il report Oxfam denuncia il lato oscuro dell’economia globale

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Il mondo è sempre più ricco ma le risorse finanziarie sono distribuite sempre meno equamente. Il report Oxfam “Disuguaglianza-Povertà ingiusta e ricchezza immeritata” evidenzia come nel 2024 la prosperità miliardaria sia cresciuta in termini reali di 2.000 miliardi di dollari (una cifra equivalente al Pil italiano) pari a circa 5,7 miliardi di dollari al giorno, a un ritmo tre volte superiore rispetto all’anno precedente.

Il risultato è che oggi l’1% più facoltoso al mondo possiede il 45% della ricchezza del pianeta. L’altra faccia della medaglia è rappresentata dalle persone che oggi vivono in povertà, con meno di 6,85 dollari al giorno. Il loro numero è di fatto fermo al palo e invariato rispetto al 1990: si tratta di 3,5 miliardi (quasi una persona su due, il 44%). Quel che è peggio è che al ritmo attuale di riduzione della povertà ci vorrebbe più di un secolo per portare l’intera popolazione del pianeta sopra tale soglia.

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Le disuguaglianze geografiche e di genere

Ancora oggi permangano grandi differenze a livello geografico, non solo fra Nord e Sud del mondo ma anche all’interno dei singoli Paesi. L’Africa subsahariana raccoglie i due terzi della povertà estrema del mondo: la proporzione raggiunge, però, un allarmante 75% se si includono altri Paesi vulnerabili e coinvolti nei conflitti.

Le economie a basso reddito, come se non bastasse, sono quelle che fanno i maggiori sforzi per liberarsi dalla loro condizione di povertà perché invischiati in un perverso circolo vizioso: non hanno risorse sufficienti per finanziare azioni efficaci di lotta alla povertà e contrasto alle disuguaglianze perché spendono il 48% delle proprie risorse pubbliche per ripagare il debito trovandosi a incrementare ulteriormente lo stato di disagio della loro popolazione.

Sono poi molti i Paesi, anche sviluppati, in cui il divario fra ricchi e chi stenta a tenere il passo è ancora oggi evidente. L’Italia ne è un esempio lampante: il 5% più ricco delle famiglie detiene il 47,7% della ricchezza nazionale e possiede quasi il 20% in più della ricchezza complessivamente detenuta dal 90% più povero. Per non parlare del mai risolto divario geografico fra Nord produttivo e dagli elevati standard di ricchezza e Sud per la maggior parte depresso e dai redditi medio-bassi. Ultimi fra gli ultimi, dovunque si parli di scarse risorse possedute, sono le donne che risultano le più esposte alla povertà estrema: una su dieci al mondo si trova in queste condizioni. Anche il lavoro non garantisce l’uscita da una situazione di difficoltà estrema.

Negli ultimi anni il reddito da lavoro è risultato sempre meno in grado di tutelare individui e famiglie dal disagio economico. Complessivamente, l’incidenza di povertà individuale tra gli occupati è aumentata tra il 2014 e il 2023 di 2,7 p.p. con andamenti molto differenziati a seconda della tipologia dell’occupazione, se dipendente o autonomo.

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Lotta alle disuguaglianze,  tendenze e miglioramenti rispetto al passato

La lotta alle disuguaglianze ha fatto registrare negli anni un andamento altalenante con accelerazioni e brusche frenate causate da eventi macroscopici come l’epidemia di Covid. Grande ottimismo avevano diffuso i dati relativi alla diminuzione della povertà estrema fra il 2013 e il 2019 con 150 milioni di persone affrancate da questa condizione. Il report, però, mette in evidenza come si stima che solo 69 milioni di persone potranno farlo tra il 2024 e il 2030, portando il numero dei poveri globali dagli attuali quasi 700 milioni ai 622 milioni di persone (il 7,3% della popolazione mondiale). A questo ritmo verrebbe vanificato l’obiettivo di eradicazione entro il 2030 della povertà estrema stabilito nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, sottoscritta nel 2015 dai 193 governi dei Paesi membri delle Nazioni Unite.

Anche in questo caso si notano grandi differenze geografiche: la povertà sembra arretrare più velocemente in Asia orientale nel Pacifico dove i successi sono da addebitare in particolare allo sviluppo eccezionali in Cina, responsabile per quasi il 75% della riduzione della povertà estrema tra il 1990 e il 2015. Altrove le cose non vanno così bene tanto che nello stesso periodo, il numero dei poveri globale è cresciuto di 660 milioni.

