Il grande complotto delle patatine fritte – Katya Schwenk

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In un pomeriggio di aprile del 2022 Josh Saltzman, proprietario di un bar che trasmette eventi sportivi a Washington, ha aperto la cassetta delle lettere e ha trovato quello che aveva tutta l’aria di essere un complotto per manipolare il prezzo delle patatine fritte. Nella busta c’era un avviso con cui il suo distributore gli comunicava che, a partire dal 4 aprile, i quattro maggiori fornitori di patatine e crocchette di patate surgelate, da cui si rifornivano i bar e i ristoranti di tutto il paese, avrebbero aumentato i prezzi tutti nello stesso giorno e della stessa cifra: 0,12 dollari per libbra (450 grammi).

Saltzman non poteva credere che si trattasse di una coincidenza. “Era l’esempio più palese di collusione che avessi mai visto”, racconta, “tutti aumentavano i prezzi nello stesso modo e nello stesso momento”.

Frustrato, il proprietario del bar ha dunque deciso di sfogarsi su internet. “Ho pensato di scrivere un bel tweet sulla Big Potato: da quel momento, in qualche modo, le cose hanno preso una piega inaspettata”.

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L’esistenza della Big Potato (un gruppo di poche aziende che controllano l’intero settore) era più reale di quanto Saltzman si aspettasse. Il suo tweet postato d’istinto – “nessun sospetto di collusione, vero?” – è diventato immediatamente virale e a dicembre del 2024 è stato citato nell’ambito di una serie di cause antitrust intentate contro le quattro maggiori aziende del mercato delle patate surgelate, accusate di aver concordato un aumento dei prezzi nel 2022.

Le quattro compagnie sono sospettate di agire come un “cartello”, e di aver pilotato segretamente gli aumenti dei prezzi, facendo schizzare alle stelle il costo delle patatine fritte e delle crocchette in tutto il paese. Ma non si tratta di un caso isolato. La vicenda della Big Potato è solo un esempio di un fenomeno che si ritrova in ogni ambito dell’industria alimentare statunitense, in cui le grandi aziende trovano continuamente nuovi modi per mantenere alti i prezzi.

La causa antitrust ha rivelato che oggi, dopo decenni di accordi e fusioni, quattro aziende controllano almeno il 97 per cento del mercato delle patate surgelate, per un valore complessivo di 68 miliardi di dollari. Le aziende fanno parte delle stesse associazioni di categoria e condividono una piattaforma di analisi dati esterna – PotatoTrac – in cui inseriscono informazioni commerciali riservate. Secondo l’accusa, la collusione ha spinto i prezzi delle patatine e degli hash brown verso cifre da record.

Le prime vittime di questi aumenti, naturalmente, sono i consumatori. Da McDonald’s il costo delle patatine è aumentato del 138 per cento rispetto al 2014. Il prezzo degli hash brown venduti da fast food come Jack in the Box e Hardee’s è più che raddoppiato negli ultimi anni.

E naturalmente, gli incrementi non hanno risparmiato le attività a gestione familiare come Ivy and Coney, il bar di Saltzman.

Secondo i documenti depositati in tribunale, tra luglio del 2022 e lo stesso mese del 2024 il prezzo dei prodotti a base di patate surgelate è aumentato complessivamente del 47 per cento. In un primo momento l’incremento è dipeso da un’impennata nei costi di gestione, che però ha raggiunto l’apice nel 2022. Quando i costi si sono ridotti nei due anni seguenti, i prezzi dei prodotti sono rimasti alti.

Dinamiche simili hanno toccato ogni settore dell’industria alimentare: prima le grandi aziende si fondono tra loro, poi i prezzi crescono vertiginosamente. Anche alcuni mercati di nicchia sono controllati sempre più spesso da un manipolo di compagnie che alzano i prezzi al consumo e mettono in difficoltà gli agricoltori e i fornitori, finanziando nel frattempo lucrativi programmi di riacquisto delle azioni e generando bonus e dividendi vertiginosi per i dirigenti e i grandi azionisti.

