La storia e la coltivazione del cappero sardo di Selargius

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Selargius è una cittadina di poco meno di 30.000 abitanti nell’hinterland di Cagliari, nel sud della Sardegna. Tutta la zona sta sperimentando una grande vivacità dal punto di vista turistico e gastronomico (qui la mappa con i migliori ristoranti della città), a Selargius la popolazione è raddoppiata negli ultimi 50 anni, ma anche sotto il profilo delle produzioni agricole ci sono delle importanti realtà ben radicate nel territorio.

Il cappero, simbolo del Mediterraneo

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È il caso del cappero di Selargius, anche detto cappero selargino per via delle sue origini. La coltivazione dovrebbe avere origini antiche e riconducibili all’opera di diffusione da parte di un uomo, Domenico Dentoni, che veniva da una famiglia genovese e che fece il sindaco della cittadina nella seconda metà dell’800. Anticamente i capperi, in sardo ‘is tapparas’, venivano coltivati nelle campagne in Sardegna e poi portati nei mercati dalle donne del posto tramite ceste, ‘is crobis’ sempre in dialetto, e poi diffusi nel resto dell’isola dove hanno contaminato la cucina in vari modi.

Perché il cappero di Selargius è speciale

La coltura di zona ha un’importante particolarità: a differenza di altri capperi, tra cui quelli più famosi (come i capperi delle Isole Eolie di cui abbiamo parlato qui), la pianta del cappero di Selargius può stare eretta da sola, senza arrampicarsi sui muri o appoggiarsi ad altre piante. Ha un portamento globoso e non radicale e può crescere fino a un metro e mezzo di altezza. Un’altra caratteristica sta nella natura stessa del cappero, che risulta più leggero e con un peso specifico molto più basso rispetto ai normali capperi. Questo rende la salagione anche meno invasiva e persistente.

Caratteristiche e diffusione del cappero

Fiore di cappero ph. Archivio Slow Food

Come sappiamo il cappero è il nome della pianta molto diffusa anche a livello selvatico soprattutto nel bacino Mediterraneo, ma anche il nome del suo bocciolo, quello che mettiamo in conserva e mangiamo. Del cappero sono buoni i frutti, chiamati cucunci – sebbene più rari in cucina – simili a dei capperi di dimensioni maggiorate. Oltre alle isole Eolie, anche altre zone della Sicilia sono famose per la produzione di capperi ma, come abbiamo visto, la Sardegna può essere considerata un’altra piccola capitale del cappero con il suo particolare prodotto.

Pregi e difficoltà della coltivazione del cappero sardo

Il cappero è una pianta che cresce con i climi aridi e caldi, a temperature anche molte alte, che durante i mesi freddi va a riposo e comincia a fiorire (i fiori sono riconoscibili e bellissimi) in primavera. È una pianta perenne e anche a Selargius si segnalano esemplari che possono avere fino ai 100 anni, piante secolari che sono state rimesse in produzione nelle campagne della cittadina, dove si lotta per sfilare i terreni alla speculazione edilizia che ha coinvolto la zona. Il cappero si raccoglie prima dell’estate, sempre a mano

Il Presidio Slow Food del cappero di Selargius

Capperi appena raccolti ph. Archivio Slow Food

Alla fine del 2024 è stato creato il Presidio Slow Food del cappero di Selargius, già arca del Gusto, per dare maggiore centralità al prodotto. Al momento sono segnalati due produttori nel Presidio che hanno svolto un’importante opera di conservazione e lavoro sul territorio. Sono Marco Maxia, responsabile del Presidio, ed Enrico Dentoni della Fattoria Bioagriculturasarda. Non si tratta del primo presidio Slow Food che riguarda questa tipologia di prodotto: possiamo segnalare il già citato cappero di Salina ma anche quello di Ballobar, che si coltiva nella provincia di Huesca, regione di Aragona in Spagna.

Come si cucina il cappero sardo

Il cappero di Selargius può essere messo sotto sale – utilizzando sale da cave presenti in Sardegna – ma anche sott’olio o sotto aceto di vino, oppure può essere la base di sughi e salse di carne, verdure e pesce. Può diventare il condimento di paste di ogni genere ma anche di insalate fresche. È uno degli ingredienti principali del conillu a succhittu, un pezzo di carne di coniglio marinato nell’aceto o nella malvasia e cotto con aglio, cipolle, prezzemolo, pomodoro secco, olive e capperi sottaceto.

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