Le radici delle disuguaglianze

Il report Oxfam non si limita a snocciolare i dati ma scava in profondità anche le ragioni di queste disuguaglianze individuando tre principali cause:

  • Ricchezza non creata. Il 36% della ricchezza dei miliardari è ereditata e va a costituire una nuova aristocrazia globale. Nel 2023, per la prima volta dalla pubblicazione del Global Wealth Report da UBS, la quota di ricchezza dei nuovi miliardari derivante da eredità ha superato quella attribuibile all’attività imprenditoriale.
  • Influenza politica e clientelismo. Molte ricchezze sono figlie di relazioni clientelari fra i super ricchi e il potere politico: lobbying e finanziamenti a campagne elettorali non fanno altro che promuovere l’implementazione di politiche a vantaggio di chi possiede grandi capitali aumentando il gap con i più poveri che vedono l’accesso equo alle risorse sempre più come un miraggio.
  • Un approccio predatorio. Grandi multinazionali dominano le catene di approvvigionamento globali, beneficiando della manodopera a basso costo e della continua estrazione di risorse dal Sud del mondo. Anche in questo caso emerge la posizione molto vulnerabile dell’Africa: nonostante il continente africano detenga una quota considerevole delle riserve minerarie globali, in particolare quelle necessarie per produrre tecnologie verdi come le batterie dei veicoli elettrici e le turbine eoliche, l’Africa rimane povera e il 43% della sua popolazione non ha accesso all’elettricità.

Neocolonialismo: la disuguaglianza nelle istituzioni che governano il mondo

La disuguaglianza non si concretizza soltanto in termini puramente economici ma anche come scarsa rappresentanza dei Paesi meno ricchi nelle istituzioni che contano, dove si prendono le decisioni più importanti che potrebbero contribuire concretamente a ridurre la povertà. Si pensi che i Paesi europei e quelli del Nord globale occupano il 47% dei seggi totali nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, nonostante rappresentino solo il 17% della popolazione mondiale.

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Solo il 19,2% dei fondi e dei programmi dell’ONU, di ricerca e formazione, delle organizzazioni correlate e di altre entità sotto l’egida dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, hanno sede nel Sud globale. Inoltre, gli attuali assetti e sistemi di governance delle principali istituzioni finanziarie come il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale, create quasi 80 anni fa, riflettano sistemi politici prevalenti all’epoca della fine del colonialismo: i Paesi del G7 detengono il 41% dei voti totali al FMI e alla BM, pur rappresentando meno del 10% della popolazione mondiale.

Il report mette in evidenza come anche nel caso in cui tutti i Paesi godono formalmente dello stesso status, come avviene all’interno dell’Organizzazione mondiale del commercio, le disuguaglianze continuano a essere un’amara realtà: un esempio è rappresentato dall’epidemia di Covid quando la proposta sudafricana e indiana di una sospensione temporanea dei brevetti su vaccini, dispositivi medici e farmaci salvavita, avanzata all’OMC, è stata sostenuta da oltre 100 Paesi ma contrastata con successo dalle nazioni ricche.

Report Oxfam sulle disuguaglianze, le soluzioni possibili

I problemi della povertà e della disuguaglianza possono essere affrontati e leniti. Gli strumenti a disposizione sono infatti innumerevole e Oxfam ne individua diversi. Fra le principali leve compaiono:

  • Politiche fiscali progressive: supportare, in seno al G20 e nell’ambito del processo negoziale della Convenzione quadro sulla cooperazione fiscale internazionale delle Nazioni Unite, l’istituzione di uno standard globale di tassazione dell’estrema ricchezza. Va aumentato il prelievo sulle grandi successioni e donazioni per ridurre il regime di sostanziale favore sulle risorse ereditate o ricevute in dono.
  • Investimenti: è necessario puntare sul rafforzamento dei servizi pubblici, gli unici in grado di garantire assistenza di qualità a livello universale. Quindi sanità scuola e welfare devono tornare al centro degli sforzi dei singoli Paesi e delle organizzazioni internazionali che operano nel Sud del mondo.
  • Maggiore rappresentanza dove conta: una condizione per la realizzazione concreta di progetti a sostegno della lotta e della riduzione della povertà è la crescita di peso dei Paesi più svantaggiati nelle organizzazioni internazionali che possono concretamente varare e implementare iniziative a loro sostegno. L’attuale approccio neocoloniale, invece, non fa che amplificare e perpetuare ataviche disuguaglianze.

Finanza etica e disuguaglianza 

La finanza etica può dimostrarsi un potente strumento di contrasto alle disuguaglianze, generando effetti positivi per l’ambiente e la società, ancor di più in momenti di conversione energetica e di importanti allocazioni di risorse da parte degli Stati coinvolti.

È necessario ricostruire l’economia in modo più sostenibile, adottando politiche che promuovano sistemi più equi e inclusivi. Dobbiamo rafforzare il welfare garantendo una copertura sanitaria universale e gratuita, investire di più nell’istruzione e in altri servizi pubblici capaci di ridurre le disuguaglianze. È indispensabile promuovere lavoro dignitoso, libero dallo sfruttamento, e incentivare modelli di impresa che distribuiscano il valore in modo più equo tra tutti gli stakeholder, andando oltre la semplice massimizzazione dei profitti per gli azionisti. Inoltre, non possiamo più rimandare l’attuazione di politiche orientate alla giustizia fiscale e la ridefinizione dei modelli di produzione e consumo per contrastare la crisi climatica.
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