“Ormai tutti i mercati tendono verso il duopolio sul modello di Coca-Cola e Pepsi”, spiega Philip Howard, professore dell’università di Michigan state che studia la concentrazione del potere nell’industria alimentare. Anche se “il fenomeno non raggiunge sempre gli estremi del mercato delle patate, molti settori ci si stanno avvicinando”.

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Un portavoce di Lamb Weston Holdings, l’azienda più grande nel mercato delle patate surgelate e coinvolta nella causa antitrust, ha rilasciato questa dichiarazione: “Crediamo che le accuse non abbiano alcun fondamento e intendiamo difendere vigorosamente la nostra posizione”.

Le altre tre società sotto processo non hanno risposto alle richieste di un commento.

La battaglia antitrust contro il cartello delle patate surgelate è cominciata a novembre 2024. A partire da dicembre sono state depositate almeno dieci class action per conto di ristoranti, supermercati e distributori di tutto il paese, secondo cui le manovre messe in atto dai quattro produttori per controllare i prezzi hanno avuto un impatto negativo sugli affari.

Le accuse di collusione arrivano dopo anni di processi di concentrazione nel settore. Secondo le denunce, circa il 40 per cento di tutte le patate coltivate negli Stati Uniti viene comprato dalle aziende che vendono prodotti a base di patate surgelate, per un totale di diciassette miliardi di libre (7,7 miliardi di chili). Queste società comprano le patate dagli agricoltori, le surgelano, le confezionano e le rivendono ai ristoranti, ai supermercati, ai bar e ai distributori sotto forma di patatine o crocchette da friggere.

Negli ultimi vent’anni più di dieci società con importanti quote di mercato sono state accorpate fino a creare quattro grandi gruppi: Lamb Weston, J. R. Simplot Company, la canadese McCain Foods e Cavendish Farms. Tutte coinvolte nella causa antitrust. Secondo i documenti processuali, oggi Lamb Weston e McCain controllano il 70 per cento del mercato, mentre J. R. Simplot controlla il 20 percento e Cavendish Farms il 7 per cento.

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All’inizio degli anni novanta, nel settore c’era una concorrenza che alcuni dirigenti dell’epoca avevano definito “feroce”.

All’inizio degli anni novanta, nel settore c’era una concorrenza che alcuni dirigenti dell’epoca avevano definito “feroce”. Secondo i documenti contenuti in un processo sul copyright del 1993, quella concorrenza aveva prodotto la nascita delle waffle fry (patatine che hanno la forma di waffle), un’innovazione rivendicata sia da Lamb Weston che da McCain Foods, decise a sfruttarla per dominare il mercato.

Ma negli anni successivi Lamb Weston, McCain Foods e J. R. Simplot hanno ampliato le rispettive quote di mercato acquisendo o eliminando i rivali più piccoli.

I potenziali concorrenti incontravano enormi ostacoli quando provavano a entrare nel mercato delle patate surgelate, in un momento in cui il successo delle catene di fast food aveva trasformato le patate surgelate in un prodotto di massa. I guadagni stratosferici di Lamb Weston, McCain e delle altre aziende non nascevano dalle vendite agli esercizi a conduzione familiare, ma dalla battaglia sempre più accesa per accaparrarsi i grandi contratti con McDonald’s e Burger King.

Una serie di politiche antitrust piuttosto permissive ha aiutato le grandi aziende a consolidare la loro influenza sul mercato. Anche se nessuno ricorda gli anni novanta e duemila come un periodo di intensa attività contro i monopoli, Howard racconta di essere rimasto sbalordito da come le autorità di controllo hanno lasciato che pochi grandi gruppi arrivassero a controllare quasi l’intero mercato.

