LA VIOLENZA DEGLI SCUDI. Repressione e controllo sociale –

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Venerdì 17 gennaio 2025, come gruppo Mikhail Bakunin di Roma e Lazio abbiamo deciso di scendere in piazza Sant’Andrea della Valle a Roma per partecipare ad un presidio indetto dalla Rete “No DdL Sicurezza – a pieno regime”. Nonostante l’iniziativa fosse stata indetta da realtà ed associazioni vicine a partiti istituzionali, abbiamo fatto questa scelta come risposta immediata e in contrapposizione alla retorica di un’unanime difesa del potere esecutivo da parte di tutto l’arco parlamentare. I gravi fatti avvenuti negli ultimi mesi hanno accentuato l’esplicita posizione da parte dello Stato di dare immunità e garantire l’impunità alle cosiddette forze dell’ordine.

Abbiamo visto dai diversi video che sono circolati sui social e sui media come il 24 novembre 2024, nelle strade di Milano, la vita del diciannovenne Ramy Elgaml si sia spezzata durante l’inseguimento da parte dei carabinieri e come il motorino sia stato speronato più volte a velocità sostenuta. In questo modo, di fatto, una condanna a morte senza processo. Eppure, per la Procura di Milano, non ci sarebbe stata alcuna violazione nelle modalità d’intervento. Un caso che si somma a troppi altri, dove il potere esecutivo agisce con impunità e senza trasparenza, sotto l’egida di una cupola istituzionale che cancella ogni responsabilità e mina sempre più le libertà individuali e collettive in nome dell’ordine e della sicurezza. Ma davvero possiamo rimanere silenti davanti a queste narrazioni sfacciatamente false raccontate dai mass-media controllati dallo Stato? La morte di Ramy non è un episodio isolato: è parte di un sistema che reprime, perseguita e silenzia.

Infatti, proprio mentre si manifestava per quanto accaduto al ragazzo, un’altra vicenda inquietante si è consumata a Brescia: alcune attiviste di Extinction Rebellion, fermate dopo una manifestazione sotto la Leonardo, sono state costrette in questura a spogliarsi, togliersi persino le mutandine e fare squat davanti agli agenti. La questura ha dichiarato di aver agito “nel rispetto delle procedure”, ma è evidente l’umiliazione inflitta a queste donne. Eppure, i loro compagni maschi non sono stati sottoposti a tali pratiche. Non è solo una questione di genere: è il segno di un sistema di controllo e intimidazione che colpisce chiunque osi alzare la testa contro i loro interessi.

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E mentre le forze dell’ordine si garantiscono sempre più spazio d’azione, il governo accelera per approvare un nuovo pacchetto sicurezza che consegna loro uno scudo penale. Ministri come Maurizio Gasparri spingono per bypassare il dibattito parlamentare e approvare il ddl 1236 (ex 1660) direttamente in aula, senza alcuna mediazione o dibattito. Un ddl che, tra le altre cose, con l’articolo 31, attribuisce alle forze dell’ordine e agli apparati dello Stato il potere di creare gruppi terroristici e commettere reati, purché ne sia informato il capo del governo. Una legge che, di fatto, sancisce la legalizzazione dell’arbitrio, conferendo un potere quasi illimitato agli apparati repressivi dello Stato.

Persino i sindacati confederali, simbolo di una contrattazione ormai annacquata, subiscono attacchi diretti da parte dei ministri dello Stato… e le conseguenze si vedono. Sul fronte del sindacalismo di base i picchetti dei lavoratori della logistica, spesso migranti, sono bersaglio di attacchi squadristi e minacce, come accaduto in numerose occasioni in cui i lavoratori sono stati aggrediti e intimiditi per aver lottato contro condizioni di sfruttamento disumane. Nel frattempo, le istituzioni dello Stato, senza vergogna, si richiamano apertamente al fascismo e persino alla teoria della sostituzione etnica, un’idea che affonda le radici nella propaganda nazista.

Il governo intensifica la costruzione di nuovi centri di detenzione per migranti, spesso fuori dai confini nazionali, alimentando l’esternalizzazione delle frontiere, che altro non è che una deportazione mascherata.

Gli accordi europei rafforzano il respingimento sistematico, costruendo una lista arbitraria di Paesi “sicuri” essenzialmente basata non su verifiche geopolitiche, ma sull’esigenza di respingere il maggior numero di persone. Questa escalation repressiva si inserisce in un disegno più ampio ed alimenta un razzismo sempre più esplicito e aggressivo da parte dei media e dei neofascisti: non è forse un salto indietro nel tempo, verso il fascismo della prima ora o la strategia della tensione?

Sicuramente è il terreno fertile per un progetto autoritario che vuole spezzare ogni forma di resistenza. È fondamentale riconoscere che queste politiche non colpiscono solo i migranti, le attiviste o i lavoratori: sono un attacco diretto alla libertà e alla dignità di tutte e tutti. La militarizzazione delle strade, la repressione del dissenso, il controllo sistematico e l’impunità garantita alle forze dell’ordine disegnano uno scenario sempre più vicino ad identificabile con un regime di polizia.

Di fronte a questo non possiamo restare in silenzio. La storia ci insegna che la libertà e l’emancipazione non sono mai state concesse dalle autorità e non possiamo permetterci di darle per scontate: sono sempre state conquistate con la lotta collettiva. Organizzarsi, opporsi, costruire percorsi di solidarietà e resistenza è oggi più che mai una necessità. La strada verso la libertà è lunga e difficile, ma è l’unica via per sfuggire alla morsa di un sistema che ci vuole in schiavitù, divisə e impauritə.

Non lasciamo che ci tolgano anche la speranza per un’umanità nova: la lotta è l’unica via, ora e sempre resistenza!

Gruppo anarchico Mikhail Bakunin – FAI Roma&Lazio

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