I giorni della merla, Miti, leggende e biodiversità nella cultura rurale

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I giorni della merla. Miti leggende e biodiversità nella cultura rurale

La biodiversità nel cuore delle tradizioni
Osservare il comportamento degli Animali durante i giorni della merla ci ricorda l’importanza della biodiversità anche nelle tradizioni popolari.Questi racconti non solo ci collegano alla natura, ma celebrano anche il nostro rapporto con il ciclo delle stagioni. Anche oggi, nella cultura rurale, possiamo trarre insegnamenti osservando il comportamento degli animali e preservando le tradizioni.I giorni della merla sono quindi molto più di una curiosità stagionale: rappresentano un patrimonio culturale che unisce natura, tradizione e il desiderio di armonia con l’ambiente.

La leggenda della merla: tra cultura e simbolismoSi chiamano “giorni della merla”, sono gli ultimi tre giorni di Gennaio e per tradizione sono i più freddi dell’anno. Dico per tradizione, perché in realtà le temperature tendono al rialzo già dalla seconda decade di Gennaio, stando ai meteorologi.

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La storia della merla è un melting pot di intrecci che vanno dai miti greci a quelli celtici, dalla cultura popolare allo shamanesimo. Ma non ripeteremo qui ciò che è facilmente reperibile nel web (qui, per esempio) sull’origine delle numerose leggende, dominate prevalentemente da quella della merla bianca, che diventa nera perché si è rifugiata in un comignolo per il ripararsi dal freddo.

Daremo qui invece un taglio più curioso.
 Tutti ci siamo chiesti perché “la merla” e non il merlo. Ogni leggenda, più o meno storica, ha risposto a modo suo, ma molto probabilmente il motivo è che in latino merlo si dice “merula“, è di genere femminile, e in volgare tale rimane: merla, per l’appunto.

Il merlo è un uccello parlante, legato alla comunicazione. Non a caso la tradizione vuole che fosse anche un messaggero di Proserpina. Ed è anche un “chiacchierone”, come il pappagallo. Questo comportamento ha incuriosito da sempre sia gli artisti, che le persone comuni.

Gli antichi Romani avevano sacerdoti specializzati nella interpretazione dei comportamenti degli uccelli, si chiamavano Àuguri, e attraverso una specie di birdwhatching, cioè dall’osservazione del volo, del comportamento e del verso, traevano gli “augùri”, cioè le previsioni.

I merli, nelle prime giornate di caldo che accadono a fine gennaio, escono dai nidi numerosi. Perfino nei parchi delle megalopoli, per quanto urbanizzate, è possibile rilevare anche oggi questo fenomeno. Ma adesso ben pochi osservano con cura quello che appariva invece chiarissimo agli antichi.

Il merlo e la primavera: un messaggero della natura

Dante, per esempio, accenna a questo comportamento nel Purgatorio, attraverso la similitudine: “come fé ‘l merlo per poca bonaccia”.E Sapegno spiega: il merlo, “come ritorna lo bono tempo, esce fora e par che faccia beffe di tutti li altri”. Basta un po’ di caldo, che lui esce dal nido e inizia a zirlare ovunque, strafottente.

Ma la morale popolare vuole che non si debba cantare vittoria troppo presto: sembra primavera, ma all’improvviso arrivano le gelate. E così, dopo le prime giornate di tepore primaverile, gennaio si chiude con giorni gelidi che fanno stramazzare i merli che hanno già lasciato il nido.

La morale della favola dei “giorni della merla” recita che se vediamo i merli negli ultimi giorni del mese di Gennaio, arriverà un freddo polare (non a caso il merlo è scuro, e per gli antichi il nero equivale a una brutta notizia).Al contrario, se il merlo non esce, porta bene, e sarà presto primavera.

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Dunque nella favola si affiancano sia un intento “moralistico” (mai cantare vittoria troppo presto), che un intento “meteorologico” (spiegare i violenti sbalzi di temperatura di questo periodo).

Ma la leggenda serviva anche a placare una curiosità ben più complessa: perché Gennaio ha 31 giorni e Marzo 28? Boh!

Il mito risponde. Perché gennaio, che in origine era il mese più corto, per poter stecchire il merlo che lo sbeffeggia, chiede in prestito tre giorni a Febbraio, che a sua volta si accorcia, e diventa di 28 giorni. Con una leggenda popolare la pillola va giù, con un sorriso. E tanto ti basti.I giorni della merla tra miti, leggende e biodiversità nella cultura rurale

Tradizioni rurali e cultura contadina

Analogamente, mia nonna mi raccontava, nel nostro dialetto, una bellissima favola con cui mi spiegava come mai Aprile ha solo trenta giorni: e la vedo ancora, mia nonna, che racconta disegnando, a gesti e a parole, i particolari di uno storytelling abbastanza truculento.

Diceva, la favola di mia nonna, che una vecchia sbeffeggiava il mese di Marzo, ormai alla fine, perché gli agnellini appena nati non avrebbero più rischiato di morire di freddo per colpa sua. La vecchia canzonava il mese di Marzo uscente, con queste parole: “Marzu Marzittu, j’agnellucciu me’ ha missu ju curnittu!” (cioè, ormai è cresciuto abbastanza).

Ed ecco che Marzo, proprio come fa Gennaio con la merla, escogita la sua vendetta, e dice al mese di Aprile: “Aprile Aprilotto, prestami nu jornu e ‘na notte pe’ ffa morì j’agnéju alla vecchiotta!”. Aprile presta un giorno a Marzo, e in quel preciso giorno Marzo fa fare così tanto freddo che la vecchia trova l’agnellino semicongelato, e per rianimarlo lo infila nel forno. Per un fatale errore (non chiedetevi quale) l’agnello finisce arrosto.

Che questa favola abbia a che fare con la Pasqua?

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Gli ultimi giorni di Marzo si chiamano “i giorni dell’agnello”, e questa leggenda ha ben minore risonanza rispetto a quella del merlo.Misteri delle tradizioni popolari, che decidono per conto loro dove andare.

Resta il fatto che, grazie alle favole, esorcizzata la paura dell’ignoto, si festeggiava l’arrivo della bella stagione nel modo ancora oggi che più piace, cioè mangiando, bevendo e facendo bisboccia: si organizzavano feste e riti contadini, ovviamente conditi da abbondanza di pane, polenta 

 www.savethebiodiversity.i
tCentro Studi per la Biodiversità di PASSIONECAITPR





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