Sarah Carden, dirigente di Farm Action, un’organizzazione che combatte contro gli accorpamenti nel settore alimentare, concorda sul fatto che l’industria delle patate surgelate rappresenti un “esempio estremo” di concentrazione, ma sottolinea che non si tratta di un’anomalia. Carden dice che basta guardare con attenzione i prodotti in vendita sugli scaffali dei supermercati per capire il livello di concentrazione dell’industria alimentare.

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Nel 2021 il Guardian e l’organizzazione per la difesa dei consumatori Food and Water Watch hanno realizzato un’inchiesta prendendo in considerazione più di cinquanta prodotti. Hanno scoperto che quasi l’ottanta per cento dei prodotti era legato a settori in cui il 40 per cento delle quote di mercato era controllato da non più di quattro aziende. Alcuni esempi: l’80 per cento del mercato del latte di mandorla è controllato da quattro aziende; tre compagnie controllano l’83 per cento del mercato del tonno in scatola; quattro aziende controllano più dell’86 per cento del mercato dei pop-corn istantanei.

Amanda Starbuck, ricercatrice di Food and Water Watch, aggiunge che nello stesso periodo sono nate grandi concentrazioni nel settore delle carni processate e nelle grandi catene di supermercati.

L’aumento dei prezzi delle patatine fritte è stato favorito dalla crisi dei fornitori indipendenti. Nel 2021 un analista del settore ha chiesto a un ex dirigente di Lamb Weston se le grandi società del settore delle patate surgelate “potessero far passare un aumento dei prezzi del 4 o 5 per cento”. Il dirigente ha risposto che l’incremento era stato reso possibile dagli accordi tra i produttori e le grandi catene. “Può sembrare molto, ma devi capire cosa è successo al sistema alimentare da quando gli esercizi a conduzione familiare sono progressivamente scomparsi”, si legge nelle trascrizione della telefonata tra il dirigente e un’investitore, depositata nell’ambito di un processo. “Quelli che ne hanno preso il posto sono grandi aziende come Chili’s, Texas Roadhouses e Cheesecake Factory”.

L’alleanza tra i produttori e le grandi catene ha portato enormi benefici alle aziende del settore delle patate surgelate. “Società come Lamb Weston, Simplot e McCain non avevano mai visto margini di guadagno così alti”.

Per Saltzman e i clienti del suo bar l’aumento dei prezzi ha un impatto enorme. Quando ha aperto Ivy and Coney, dieci anni fa, una porzione di patatine fritte costava attorno ai 3 dollari. Oggi il prezzo è raddoppiato, ma i suoi margini si sono ridotti. “Non guadagno quasi più nulla dalle patatine”, spiega.

Ivy and Coney, famoso per i suoi hot dog, cerca di mantenere i prezzi bassi, e anche per questo i clienti restano sconvolti quando il prezzo degli onion ring o delle patatine aumenta all’improvviso. “Per loro anche un piccolo aumento è un grosso problema”.

Anche se esistesse un’opzione più economica, Saltzman non potrebbe cambiare prodotto. I fornitori con cui lavora, infatti, distribuiscono solo i prodotti di un numero limitato di aziende. Rivolgersi ad altri fornitori (o produrre autonomamente le patate) comporterebbe un aumento dei prezzi ancora più alto. “Anche se ottenessi un prezzo migliore per le patate, alla fine mi costerebbe più tempo e più soldi”, spiega Saltzman.

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All’altro capo della catena di distruzione ci sono gli agricoltori che vendono i tuberi ai giganti delle patate surgelate. “Sono in una situazione difficile perché non hanno molta scelta”, spiega Howard. Con appena quattro potenziali compratori, i coltivatori non hanno margine di manovra. Questo significa che i profitti generati dall’aumento dei prezzi non arrivano agli agricoltori che coltivano le patate.

