Con sentenza del 27 gennaio la Prima Sezione Civile del Tribunale di Catanzaro ha annullato la delibera resa dall’Anac in data 24 febbraio 2021 con la quale era stata irrogata ai componenti dell’allora Giunta comunale di Lamezia Terme e del Segretario Generale dell’Ente la sanzione pecuniaria di 1.000 euro, per ciascuno degli interessati, “per omessa adozione del Piano triennale della prevenzione della corruzione relativo al triennio 2020-2022”.
Nell’accogliere in toto le argomentazioni difensive esposte dai ricorrenti Paolo Mascaro, Antonello Bevilacqua, Teresa Bambara, Francesco Dattilo, Giorgia Gargano, Giovanni Luzzo, Luisa Vaccaro, Sandro Zaffina e Pasquale Pupo, il Tribunale ha rilevato come nel caso di specie l’Anac abbia esondato dai confini del potere sanzionatorio assegnatole dall’art. 19, comma 5, lett. b), del D.L. 24 giugno 2014, n. 90, il quale prevede che l’Autorità possa irrogare una sanzione amministrativa da 1.000 a 10.000 euro, nel caso di “mancata adozione” del piano triennale della prevenzione della corruzione.
Nel caso in esame, invece, il Tribunale ha accertato che “presso il Comune di Lamezia era regolarmente vigente, adottato e pubblicato il Piano Triennale riferito al periodo 2028/2020 e, quindi, anche relativamente all’anno 2020”.
Sicché l’Ente non risultava affatto privo di tale strumento di programmazione, stante la perdurante vigenza ed efficacia, anche nel corso del 2020, del PTPC adottato con valenza triennale per il periodo 2018/2020.
Né il mancato aggiornamento annuale del Piano in esame, registratosi sia nel 2019 (ovvero durante la gestione della Commissione Straordinaria che all’epoca reggeva il Comune) che nel 2020 (durante il primo anno della gestione Mascaro), poteva in alcun modo giustificare il ricorso al potere sanzionatorio da parte dell’Anac, atteso che il citato art. 19, comma 5, lett. b), individua chiaramente la condotta sanzionata “nella mancata adozione dei piani in essa sanzionati”, con conseguente totale irrilevanza, ai fini sanzionatori, di ogni altra condotta diversa da quella nitidamente identificata dalla norma sanzionatoria.
Nell’adottare tale statuizione il Tribunale ha fatto applicazione del principio di tassatività e tipicità delle sanzioni amministrative dettato dall’art. 1 della legge n. 689 del 1981, uniformandosi al chiaro indirizzo interpretativo avallato anche dalla Suprema Corte di Cassazione che, con ordinanza n. 28344/2023, ha evidenziato come la mancata adozione del PTPC prevista dalla citata norma sanzionatoria costituisca condotta materiale diversa da quella del loro mancato aggiornamento, la quale risulta per questo del tutto estranea all’ambito applicativo della disciplina sanzionatoria evocata.
In particolare, la Suprema Corte ha chiarito che “la diversità materiale delle condotte è evidente e comporta che una loro assimilazione o equiparazione presupporrebbe invero che la legge abbia voluto senza dirlo, sanzionare condotte diverse ed ulteriori rispetto a quella prevista, dando luogo da parte dell’interprete ad un intervento integrativo del precetto normativo ovvero al ricorso all’analogia legis, operazioni che non sono consentite in materia di illeciti amministrativi, retta dai principi di tipicità e tassatività”.
Ai fini dell’adozione della decisione di annullamento della sanzione in esame, il Tribunale ha ritenuto sufficiente accogliere i soli rilievi contenuti nel primo motivo di ricorso, ritenendo “assorbiti” le ulteriori argomentazioni difensive sviluppate dai ricorrenti, quali la carenza dell’istruttoria e l’assenza di responsabilità per difetto dell’elemento soggettivo della colpa. Non vanno dimenticate, infatti, le drammatiche condizioni organizzative e funzionali in cui il Comune di Lamezia versava nel 2020, stante la presenza in dotazione organica di sole due figure dirigenziali e la grave carenza di personale in servizio; condizioni operative rese ancor più gravi per effetto della sopravvenuta emergenza sanitaria per Covid.
Infine, nell’accogliere il ricorso, il Tribunale ha ritenuto, altresì, di condannare l’Anac al pagamento delle spese di giudizio in favore dei ricorrenti, significativamente quantificate in 8.000 euro, per compensi professionali, oltre al rimborso forfettario delle spese generali in misura del 15% oltre IVA e CPA.
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