Il governo in fuga. L’affaire Elmasry blocca il Parlamento

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Il caso Elmasry, con il corollario delle indagini a carico di Meloni, Nordio, Piantedosi e Mantovano, blocca il Parlamento italiano. «Non esiste spazio per passi indietro. Dritti per la nostra strada», scrive la premier sui social di primo mattino, ma si guarda bene dal riferire in Parlamento sul rimpatrio del generale libico arrestato su mandato della Corte penale internazionale e riportato a casa con volo di Stato italiano.

LE OPPOSIZIONI, pur intenzionate a non cavalcare l’indagine, fanno muro e si ribellano alla decisione presa martedì di far slittare l’informativa alle Camere dei ministri Nordio e Piantedosi prevista per oggi . E chiedono che sia lei, la premier, a spiegare in Parlamento i tanti buchi neri di quella vicenda. I due ministri scrivono ai presidenti delle Camere per giustificare il loro forfait: «In ossequio alla procedura e nel rispetto del segreto istruttorio, non sarà possibile rendere le informative previste».

Il ministro per i Rapporti col Parlamento Luca Ciriani, incalzato dalle opposizioni nella riunione dei capigruppo alla Camera, conferma che il governo «deve riflettere», si arrampica sugli specchi dicendo che «c’è una questione nuova, che mi pare eclatante e credo anche senza precedenti». E cioè l’indagine a carico di quattro componenti del governo.

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IN MATTINATA, IN SENATO, si accende la tensione. Francesco Boccia, capogruppo Pd, protesta contro il forfait dei ministri e chiede insieme alle altre opposizioni una riunione dei capigruppo. «È l’ennesima umiliazione del Parlamento. Il governo non pensi di sottrarsi alle proprie responsabilità perché il Parlamento non è stato abolito. E la comunicazione ricevuta da Giorgia Meloni e dai ministri non c’entra nulla con il doveroso rapporto tra governo e Parlamento». «Basta con questi giochetti», si associa Peppe De Cristofaro di Avs e così anche Stefano Patuanelli del M5S. Alberto Balboni di Fdi replica attaccando i giudici: «Certi magistrati umiliano continuamente la politica, questa è la vera umiliazione. L’esproprio della democrazia è reso manifesto e plateale dal fatto che oggi ministri che dovevano riferire su un fatto importantissimo non lo possono più fare perché certa magistratura si è voluta sostituire al Parlamento».

A quel punto le opposizioni abbandonano l’aula. E, durante la riunione dei capigruppo, spiegano che non sono più disponibili a partecipare ai lavori del Senato finché il governo non risponderà sul caso Elmasry. «Non andremo avanti con i lavori finché il governo non chiarirà i contorni della vicenda», spiegano al termine della riunione davanti ai microfoni. Ma il governo fa orecchie da mercante. E così la Russa decide lo stop dei lavori (almeno) fino a martedì: sconvocate anche le commissioni, salta il voto sui quattro giudici costituzionali previsto per oggi.« Non c’è il clima per un voto bipartisan», ammette Ciriani.

LA SITUAZIONE SI AVVITA. Il Quirinale osserva l’evolversi della vicenda con preoccupato silenzio: lo scontro governo giudici, e il blocco dei lavori del Parlamento sono l’esatto contrario di quella «armonia tra le istituzioni» che il presidente aveva raccomandato durante gli auguri di Natale al Colle. Oggi Mattarella sarà alla Scuola Superiore della magistratura a Scandicci, ma non parlerà. Anche l’anno scorso era stato in silenzio alla cerimonia di inaugurazione, e così farà quest’anno.

LO STESSO COPIONE del Senato si ripete alla Camera: anche qui la protesta delle opposizioni è compatta, con tanto di lettera al presidente Lorenzo Fontana e forme di ostruzionismo; anche qui i lavori si fermano fino martedì. «Ancora una volta il governo ha deciso di fuggire dal Parlamento», attacca la capogruppo Pd Chiara Braga. Si parla di una disponibilità di Ciriani a riferire in aula, ma alle opposizioni non basta: «Venga Meloni». Braga aggiunge: «Non esiste la motivazione che siccome i ministri e la premier hanno ricevuto una iscrizione nel registro degli indagati non possono venire in Parlamento. La ministra Santanchè è venuta in aula con inchieste in corso».

«È evidente che Meloni e i ministri mentono quando negano che è stata una scelta politica del governo liberare questo torturatore», dice Schlein.E Conte, in un video: «Sapete quante volte sono stato denunciato durante il Covid? Ma non ho mai attaccato la magistratura». E Renzi: «Se Meloni è convinta di aver fatto l’interesse nazionale perché scappa? Di cosa ha paura?».

DAL VERTICE MATTUTINO a palazzo Chigi con Tajani e Salvini esce la decisione di affidare la difesa degli indagati alla fidata Giulia Bongiorno, presidente della commissione Giustizia del Senato e già avvocato di Salvini nel processo Open Arms. E trapela anche la decisione di non apporre il segreto di Stato sulla vicenda Elmasry. Arianna Meloni via social si scaglia contro i «meschini» che «non possono accettare un’Italia che finalmente rialza la testa». E invita le «persone perbene» a «scegliere da che parte stare». La loro.



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