Nonostante il calo dei costi di gestione e la rabbia dei consumatori per l’inflazione senza fine che ha colpito le patatine fritte, le quattro grandi aziende del settore hanno permesso un continuo aumento dei prezzi. A quanto pare nessuno ha pensato di andare controcorrente e ridurre i prezzi per accaparrarsi una quota maggiore del mercato. Secondo le denunce, il motivo è semplice: le aziende hanno fatto cartello per mantenere invariati i prezzi.

Nell’immaginario collettivo gli accordi per controllare i prezzi si stringono durante incontri segreti tra manager in una stanza piena di fumo. In realtà, secondo l’accusa nel processo contro la Big Potato, le trattative in questo caso si sarebbero svolte attraverso uno strumento moderno: una piattaforma online gestita da una società terza.

Dalla lavorazione delle carni al settore immobiliare, di recente le istituzioni antitrust hanno cominciato a interessarsi delle piattaforme per la condivisione delle informazioni, software usati dalle aziende per scambiarsi dati con le società rivali. Le autorità ritengono che queste piattaforme abbiano permesso alle aziende di concordare tacitamente i prezzi condividendo informazioni dettagliate e spesso confidenziali sui propri costi operativi e sul processo di scelta dei prezzi.

Durante l’amministrazione Biden i processi antitrust sono diventati “molto accesi, soprattutto negli ultimi due anni” spiega Bruce Sokler, avvocato antitrust che lavora per lo studio Mintz. Sokler ritiene che la tendenza verrà confermata anche se l’imminente amministrazione Trump ha promesso di allentare la morsa delle indagini antitrust. “Sono convinto che porteranno avanti le cause”, spiega.

Il processo antitrust intentato dal dipartimento di giustizia contro le aziende del settore della lavorazione delle carni si concentra su una piattaforma di analisi dei dati chiamata Agri Stats, che in alcuni casi avrebbe perfino “incoraggiato le aziende ad aumentare i prezzi e ridurre le forniture”. Una causa privata intentata contro le principali raffinerie di zucchero del paese sostiene che United Sugar e Domino abbiano concordato un aumento dei prezzi anche fornendo informazioni private a una società di condivisione di dati chiamata Commodity.

Questa tendenza non è limitata all’industria alimentare. Software simili hanno attirato l’attenzione degli enti che vigilano sui prezzi degli alloggi e degli hotel, a cominciare da RealPage, che aiuta i proprietari di casa a fissare i prezzi degli affitti. Secondo uno studio commissionato lo scorso anno dall’amministrazione Biden, questi algoritmi potrebbero costare agli inquilini miliardi di dollari l’anno.

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“I dirigenti sanno benissimo che se si incontrassero di persona per stabilire i prezzi commetterebbero un reato”, sottolinea Peter Carstensen, professore emerito della facoltà di legge dell’università del Wisconsin ed esponente dell’American antitrust institute. “Oggi non hanno nessun motivo di farlo, perché esistono altri modi per ottenere lo stesso risultati”.

Il settore delle patate surgelate può contare su PotatoTrac, un servizio di analisi venduto da una compagnia che si chiama Circana. Le quattro aziende principali del settore hanno accettato di inserire i propri dati in PotatoTrac, che li elabora e offre ai dirigenti un’analisi della fornitura, dei costi della manodopera e dell’evoluzione dei prezzi. Anche se i dati sono aggregati e anonimi, possono essere facilmente decifrati dagli operatori del settore per via allo scarso numero di aziende concorrenti, soprattutto nei mercati altamente consolidati come quello delle patate surgelate.

Mentre l’impennata dei prezzi alimentata dal cartello delle patate surgelate sembra non avere fine – e lo stesso vale per i loro margini di profitto – i processi antitrust rappresentano l’ultima possibilità di invertire la tendenza. Ma non sarà facile portarli a termine.

“Penso che nessuno si faccia troppe illusioni, quando si tratta di combattere in tribunale la manipolazione dei mercati. Di solito questi processi non portano a nulla”, sottolinea Saltzman. Servirà tempo per capire se il caso di Big Potato sarà diverso dagli altri.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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