differenze al centro del ripensamento degli spazi e dei contesti che viviamo.

Come cambia lo spazio di lavoro

Parallelamente al progetto siriano, lo studio ha portato avanti anche un’altra iniziativa con l’obiettivo di ripensare lo spazio di lavoro. In questo caso, sotto la lente della ricerca � finito lo studio stesso: al suo interno, infatti, lavorano 25 expat di 19 nazionalit� diverse e provenienti da quattro continenti.

Anche in questo caso il progetto ha messo al centro la valorizzazione della diversit�: sono state svolte diverse interviste, dalle quali sono emerse sensazioni di spaesamento e “sradicamento” tipiche di chi si trova a vivere e lavorare in un contesto completamente diverso da quello di appartenenza. A partire dal racconto di queste sensazioni (anche in forma di podcast) e dalla conoscenza delle reciproche culture, le differenze si trasformano in una risorsa e un’occasione di incontro.

Sostenibilit� sotto la lente

�Il tema di quest’anno sar� la sostenibilit�, ha annunciato Stefano Carone, fondatore e managing partner de Il Prisma: �Ma la affronteremo con l’obiettivo di renderlo pi� “digeribile” e piacevole, visto che oggi � vittima di una narrazione pesante�. Il titolo che guider� le riflessioni � Let’s make green green again (Facciamo tornare verde il verde, parodia dell’espressione Make America Great Again del neoeletto presidente degli Stati Uniti, Donald Trump). Una buona lente per offrire un punto di vista inedito su un tema che � da tempo sulla bocca di tutti.

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